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Sostituzione pena detentiva: obbligo di risposta

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per un reato ambientale perché la Corte d’Appello aveva omesso di pronunciarsi sulla richiesta di sostituzione pena detentiva. L’istanza, presentata tempestivamente dalla difesa, chiedeva di convertire una pena di sette mesi di reclusione in una pena pecuniaria. La Cassazione ha ribadito che il giudice ha l’obbligo di valutare e rispondere a tale richiesta, se formalmente corretta, annullando la decisione e rinviando per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sostituzione pena detentiva: la Cassazione ribadisce l’obbligo di pronuncia del giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7036/2025) ha riaffermato un principio fondamentale in materia di sostituzione pena detentiva: il giudice d’appello ha il dovere di pronunciarsi su una richiesta tempestiva e ammissibile presentata dall’imputato. L’omissione di tale valutazione costituisce un vizio della sentenza, che ne comporta l’annullamento. Questo caso offre spunti cruciali sull’applicazione delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia, evidenziando i diritti della difesa e gli obblighi del magistrato.

I fatti di causa

Il caso trae origine da una condanna per un reato ambientale (violazione dell’art. 256 del d.lgs. 152/2006), confermata in secondo grado dalla Corte di appello di L’Aquila. L’imputato, tramite il suo difensore, aveva presentato ricorso per Cassazione lamentando un vizio specifico della sentenza d’appello. In particolare, la difesa eccepiva la violazione di legge e il vizio di motivazione per il mancato accoglimento della richiesta di sostituire la pena detentiva, fissata in sette mesi, con la corrispondente pena pecuniaria, secondo quanto previsto dall’art. 20-bis del codice penale.

La richiesta di sostituzione pena detentiva in Appello

Nelle conclusioni scritte depositate il 5 aprile 2024, prima dell’udienza di appello, il difensore aveva formalmente avanzato la richiesta di sostituzione pena detentiva, allegando anche la documentazione reddituale necessaria per la valutazione. La richiesta era stata formulata nel rispetto dei termini previsti dalla disciplina transitoria della Riforma Cartabia (art. 95 d.lgs. n. 150/2022), che impone di presentare l’istanza con l’atto di gravame o, al più tardi, entro il termine perentorio di cinque giorni prima dell’udienza.

Nonostante la tempestività e la completezza formale dell’istanza, la Corte di appello aveva confermato integralmente la sentenza di primo grado, omettendo completamente di esaminare e decidere sulla richiesta di pena sostitutiva. Questo silenzio del giudice di secondo grado è diventato il fulcro del ricorso in Cassazione.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendo le doglianze della difesa. I giudici di legittimità hanno innanzitutto chiarito che la richiesta era pienamente valida. Non essendo richiesto il consenso dell’imputato per questo tipo di pena sostitutiva, la domanda avanzata dal difensore era sufficiente, anche senza una procura speciale.

In secondo luogo, la richiesta era stata presentata tempestivamente, rispettando il termine perentorio stabilito dalla normativa. Infine, sussistevano i presupposti formali per l’ammissibilità della richiesta: la pena detentiva inflitta (sette mesi) era inferiore alla soglia massima di quattro anni prevista dall’art. 20-bis cod. pen. e la condanna non era stata sospesa. In presenza di tutti questi elementi, la Corte d’Appello aveva il preciso obbligo di rispondere. Il suo silenzio ha integrato un vizio procedurale e di motivazione, rendendo la sentenza impugnata illegittima nella parte in cui ha ignorato un punto cruciale del dibattito processuale.

Conclusioni: l’obbligo di pronuncia del giudice

La decisione della Cassazione è chiara: quando la difesa presenta una richiesta di sostituzione pena detentiva in modo tempestivo e formalmente corretto, il giudice ha l’obbligo di pronunciarsi. Può accoglierla o rigettarla, ma deve fornire una motivazione. L’omissione di questa decisione non è una semplice dimenticanza, ma un errore di diritto che inficia la validità della sentenza. Di conseguenza, la Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente a questo punto, rinviando il caso alla Corte di appello di Perugia per un nuovo giudizio che dovrà, questa volta, esaminare nel merito la richiesta di pena sostitutiva.

È necessario il consenso dell’imputato per chiedere la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria?
No, la sentenza chiarisce che trattandosi di una pena sostitutiva che non necessita del consenso dell’imputato, la richiesta presentata dal difensore è valida a prescindere dal rilascio di una procura speciale.

Qual è il termine ultimo per presentare la richiesta di sostituzione della pena in appello secondo la disciplina transitoria?
La richiesta deve essere formulata con l’atto di gravame o, al più tardi, entro il termine perentorio di cinque giorni prima dell’udienza, previsto per la presentazione delle conclusioni scritte, come stabilito dall’art. 23-bis, comma 2, del d.l. 137/2020.

Cosa succede se il giudice d’appello omette di pronunciarsi su una richiesta di sostituzione della pena tempestiva e formalmente ammissibile?
La Corte di Cassazione annulla la sentenza per questo specifico punto. Il giudice ha l’obbligo di rispondere alla richiesta, e la sua omissione costituisce un vizio che porta all’annullamento con rinvio per un nuovo giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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