Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37123 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37123 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/05/2024 del TRIB. LIBERTA’ di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del Riesame di Messina ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento del 16 febbraio 2024, con il quale il Tribunale in composizione monocratica aveva rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia cautelare in carcere, per il delitto di cui all’articolo 624-bis e 625 n. 2, cod. pen. con altra meno gravosa da individuarsi in quella dell’obbligo di dimora o di firma giornaliera, oppure, in subordine, in quella della detenzione domiciliare anche nella forma aggravata della detenzione domiciliare con applicazione del braccialetto elettronico.
Con l’attuale ricorso, il ricorrente deduce violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli artt. 274 e 275 cod.proc.pen., poiché a suo giudizio il Tribunale per il Riesame di Messina avrebbe omesso di confrontarsi con quanto esposto nei motivi di appello cautelare con riguardo al comprovato affievolimento delle esigenze cautelari, per effetto del tempo trascorso e del complessivo comportamento tenuto dall’interessato nella condizione di restrizione, potendo trarsi il convincimento di una pericolosità scemata dall’assenza di violazioni nel corso dell’applicazione della misura applicata, come anche del fatto criminoso asseritamente commesso, considerato nel contesto oggettivo di proiezione detratti della personalità, in un giudizio unitariamente condotto.
Il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per difetto di specificità.
Il motivo non si confronta con le valutazioni rese dal giudice in ordine alla modifica in peius del trattamento cautelare in precedenza disposta nei confronti dell’COGNOME a seguito del suo arbitrario allontanamento dall’abitazione. L’ordinanza ha rilevato che il ricorrente si era reso protagonista di una grave condotta, allontanandosi dalla propria abitazione senza alcuna autorizzazione a bordo del proprio motociclo e provocando così, con tale mezzo, un sinistro stradale a seguito del quale si allontanava repentinamente dal posto. Da tale circostanza, l’ordinanza ha tratto il convincimento “per ribadire in termini ancor più pregnanti la necessità di sottoporre a misura custodiale inframuraria
l’COGNOME, il quale ha manifestato sino ad epoca recentissima una assoluta riottosità all’osservanza della legge, conclamando egli stesso, con le allarmanti condotte tenute, la inidoneità di misure caute/ari la cui osservanza sia rimessa al suo spontaneo adempimento”.
Anche i profili delle necessità economiche del nucleo familiare risultano essere stati vagliati dalla ordinanza impugnata, posto che lo stesso ricorrente, in sede di interrogatorio di garanzia, aveva affermato di essere sostanzialmente disoccupato all’atto dell’arresto, per cui nessuna esigenza nuova poteva essersi determinata su tale aspetto, con la consequenziale strumentalità della deduzione.
I motivi addotti a sostegno della censura (tempo trascorso, il parere favorevole del pubblico ministero, la necessità di lavorare per mantenere la famiglia) sono dunque tutti elementi inidonei ad incrinare la motivazione della ordinanza impugnata, la quale ha correttamente valutato negativamente la condotta di evasione, che il ricorso ignora completamente.
Il provvedimento impugnato appare contrassegnato da motivazione che, secondo il perimetro di cognizione del giudice di legittimità in sede cautelare, contiene l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (anche con riferimento alla puntuale analisi delle specifiche doglianze difensive), oltre ad essere corretto in diritto.
Parametro ermeneutico centrale ai fini della delimitazione della cognizione della Corte in materia cautelare è quello secondo il quale non è conferita a questo giudice di legittimità alcuna possibilità di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli indizi; e non è dato nemmeno alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche del fatto o di quelle soggettive dell’indagato in relazione all’apprezzamento delle stesse che sia stato operato ai fini della valutazione delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate. Donde l’inammissibilità delle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono in realtà nella sollecitazione a compiere una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., tra le altre, Sez.1, n.7445/2021).
Va anche ricordato che, secondo il costante orientamento di questa Corte,
la decisione del giudice sull’appello avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di revoca o sostituzione di una misura cautelare è vincolata, oltre che dall’ef devolutivo proprio di questo tipo d’impugnazione, per cui la sua cognizione non può superare i confini tracciati dai motivi, anche dalla natura del provvedimento impugnato, che è del tutto autonomo rispetto all’ordinanza impositiva della misura.
Il giudice, pertanto, non deve riesaminare la questione della sussistenza delle condizioni dì applicabilità della misura stessa, ma solo stabilire se il provvedimento gravato sia immune da violazioni di legge ed adeguatamente motivato in relazione all’eventuale allegazione di fatti nuovi, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare il quadro probatorio o ad influire sull’esigenza della misura cautelare, fermo restando il dovere, in ogni caso, e cioè anche indipendentemente da qualsiasi sollecitazione dell’interessato, di revocare immediatamente la misura allorché ne siano venute meno le condizioni di applicabilità (ex multis, Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, Rv.282292 – 01; conf. Sez. 2, n. 1134 del 22/02/1995, Rv. 201863).
A differenza del riesame, la cognizione del giudice d’appello cautelare è limitata ai punti cui si riferiscono i motivi di gravame e a quelli ad ess strettamente connessi, pur non essendo condizionata dalle deduzioni in fatto e dalle argomentazioni in diritto poste a base della decisione impugnata Sez. 3, n. 28253 del 9/6/2010 B. Rv. 248135; Sez. 2, n. 18057 del 1/4/2014, Campana, Rv. 259712; Sez. 5, n. 30828 del 29/5/2014, Rv. 260484)
L’appello cautelare di cui all’art. 310 cod. proc. pen. ha la fisionomia strutturale e strumentale degli ordinari mezzi di impugnazione, con la conseguenza che allo stesso si applicano le norme generali in materia, tra cui le disposizioni di cui agli artt. 581 e 591 cod. proc. pen.; ne deriva che l’impugnazione deve non solo indicare i capi e i punti ai quali si riferisce, ma anche enunciare i motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta (Sez. 5, n. 9432 del 12/1/2017, Cimino, Rv. 269098
Tanto premesso, non colgono nel segno le doglianze proposte dal ricorrente in quanto nel caso in esame, i giudici della cautela hanno evidenziato l’assenza di qualsivoglia elemento dì novità a sostegno dell’istanza, posto che la gravità indiziaria e la distanza temporale dai fatti erano già state oggetto di giudicato cautelare e l’attenuazione delle esigenze cautelari non può essere desunta dal solo decorso del tempo di esecuzione della misura.
Per i giudici del gravame cautelare, risulta adeguata e idonea unicamente la misura in atto, come già vagliato in sede di riesame e correttamente valutato nel provvedimento impugnato, non sussistendo nuovi elementi tali da superare la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere sussistente nel caso di specie. Correttamente, la decisione impugnata ha rilevato che, a norma dell’art. 299 cod. proc. pen., la misura cautelare può essere sostituita con altre meno afflittive qualora venga in rilievo un’attenuazione delle esigenze cautelari ovvero la mancanza di proporzione della cautela in atto con l’entità del fatto o con la sanzione prognosticannente irrogabile in via definitiva e che l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelali non può essere desunta dal solo decorso del tempo di esecuzione della misura e dall’osservanza puntuale delle relative prescrizioni, dovendosi valutare ulteriori elementi (di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio dei trattamento cautelare (Sez. 3, n. 43113 del 15/09/2015, K., Rv. 265652 – 01; Sez. 2, n. 1858 del 09/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258191 – 01; Sez. 5, Ordinanza n. 16425 del 02/02/2010, Turato, Rv. 246868 -01).
Essendo il ricorso inammissibile, in applicazione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186 e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila Euro in favore della cassa delle ammende.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, li 11 settembre 2024.