Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24979 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24979 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 02/07/1988
avverso la sentenza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurato
NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
COGNOME in INDIRIZZO
O gg i,
-8 L U 6, 2025
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23 maggio 2024, la Corte di appello di Palermo confermava la decisione resa dal Tribunale di Palermo in data 4 ottobre 2022, con la quale NOME COGNOME all’esito di rito abbreviato, era stato condannato, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, alla pena di mesi 8 di reclusione ed euro 1.200 di multa, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990; fatto accertato in Partinico il 6 aprile 2018.
Avverso la sentenza della Corte di appello siciliana, COGNOME tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
Con il primo, la difesa eccepisce la violazione degli art. 545 bis e 598, comma 4 ter, cod. proc. pen., dolendosi della mancata sostituzione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria, avendo indebitamente la Corte territoriale dichiarato inammissibile l’istanza difensiva, perché non corredata da procura speciale, senza considerare che, in forza della novella legislativa di cui al d. Igs. n. 31 del 2024, sarebbe stato possibile posticipare la formulazione di un apposito consenso da parte dell’imputato al segmento processuale successivo espressamente previsto dal nuovo art. 598 bis, comma 4 bis, cod. proc. pen.
Con il secondo motivo, oggetto di doglianza, sotto il duplice profilo della violazione degli art. 132 e 133 cod. pen. e del vizio di motivazione, è la determinazione della pena, rilevandosi che all’imputato è stata irrogata una pena (8 mesi di reclusione con rito abbreviato) superiore alla media normalmente correlata al reato per cui si procede, senza che di ciò sia stata fornita adeguata spiegazione, non essendo pertinente il richiamo ai criteri inferenziali utilizzati dal primo giudice per giustificare la valutazione di lieve entità del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Iniziando dal primo motivo, premesso che non è in discussione il giudizio di colpevolezza del ricorrente in ordine al reato a lui ascritto, deve osservarsi che il rigetto della richiesta difensiva di sostituzione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria impugnata non presenta vizi di legittimità.
Ed invero la Corte territoriale, oltre a evocare un profilo di inammissibilità formale dell’istanza (ossia l’assenza della procura speciale), ha rimarcato in senso ostativo, sotto il profilo sostanziale, la genericità della richiesta, in quanto priva qualsivoglia richiamo alle circostanze che avrebbero giustificato l’operatività dell’invocata pena sostitutiva, ritenuta invero non suscettibile di applicazione in
ragione dell’abitualità della condotta illecita, per come rivelata sia dalle particola modalità del fatto, consistito nella detenzione illecita di 34 grammi di marjuana e
di 15,5 grammi di hashish, sia dai precedenti anche specifici a carico dell’imputato.
Orbene, come sottolineato in modo pertinente dal Procuratore generale nella sua requisitoria generale, con la seconda
ratio decidendi, quella di natura sostanziale,
il ricorso non si confronta affatto, per cui, a prescindere da ogni approfondimento circa la questione dell’inammissibilità formale della richiesta, non vi è spazio per
l’accoglimento della doglianza difensiva, non ravvisandosi incongruenze argomentative nel percorso motivazionale della sentenza impugnata rispetto al
tema devoluto nell’atto di appello.
2. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso.
Nel confermare la pena irrogata dal primo giudice (mesi 8 di reclusione ed euro
1.200 di multa), la Corte territoriale ha ragionevolmente escluso la possibilità di una mitigazione del trattamento sanzionatorio, a ciò ostandovi, innanzitutto, la
quantità non trascurabile dello stupefacente rinvenuto, pur se nel quadro della fattispecie di lieve entità, comprovando il ritrovamento degli strumenti per la
preparazione delle singole dosi l’esistenza di un’attività di spaccio ben strutturata. A tale elemento è stato aggiunto l’ulteriore rilievo della negativa personalità dell’imputato, gravato da numerosi precedenti penali, alcuni anche specifici, il che ha imposto il riconoscimento della contestata recidiva ex art. 99, comma 4, seconda parte, cod. pen., posta in regime con le attenuanti generiche, riconosciute alla luce dell’ammissione da parte dell’imputato dei fatti a lui addebitati.
Dunque, anche in tal caso la motivazione della sentenza impugnata risulta sorretta da considerazioni razionali, alle quali la difesa contrappone differenti apprezzamenti di merito, che tuttavia esulano dal perimetro del giudizio di legittimità (cfr. in termini Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
In conclusione, stante l’infondatezza delle censure sollevate, il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME deve essere rigettato, con onere per il ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 06.03.2025