Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27803 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27803 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME I, nato al
omissis
COGNOME
avverso la sentenza del 24/9/2024 emessa dalla Corte di appello di Cagliari visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello confermava la condanna dell’imputato per il reato di cui all’art. 572, cod. pen., ritenendo sussistente l’attenuante del vizio parziale di mente e le generiche, ritenute equivalenti all’aggravante di cui all’art. 572, comma secondo, cod. pen.
Nell’interesse del ricorrente sono stati formulati quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, si deduce il vizio di motivazione in ordine all’accertamento della còlpevolezza dell’imputato, sul presupposto che l’accertamento della seminfermità mentale avrebbe dovuto comportare un attento vaglio in ordine alla sussistenza del dolo richiesto dal reato di maltrattamenti in famiglia. Dopo aver richiamato quanto accertato in sede di perizia, la difesa sottolinea come il reato di cui all’art. 572 cod. pen. presuppone che i singoli fatti si inseriscano in un’abituale condotta maltrattante, sorretta dalla consapevolezza della unitarietà della condotta.
2.2. Con il secondo motivo, si censura la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 572, comma 2, cod. proc. pen., evidenziandosi come, in occasione dell’episodio di maltrattamenti commesso il 27 settembre 2022, le figlie minori dell’imputato non erano sicuramente presenti in casa. La Corte di appello si sarebbe limitata ad affermare che le condotte maltrattamenti sarebbero state abitualmente commesse anche in presenza delle minori senza, tuttavia, individuare concreti elementi a supporto di tale affermazione.
2.3. Con il terzo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in merito all’omessa valutazione circa la possibilità di sostituire la pena detentiva con i lavori di pubblica utilità. La Corte di appello affermava che non ricorrevano le condizioni per la sostituzione, non avendo l’interessato avanzato formale istanza e non essendo state indicate le modalità di svolgimento dei lavori sostitutivi.
Evidenzia il ricorrente che, diversamente da quanto affermato dalla Corte di appello, la richiesta di sostituzione era stata formulata con l’atto di appello, con rilascio della procura speciale, inoltre, l’istanza era stata rinnovava in sede di discussione.
2.4. Con il quarto motivo, si deduce il vizio di motivazione relativamente alla ritenuta sussistenza della pericolosità sociale dell’imputato, cui era conseguita l’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata, senza che fossero stati tenuti in considerazione gli elementi a favore dell’imputato, individuati nel fatto che questi, dopo l’applicazione della misura cautelare, si era attenuto alle prescrizioni imposte e, inoltre, aveva anche seguito il percorso terapeutico, dimostrando adeguate capacità di autocontrollo.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito specificati.
2. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Il ricorrente deduce che, stante l’accertato vizio parziale di mente, la Corte di appello avrebbe dovuto adeguatamente valutare la sussistenza dell’elemento soggettivo, tenuto conto che il reato di maltrattamenti in famiglia presuppone la consapevolezza dell’autore del reato di persistere in un’attività delittuosa, già posta in essere in precedenza, idonea a ledere l’interesse tutelato dalla norma incriminatrice.
Tale consapevolezza non sarebbe ravvisabile a fronte di una rilevante capacità di intendere e volere, a fronte della quale verrebbe meno anche l’elemento della rappresentazione della abitualità della condotta.
La tesi difensiva è stata correttamente rigettata dal giudice di appello, in applicazione del consolidato principio secondo cui l’accertamento del dolo va tenuto distinto da quello dell’imputabilità e deve avvenire con gli stessi criteri valevoli per il soggetto pienamente capace anche nei confronti del soggetto non imputabile (Sez.6, n. 14795 dell’8/4/2020, Rv. 278876).
La giurisprudenza ha anche precisato che l’indagine sulla colpevolezza di un soggetto che sia stato riconosciuto seminfermo di mente va effettuata con gli stessi criteri adottabili nei riguardi di persona pienamente capace, potendo la ridotta capacità di intendere e di volere avere influenza solo nei casi contraddistinti da un particolare dolo specifico (Sez.1, n. 16141 del 24/1/2017, dep.2018, Rv. 272700).
Pronunciando proprio in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia, questa Corte ha affermato che nello status di imputabilità diminuita per vizio parziale di mente residua pur sempre, anche se scemata, la capacità di intendere e di volere.
Definita la materialità del delitto, di cui all’art.572 cod.pen., nella serie di lesivi dell’integrità fisica o della libertà o del decoro del soggetto passivo ne confronti del quale viene così posta in essere una condotta di sopraffazione sistematica tale da rendere particolarmente dolorosa la stessa convivenza, va riaffermato che l’elemento psichico richiesto, consistente nella coscienza e volontà di sottoporre il soggetto passivo ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo continuo e abituale, tale da lederne complessivamente la personalità, si concretizza in modo unitario ed uniforme.
Il dolo richiesto è generico e non richiede uno specifico programma criminoso finalizzato alla realizzazione del risultato effettivamente raggiunto; vale a dire, non occorre che debba essere fin dall’inizio presente una rappresentazione della serie degli episodi. Quel che la legge impone è solo che sussista la coscienza e volontà
di commettere una serie di fatti lesivi della integrità fisica e della libertà o de decoro della persona offesa in modo abituale.
Un intento, dunque, riferibile alla continuità del complesso e perfettamente compatibile con la struttura abituale del reato, attestata ad un comportamento che solo progressivamente è in grado di realizzare il risultato.
Il fatto che nel reato di maltrattamenti il dolo richiesto sia generico e non specificato, comportando la non necessità di verificare l’esistenza di un fine ultimo e travalicante le singole condotte, consente di affermare la piena compatibilità dell’elemento soggettivo con lo stato di seminfermità che, per definizione, non elide in toto la capacità di intendere e volere.
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 572, comma 2, cod. pen.
Il ricorrente non si confronta adeguatamente con la motivazione resa dai giudici di merito che, oltre a ricostruire l’episodio specifico da cui è scaturit l’attività di indagine, hanno evidenziato come la descrizione delle condizioni di vita familiare emerse dall’istruttoria attestava una condizione di abituale e reiterata condotta maltrattante svolta all’interno delle mura domestiche e, quindi, necessariamente in presenza delle figlie minori.
Del resto, le stesse modalità della condotta – basata su abituali e gravi offese e minacce – commesse all’interno della casa di abitazione, è di per sé idonea a dimostrare la sussistenza dei presupposti di cui all’aggravante contestata.
4. Il terzo motivo di ricorso è fondato.
Dall’esame dell’atto di appello emerge chiaramente che l’imputato aveva avanzato istanza di sostituzione della pena detentiva con i lavori di pubblica utilità, sicchè la Corte di appello ha errato nel ritenere che la richiesta non fosse stata proposta.
Erroneo è anche il riferimento alla circostanza secondo cui il difensore non avrebbe indicato «dove tale pena dovrebbe essere scontata».
Invero, il procedimento applicativo delle sanzioni sostitutive prevede la preventiva deliberazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per disporle, cui segue la fase – dettagliatamente disciplinata dall’art. 545-bis – nel corso della quale si individua in concreto il tipo di sanzione applicabile e il suo regime.
Con riguardo ai lavori di pubblica utilità, pertanto, deve ritenersi che l’individuazione dell’ente presso il quale svolgere le prestazioni lavorative ben può essere individuato a seguito dell’accertamento dei presupposti per procedere alla sostituzione.
Per completezza, deve precisarsi che, in astratto, la sottoposizione alla misura di sicurezza personale non è ostativa alla sostituzione della pena detentiva, stante l’espressa previsione dell’art. 59, lett.c), I. 24 novembre 1981, n. 689, che prevede, quale condizione soggettiva di inammissibilità, l’applicazione di una misura di sicurezza personale, «salvo i casi di parziale incapacità di intendere e volere».
Il legislatore della riforma ha espressamente regolamentato i rapporti tra previsione postuma favorevole e pericolosità sociale, ritenendo che quest’ultima, ove derivante da una parziale incapacità, non sia in astratto incompatibile con l’applicazione delle sanzioni sostitutive.
Come evidenziato nella relazione illustrativa alla “Riforma Cartabia”, le pene sostitutive, attraverso programmi di trattamento predisposti in chiave terapeutica, possono risultare più funzionali del carcere alle esigenze di cura e tutela della salute del condannato, anche nella prospettiva di un ragionevole bilanciamento con le esigenze di neutralizzazione della sua pericolosità sociale.
Ne consegue, pertanto, che l’accertata pericolosità sociale, a fronte della contestuale dichiarazione del vizio parziale di mente, non è ostativa alla sostituzione della pena detentiva.
Il quarto motivo, relativo alla ritenuta sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata, è manifestamente infondato.
Il ricorrente sollecita una non consentita rilettura, nel merito, delle circostanze fattuali sulla cui base i giudici di merito hanno ritenuto di riconoscere gli estremi della pericolosità sociale, desunti da elementi oggettivi valutando, sia pur sinteticamente, anche gli elementi a favore dell’imputato.
In mancanza di un vizio di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione, ne consegue l’inammissibilità del motivo.
Alla luce di tali considerazioni, la sentenza deve essre annullata con rinvio limitatamente alla valutazione, erroneamente omessa dalla Corte di appello, in ordine alla richiesta sostituzione della pena detentiva.
Il ricorso deve essere rigettato nel resto, con conseguente definitività della condanna del ricorrente.
PQM
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicazione della disciplina
delle sanzioni sostitutive con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari, rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 3 giugno 2025
COGNOME