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Sostituzione pena detentiva: quando è negata?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per spaccio di lieve entità. La richiesta di sostituzione pena detentiva è stata respinta non solo per vizi formali, ma soprattutto per la genericità dell’istanza e per la personalità negativa del soggetto, gravato da precedenti penali. La Corte ha confermato la congruità della pena di 8 mesi, ritenendola adeguatamente motivata.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sostituzione pena detentiva: non basta una richiesta generica

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 24979/2025) offre importanti chiarimenti sui requisiti per ottenere la sostituzione pena detentiva con sanzioni alternative, come la pena pecuniaria. La pronuncia sottolinea che non è sufficiente una mera richiesta formale, ma è necessario argomentare in modo specifico e concreto le ragioni che giustificano tale beneficio, specialmente in presenza di una personalità dell’imputato ritenuta negativa dai giudici.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La pena inflitta era di 8 mesi di reclusione e 1.200 euro di multa, nonostante il riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, contestando la decisione della Corte d’Appello su due fronti principali.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente ha sollevato due questioni fondamentali:

1. Violazione delle norme sulla sostituzione della pena: La difesa lamentava la mancata sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria. La Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile la richiesta perché non accompagnata da una procura speciale, ma il ricorrente sosteneva che le nuove normative avrebbero consentito di superare tale ostacolo formale.
2. Pena eccessiva e vizio di motivazione: Si contestava l’entità della pena (8 mesi), ritenuta sproporzionata rispetto alla media per reati simili e non adeguatamente giustificata dai giudici di merito.

La Sostituzione Pena Detentiva e i Limiti Sostanziali

La Cassazione ha respinto il primo motivo, chiarendo un punto cruciale. La Corte d’Appello non si era limitata a un rilievo formale (l’assenza della procura speciale), ma era entrata nel merito della richiesta, giudicandola inammissibile anche sotto il profilo sostanziale. La richiesta difensiva era stata definita “generica”, poiché non conteneva alcun riferimento a circostanze concrete che potessero giustificare l’applicazione della pena sostitutiva. In sostanza, il difensore si era limitato a chiedere il beneficio senza spiegare perché il suo assistito lo meritasse.

La Congruità della Pena e la Personalità dell’Imputato

Anche il secondo motivo è stato rigettato. Gli Ermellini hanno ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica e coerente. La pena, sebbene superiore alla media, era stata giustificata sulla base di elementi specifici e negativi:

* La personalità dell’imputato: Gravato da numerosi precedenti penali, alcuni dei quali specifici per reati di droga.
* La natura dell’attività: Non si trattava di un episodio isolato, ma di un’attività di spaccio “ben strutturata”, come dimostrato dalla preparazione delle singole dosi.

Questi elementi hanno giustificato non solo il riconoscimento della recidiva, ma anche una pena ritenuta adeguata alla gravità del fatto e alla pericolosità sociale del soggetto.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha concluso che il ricorso fosse infondato in ogni sua parte. La decisione impugnata è stata considerata corretta sia sul piano procedurale che sostanziale. La motivazione della sentenza d’appello è stata giudicata razionale e priva di vizi logici o giuridici. Riguardo alla sostituzione pena detentiva, i giudici hanno ribadito che la richiesta deve essere supportata da argomentazioni concrete e non può essere una mera formula di stile. Sul quantum della pena, la Cassazione ha ricordato che la sua valutazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia manifestamente illogica o contraddittoria, cosa che in questo caso non è stata ravvisata.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, chi intende chiedere la sostituzione di una pena detentiva deve preparare un’istanza dettagliata, evidenziando tutti gli elementi fattuali e personali (situazione lavorativa, familiare, sociale) che possano convincere il giudice della meritevolezza del beneficio. In secondo luogo, contestare l’entità di una pena in Cassazione è un’operazione complessa: non è sufficiente sostenere che la pena sia “troppo alta”, ma bisogna dimostrare che il ragionamento del giudice che l’ha determinata è viziato da un errore logico o giuridico palese.

È sufficiente una richiesta formale per ottenere la sostituzione della pena detentiva?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non basta. La richiesta deve essere specificamente motivata e supportata da elementi concreti che giustifichino l’applicazione di una pena sostitutiva, non potendo essere generica.

Quando una pena può essere considerata eccessiva e quindi contestabile in Cassazione?
La contestazione in Cassazione non può riguardare il merito della quantificazione della pena, ma solo la sua legittimità. La pena è contestabile solo se la motivazione del giudice è manifestamente illogica, contraddittoria o viola specifici criteri di legge (come quelli dell’art. 133 c.p.).

Cosa valuta il giudice per decidere l’entità della pena?
Il giudice valuta diversi fattori, come la gravità del reato, le modalità dell’azione, ma anche la personalità dell’imputato, desunta dai suoi precedenti penali e dalla sua condotta di vita. In questo caso, i numerosi precedenti e la natura strutturata dell’attività di spaccio hanno pesato negativamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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