Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23335 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23335 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato a San Cesario di Lecce il 03/02/1976 avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Lecce il 03/06/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito l’avv. NOME COGNOME COGNOME difensore di fiducia dell’imputato, che ha concluso insistendo per l’accoglimento del motivo di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza con cui NOME COGNOME è stato condannato per il reato di simulazione di reato.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando un unico motivo con cui si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al rigetto della richiesta sostituzione della pena detentiva, formulata in sede di conclusioni del giudizio di appello
La Corte, celebrata l’udienza prevista dagli artt. 598 bis – 545 bis cod. proc. pen. avrebbe erroneamente rigettato la richiesta sul presupposto che, pur ricorrendo in astratto le condizioni per sostituire la pena detentiva con quella del lavoro di pubblic utilità, il programma predisposto dall’U.E.P.E., da una parte, non fosse in concreto conforme alla previsione dell’art. 56 bis della I. 24 novembre 1981, n. 689 – secondo cui la prestazione non può essere inferiore a sei ore settimanali di lavoro di pubblic utilità – e, dall’altra, fosse incongruo rispetto alla gravità del fatto e alla pena irr
Secondo la Corte di appello, in particolare, l’art. 545 bis cod. pen. non attribuirebb al giudice il potere di modificare o integrare il programma.
Secondo il ricorrente, invece, la valutazione della Corte non avrebbe dovuto avere ad oggetto la congruità del programma, quanto, piuttosto, la possibilità che le misure alternative – in questo caso i lavori socialmente utili – fossero idonee alla rieducazion la pena detentiva, si evidenzia, non potrebbe essere sostituita solo nel caso in cui v siano fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute.
Un rigetto, dunque, per un motivo non previsto, tenuto conto che lo stesso art. 545 bis cod. proc. pen. onera il giudice del compito di acquisire tutte le informazion necessarie; se il giudice fosse sempre costretto ad aderire o meno al programma predisposto dall’Uepe la decisione sulla sostituzione della pena sarebbe sostanzialmente rimessa ad un organo esterno alla giurisdizione.
La Corte, sollecitata, avrebbe dovuto richiedere all’U.E.P.E. di riformulare programma.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
2. Dalla sentenza impugnata emerge che la Corte di appello ha ritenuto la sostituzione della pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità funzionale alla rieducazion dell’imputato ma ha rigettato la richiesta per la inidoneità in concreto del programma predisposto dall’U.E.P.E. in quanto incongruo rispetto alla gravità dei fatti e alla pe inflitta.
In particolare, la Corte, nel rigettare la domanda, ha ritenuto che il Giudice, rispet ad un programma inidoneo, non abbia nessun potere.
3. Si tratta di un ragionamento viziato
È noto come la sequenza procedurale prevista dal nuovo art. 545-bis cod. proc. pen. investa il giudice della cognizione della decisione sulla sostituzione della pena e che ci debba avvenire eventualmente all’esito di un’apposita udienza, a cui partecipano il pubblico ministero e il difensore.
Una prospettiva in cui si percepisce un chiaro mutamento di paradigma rispetto al passato perché si attribuisce al giudice della cognizione il compito di valutare il se e come sostituire la pena detentiva e il compito di calibrare la risposta sanzionatoria «non solo in termini quantitativi, ma qualitativi»
Ai sensi dall’art. 58 della I. n. 689 del 1981, nel testo sostituito dall’art. 71 del 10 ottobre 2022, n. 150, il giudice, nei limiti fissati dalla legge e ove non riteng concedere il beneficio di cui agli artt. 163 e ss. cod. proc. pen., considerati tutti i c di cui all’art. 133 cod. pen., può applicare la pena sostitutiva, tenendo in considerazion le esigenze di rieducazione e di reinserimento sociale del condannato (con il minor sacrificio della libertà personale) e la prevenzione del pericolo di commissione di alt reati.
Alle pene che incidono sulla libertà personale si attribuisce un ruolo residuale: ci spiega il comma 3 dell’art. 58 della legge n. 689 del 1981 che impone un obbligo motivazionale specifico nei casi in cui il giudice ritenga idonea la semilibertà o detenzione domiciliare sostitutiva rispetto al lavoro di pubblica utilità e alla p pecuniaria.
Nell’applicazione e nella scelta della pena sostitutiva, il giudice deve altresì tenere considerazione alcune condizioni personali e le specifiche esigenze del reo, quali l’età, la salute fisica e psichica, lo stato di maternità o paternità ed eventuali disturbi da di sostanze.
In tale quadro di riferimento l’applicazione delle pene sostitutive segue le scansioni procedurali previste dall’art. 545 bis cod. proc. pen.
Nello specifico, secondo la formulazione originaria dell’art. 545 bis, il giudice, «subit dopo la lettura del dispositivo, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiv con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti».
Il giudice era dunque tenuto a procedere ad un «astratto vaglio di ammissibilità» della sostituzione che riguardava l’assenza di cause preclusive (entità della pena, le cause ostative di cui all’art. 59, I. n. 689 del 1981).
Dato l’avviso, acquisito l’assenso dell’imputato e sentito il pubblico ministero, giudice poteva procedere all’immediata sostituzione della pena detentiva; nel caso in cui non fosse possibile decidere immediatamente, il giudice «fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente; in tal caso il processo è sospeso».
Ai sensi del comma 2 dell’art. 545-bis, al fine di decidere sulla sostituzione della pena detentiva e sulla scelta della pena sostitutiva (nonché sugli obblighi e sulle prescrizion relative), è riconosciuto al giudice il potere di acquisire dall’ufficio di esecuzione pen
esterna e, se del caso, dalla polizia giudiziaria tutte le informazioni ritenute necessar in relazione alle condizioni di vita, personali, familiari, economiche e patrimonia dell’imputato.
Il giudice può inoltre richiedere all’U.E.P.E. «il programma di trattamento della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità con la relat disponibilità dell’ente», e può «acquisire dai soggetti indicati dall’art. 94, d.P.R. 9 ott 1990, n. 309 la certificazione di disturbo da uso di sostanze o di alcol ovvero da gioco d’azzardo e il programma terapeutico, che il condannato abbia in corso o a cui intenda sottoporsi».
Anche il pubblico ministero e il difensore possono contribuire, depositando documentazione all’U.E.P.E. e, fino a cinque giorni prima dell’udienza, memorie in cancelleria.
Dunque, un’ampia discrezionalità, une( partecipazione estesa, un ampio potere di acquisizione di ogni informazione utile al fine di determinare il contenuto di una pena “individualizzata” alla singola persona, atteso che solo ciò consente di realizzare una più proficua funzione rieducativa.
Nessuna preclusione, nessun vincolo, nessuna rigidità procedimentale: è il giudice, non l’U.E.P.E. che individua la pena sostitutiva e ne determina il suo contenuto in concreto, in ragione della persona imputata.
La stasi processuale introdotta all’art. 545 bis cod. proc. pen., si è fatto notare modo condivisibile, è volta all’acquisizione di tutta la documentazione necessaria alla determinazione di una risposta sanzionatoria “individualizzata” e calibrata sulle specifiche esigenze del reo, interloquendo a tal proposito con gli uffici di esecuzione penale esterna e gli ulteriori soggetti individuati al comma 2.
Il modello processuale è stato in parte rivisitato dal d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31.
In particolare, il comma 1 del rinnovato art. 545bis cod. proc. pen. prevede che «il giudice, se ritiene che ne ricorrano i presupposti, sostituisce la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 54 della legge 24 novembre 1981, n. 689».
Si è dunque eliminato l’«avviso alle parti» previsto dalla disposizione originaria che “apriva”, dopo il vaglio di ammissibilità astratta, una fase di confronto sulla opportuni della sostituzione.
La regola, in ragione del novellato art. 545 bis cod. proc. pen., è che il Giudice decide subito.
La norma, tuttavia, prevede il caso in cui il giudice ritenga di non avere elementi sufficienti per decidere immediatamente; in questo caso, «subitol’la lettura del dispositivo, sentite le parti, acquisito, ove necessario, il consenso dell’imputato, integ il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizi corrispondenti»
(? Nel caso invece in cui il giudice ritenga i-i , a3g, eee di dover procedere agli ulteriori accertamenti di cui al comma 2, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 545 bis cod. proc. pen. «fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente; in tal caso il processo è sospeso».
Si tratta di una sequenza procedimentale che, al di là del diverso sistema di reperimento del consenso, è sostanzialmente recepita dall’art. 598 bis cod. proc. pen.
Dunque, nonostante le modifiche apportate, la sequenza continua a non prevedere automatismi, a non fissare rigidità procedimentali, a non precludere alcunchè al giudice; il procedimento per l’applicazione delle pene sostitutive, prevede una interlocuzione, seppur eventuale, con l’U.E.P.E. e con le parti al fine di decidere sulla sostituzione della pena
Una sequenza che si spiega con l’obiettivo, più generale, «di favorire la costruzione di un “progetto” sanzionatorio alternativo al carcere, e che possa plasmarsi sulle specifiche condizioni di vita e sul percorso rieducativo e di risocializzazione che deve intraprendere il reo».
Una discrezionalità ampia, mitigata, contemperata dal ruolo attribuito ai soggetti indicati al comma 2 dell’art. 545 bis cod. proc. pen. – tra cui in primo luogo gli uffic esecuzione penale esterna – nella consapevolezza che la determinazione della pena non può prescindere da una conoscenza approfondita dell’autore del reato, ma, soprattuttoitfii dall’utilizzo di saperi ulteriori rispetto a quelli finora richiesti al giudice di cognizi
Il giudice è chiamato ad un accertamento complesso perché funzionale ad individuare una pena idonea, da una parte, ad evitare pericoli di recidiva e, dall’altra, a favorire reinserimento sociale del reo: in tale prospettiva viene determinato il contenuto della pena.
La pena è determinata dal giudice e questo, nell’accertamento complesso di cui si è detto, si confronta con l’U.E.P.E. e con le parti, e acquisisce ogni informazione utile pe un “trattamento realmente ritagliato sull’unicità del soggetto condannato.
6. La Corte di appello di Lecce non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati
Ritenuta ammissibile in astratto la sostituzione della pena, la Corte, all’esito dell udienza fissata per la verifica delle condizioni per procedere alla sostituzione, ha ritenuto di rigettare la richiesta sulla base della inidoneità del programma predisposto dall’U.E.P.E. senza, tuttavia, spiegare perché avrebbe dovuto essere vincolata a “quel” programma e perchè non avrebbe potuto, invece, interloquire, adoperarsi, chiedere, farsi spiegare dall’UEPE il senso di quel programma: non è chiaro, in particolare, perché, secondo la Corte, il giudice non potrebbe verificare la possibilità di individualizzare pena in modo diverso rispetto al programma predisposto.
La decisione sulla sostituzione della pena passa attraverso il dialogo ma, come detto,
è del Giudice, al quale è demandato il compito di “trovare” la giusta pena.
È il Giudice che deve individualizzare la pena e, come detto, non vi sono termini per fare ciò che la legge richiede.
A ragionare con la Corte di appello, si dovrebbe invece ritenere, come correttamente evidenziato dall’imputato, che il contenuto della pena sostitutiva sia una prerogativa
esclusiva dell’U.E.P.E., cioè di un ufficio esterno alla giurisdizione, e che il Giudice spogliato del suo potere, dovendo solo limitarsi, abdicando alla propria funzione, a
recepire o rigettare la domanda di sostituzione sulla base di quanto predisposto dal terzo, cioè dall’U.E.P.E.
Una ragionamento viziato e una non corretta applicazione della legge
7. Ne consegue che sul punto la sentenza impugnata deve essere annullata; la Corte di appello, applicherà i principi indicati e verificherà, interloquendo ancora con le par
e con l’U.E.P.E., in che misura la pena debba essere sostituita.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvitèper nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Lecce.
Così deciso in Roma, il 12 marzo 2025.