Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11054 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11054 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BELVEDERE MARITTIMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/05/2023 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 137/2020, dal PG NOME COGNOME, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 4 maggio 2023 il Tribunale del riesame di Catanzaro ha rigettato l’appello presentato, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., da NOME COGNOME avverso il provvedimento con cui il Tribunale di Paola ha respinto l’istanza di sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, in relazione al delitto di tentato omicidio in danno di NOME e NOME ed ai connessi reati in materia di armi.
Il Collegio calabrese, nel condividere le valutazioni espresse dal giudice procedente e ritenere, per contro, l’infondatezza delle obiezioni svolte dall’imputato, ha osservato, tra l’altro, che, una volta formatosi il giudicato sull’ordinanza applicativa della misura cautelare, la sua revoca o sostituzione presuppongono la sopravvenienza di nuovi elementi tali da giustificare la rivalutazione di quelli già apprezzati, ed aggiunto che, nel caso di specie, le circostanze segnalate da COGNOME non incidono sulle conclusioni già raggiunte in punto di concretezza ed attualità delle esigenze cautelari.
Al riguardo, ha sottolineato che, fermo il giudizio di gravità indiziaria, alcune delle circostanze dedotte dall’appellante risultano prive di concreta incidenza sul quadro cautelare (ciò vale, in specie, con riferimento all’effetto inibitore derivante dalla sottoposizione a quasi un anno di restrizione carceraria ed alla risalenza ad epoca remota dei precedenti penali) e che l’unico, reale elemento di novità, costituito dall’offerta risarcitoria rivolta alle persone offese, p sintomatico del «principio di un percorso di revisione critica del proprio agire criminale», appare, tuttavia, da solo insufficiente a sovvertire la già formulata prognosi di recidiva.
Ha, infine, stimato che la custodia cautelare in carcere sa tuttora conforme ai canoni di adeguatezza e proporzionalità che governano la misura, posto che misure meno afflittive – quale quella degli arresti domiciliar, anche se assistiti da strumenti elettronici di controllo – lascerebbero a COGNOME eccessiva libertà di azione e movimento, così rivelandosi inidonee a prevenire il pericolo di reiterazione del reato.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza degli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo del quale si darà atto, in ossequio alla previsione dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione – con il quale deduce vizio di motivazione per avere il Tribunale illogicamente sottostimato la rivisitazione critica dell’agito delittuoso, che lo ha indotto ad
offrire alle vittime una somma di denaro a titolo risarcitorio e che, rettamente intesa, testimonia dell’affievolimento delle esigenze cautelari di natura specialpreventiva.
Aggiunge che la riconosciuta vetustà dei propri trascorsi criminali e la concreta possibilità di essere collocato, in regime di arresti domiciliari, in localit sita in regione diversa da quella di residenza (con conseguente impossibilità di nuovi contatti con le persone offese) concorrono nel rendere non più necessario – anche in ragione della ininterrotta sottoposizione ad un congruo periodo di detenzione intramuraria e della garanzia assicurata dall’imposizione di divieti di comunicazione e dall’adozione di strumenti elettronici di controllo – il mantenimento della più rigorosa tra le misure coercitive.
Disposta la trattazione scritta ai sensi dell’ad. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, il Procuratore generale ha chiesto, il 3 novembre 2023, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché vedente su censure manifestamente infondate.
La giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che, in sede di appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di revoca o sostituzione di misura cautelare personale, il Tribunale, in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma della decisione appellata, non è tenuto a rivalutare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine agli allegati fatti nuovi, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro indiziario o stricto sensu cautelare (Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Antignano, Rv. 266676; Sez. 3, n. 43112 del 07/04/2015, C., Rv. 265569).
L’effetto devolutivo segna quindi i confini del sindacato del Tribunale adito ex art. 310 cod. proc. pen., e, correlativamente, quelli del giudice di legittimità chiamato a controllare il provvedimento emesso in sede di appello.
Nel caso in esame, il tema controverso attiene all’idoneità degli elementi di novità sopravvenuti alla formazione del giudicato cautelare ad incidere su entità e pregnanza del pericolo di recidiva.
Il ragionamento svolto, in proposito, dal Tribunale del riesame appare lineare e coerente, perché imperniato, a dispetto di quanto obiettato dal ricorrente, sulla ponderata, complessiva considerazione di tutte le evidenze disponibili, sia preesistenti che successive alla formazione del giudicato cautelare.
Il provvedimento impugnato muove, invero, dalla considerazione dell’eccezionale gravità dell’episodio oggetto di addebito, che ha visto COGNOME manifestare un’indole spiccatamente aggressiva e violenta, che lo ha indotto all’utilizzo, in combutta con i correi, in orario diurno ed all’interno di un esercizi pubblico, di una pistola in danno delle persone offese, la cui incolumità ha mostrato di tenere in nessun conto.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto che tale condotta — letta in unione ai precedenti, ancorché non recenti, comportamenti antisociali di COGNOME restituisca l’immagine di un soggetto proclive alla commissione di fatti violenti ed insensibile ai moniti dell’autorità ed ha, pertanto, stimato che la sostituzione della misura di massimo rigore con quella degli arresti domiciliari, quantunque in località distante da quella che è stata teatro della vicenda in contestazione ed assistita da strumenti elettronici di controllo, esporrebbe la c:ollettività al rischi che egli, approfittando della relativa libertà di movimento garantitagli dalla collocazione in regime domiciliare, si renda protagonista di ulteriori, gravi reati.
Tanto, ha chiarito, a dispetto della duratura sottoposizione alla custodia in carcere ed all’avvio, non ancora sufficientemente consolidato, di un percorso di revisione critica del proprio agire comprovato dalla formulata offerta risarcitoria.
Ineccepibili si palesano, su queste basi, le osservazioni che il Tribunale del riesame ha dedicato all’entità delle esigenze specialpreventive, da stimarsi immutata in ragione delle efferate modalità del fatto, della sua notevole offensività, della personalità dell’autore, così come alla necessità di mantenere il più rigoroso regime intramurario, dovendosi temere che COGNOME, se sottoposto a misura meno afflittiva, approfitti della relative libertà di movimento, non inibita dall’apposizione di strumenti elettronici di controllo, per ideare ed attuare analoghe imprese criminose.
4. Al cospetto di un percorso argomentativo alieno da fratture razionali e rispettoso del dato processuale, il ricorrente oppone obiezioni di marcata fragilità, che si appuntano su profili che il Tribunale del riesame ha debitamente preso in considerazione, ritenendoli, come detto, privi di attitudine a comprovare l’affievolimento del pericolo di recidiva.
Rivendica, in particolare, la significatività dell’offerta di ristoro dei dann arrecati alle vittime, la vetustà dei reati da lui in passato commessi, l’idoneità del
domicilio indicato e delle modalità di esecuzione della misura a tutelare le residue esigenze cautelari, circostanze che, come detto, i giudici catanzaresi, muovendosi nella cornice della discrezionalità loro riconosciuta e senza incorrere in vizi logici di sorta, hanno stimato minusvalenti, nell’ottica dell’adeguatezza e della proporzionalità della risposta cautelare, rispetto alle modalità di commissione del fatto, alla sua concreta offensività, nonché al complessivo atteggiamento tenuto, nell’occasione, dall’autore ed al suo vissuto criminale.
5. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 22/11/2023.