Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4789 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 4789 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DIAGNE OMAR GLYPH
nato in SENEGAL il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/09/2023 della CORTE DI APPELLO DI SALERNO
visti gli atti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente alla sanzione sostitutiva; inammissibilità nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 12 settembre 2023, la Corte di appello di Salerno confermava la decisione con la quale il primo giudice aveva condannato NOME COGNOME alla pena di quattro mesi di reclusione e duecento euro di multa per i reati ex artt. 474 e 648 cod. pen.
Ha proposto ricorso NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore di fiducia, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata per violazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione con la quale è stata rigettata l’eccezione di nullità del primo decreto di citazione a giudizio per indeterminatezza dell’imputazione ed è stata confermata l’affermazione di responsabilità.
Avuto riguardo a questo secondo aspetto, la Corte di appello non ha considerato la “assenza di accertamenti circa la eventuale disponibilità da parte del ricorrente della strumentazione atta all’asserita contraffazione e, di conseguenza, all’assenza di qualunque accertamento in merito all’ipotizzata illecita provenienza della merce”; la sentenza di appello ha altresì escluso la riqualificazione del fatto in incauto acquisto, recependo solo le argomentazioni del primo giudice.
La motivazione della sentenza è del tutto omessa quanto alla richiesta sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al motivo con il quale si è lamentata la omessa pronuncia sulla richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria.
Gli altri motivi, invece, sono generici e manifestamente infondati, reiterativi di doglianze valutate dalla Corte di merito (diversamente da quanto asserito dalla difesa) e correttamente risolte, senza alcuna violazione di legge e con motivazione immune da vizi.
La difesa, per contro, non si è confrontata con le specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, cosicché l’impugnazione è priva di specificità estrinseca.
2.1. Il motivo in rito è stato correttamente disatteso dalla Corte di appello, in adesione a quanto ritenuto dal Tribunale.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non vi è incertezza sui fatti descritti nella imputazione quando questa contenga, con adeguata specificità, i tratti essenziali del fatto di reato contestato, in modo da consentire all’imputato di difendersi (Sez. 5, n. 16993 del 02/03/2020, COGNOME, Rv. 279090; Sez. 5, n. 6335 del 18/10/2013, dep. 2014, Morante, Rv. 258498; Sez. 2, n. 16817 del 27/03/2008, Muro, Rv. 239758).
I giudici di merito si sono attenuti a detto principio evidenziando che l’imputazione specificava il tipo di merce e il numero dei capi contraffatti che
peraltro erano detenuti dall’imputato prima di essere posti sotto sequestro, come da relativo verbale nel quale pure erano indicati i marchi contraffatti.
2.2. In ordine alla prova della contraffazione della merce, le sentenze hanno legittimamente valorizzato sul punto le risultanze del verbale di perquisizione e sequestro e la deposizione del teste di polizia giudiziaria.
La difesa, peraltro, ha fatto riferimento – come si è visto – alla mancanza di prova di una contraffazione ad opera di COGNOME, imputato, però, del reato, contestato al capo 2, di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 cod. pen.) e non già di quello di contraffazione dei marchi dei prodotti (art. 473 cod. pen.), delitto presupposto della ricettazione, evidentemente commesso da altri.
2.3. La Corte di appello, poi, aderendo alla valutazione del primo giudice, ha evidenziato vari elementi indicativi della consapevolezza in capo all’imputato della contraffazione della merce, quali la mancanza di documentazione giustificativa (documenti fiscali come scontrini o fatture) e le modalità di detenzione delle borse (prive di confezionamento e cartellini).
In ordine alla sussistenza del dolo del delitto di ricettazione, va ribadito il principio, da tempo consolidato in giurisprudenza, secondo il quale la prova della consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto può desumersi da qualsiasi elemento e quindi anche dalla mancata o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, che è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, spiegabile con un acquisto in mala fede (Sez. U, n. 35535 del 12/07/2007, COGNOME, Rv. 236914; Sez. 3, n. 43085 del 05/07/2019, COGNOME, Rv. 276935; Sez. 2, n. 27867 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276666; Sez. 2, n. 25429 del 21/04/2017, COGNOME, Rv. 270179; Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe, Rv. 270120).
Inoltre, il reato di ricettazione è punibile anche a titolo di dolo eventuale, configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio, qualora egli non si sia limitato a una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa (Sez. U, n. 12433 del 26/11/2009, dep. 2010, Nocera, Rv. 246324).
Proprio sulla base di questi principi la Corte di appello, con logica motivazione, ha specificamente escluso la configurabilità, nel caso di specie, della contravvenzione prevista dall’art. 712 cod. pen.
Quanto al trattamento sanzionatorio, la sentenza impugnata ha ritenuto congrua la pena inflitta, evidenziando che il Tribunale aveva già riconosciuto l’ipotesi attenuata del fatto di particolare tenuità, ma – come detto – non ha in
alcun modo considerato la richiesta di sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria, formulata in appello con uno specifico motivo.
La sentenza impugnata, pertanto va annullata con rinvio ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. c), cod proc. pen., limitatamente al suddetto punto, conseguendo la irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità del ricorrente, in ragione di quanto disposto dall’art. 624 dello stesso codice.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla omessa pronuncia sulla conversione della pena detentiva e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 16/01/2024.