Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16494 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16494 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato a Bari il 11/12/1994, avverso l’ordinanza del 19/11/2024 del Tribunale della libertà di Lecce. Letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento il Tribunale del riesame di Lecce rigettava l’appello avverso l’ordinanza dell’Il ottobre 2024, con la quale la Corte di appello di Lecce aveva a sua volta rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare in carcere, applicata circa un anno prima all’odierno ricorrente per i delitti di cui agli articoli 2, 4 e 7 legge 895/1967, 23 legge 110/1975 e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione dei suoi suoceri sita nella provincia di Belluno.
A ragione della decisione, rilevava che il COGNOME, all’esito del giudizio di appello, aveva riportato condanna alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione in relazione a tutti i delitti a lui ascritti; riteneva che non fossero interven elementi di novità tali da far ritenere affievolite le esigenze cautelari, non potendo ritenersi tali né l’intervenuta condanna, che, anzi, aveva corroborato il
quadro indiziario a acquisito a carico del COGNOME né il contegno rispettoso delle regole in costanza dello stato detentivo, e che le stesse fossero tuttora ravvisabili in massimo grado alla luce della gravità degli addebiti (detenzione e porto in luogo pubblico di un kalashnikov, detenzione di un fucile a canne mozze e di un’arma clandestina, detenzione a fini di spaccio di circa 400 grammi di hashish); riteneva adeguata al grado delle esigenze cautelari la misura massima, poiché quella «degli arresti domiciliari – la cui osservanza è rimessa sostanzialmente alla volontà del prevenuto – appare del tutto inidonea a tutelare le indicate esigenze cautelari, in ragione del fatto che l’allarmante personalità dell’imputato non fa in alcun modo prevedere che egli possa verosimilmente rispettarne gli obblighi connessi. La misura meno afflittiva degli arresti domiciliari, pur eseguita in un contesto territoriale geograficamente distante da quello di residenza, non costituirebbe, pertanto, alcun deterrente per il COGNOME ai fini della reiterazione di altri delitti della stessa specie per cui si proced neppure mediante il ricorso ai previsti dispositivi elettronici, che non a balvtur. risulterebbero idonei,vper evidenti difficoltà di monitoraggio delle plurime forme di comunicazione esistenti, i contatti con i circuiti criminali cui l’indagato risulta inconfutabilmente collegato».
Il difensore di fiducia del COGNOME, Avv. NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione avverso l’indicata ordinanza, articolando un unico motivo con il quale deduce vizio di motivazione: ne deduce, in particolare, l’illogicità, avendo i giudici della libertà trascurato l’elemento di novità costituito dalla disponibilità di un domicilio diverso e molto lontano rispetto a quello nel quale erano avvenuti i fatti, idoneo ad attenuare il pericolo di recidivanza, isolando l’imputato dal contesto ambientale di appartenenza; ed invero, obietta il ricorrente, «non si comprende come il COGNOME, anche volendo per assurdo ritenere possibili i contatti con la criminalità locale , possa reiterare condot analoghe a quelle per cui si procede, vale a dire custodire armi e droga da utilizzare / smerciare sul territorio di appartenenza, a più di 1.000 km. di distanza dallo stesso».
Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile, ritenendo insussistente il vizio dedotto, che ricorre solo quando vi sia una frattura logica evidente tra una premessa e le conseguenze che se ne traggono: il provvedimento impugnato ha, invece, rappresentato «ragioni tra loro conducenti», «al più contestabili come veridiche eventualmente alla luce di una più complessa valutazione fattuale in tale sede non consentita ma neppure evocata come tema di giudizio».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve, dunque, essere rigettato.
Secondo l’oramai consolidata linea ermeneutica seguita da questa Corte, «In tema di misure cautelari personali, il giudice, investito della richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere con altra misura meno afflittiva, è chiamato a valutare l’adeguatezza di quest’ultima rispetto alle esigenze di prevenzione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. anche in relazione alla prognosi di spontaneo adempimento degli obblighi e delle prescrizioni eventualmente ad essa collegati, avendo particolare riguardo alla pericolosità sociale dell’indagato» (Sez. 2, n. 27272 del 17/05/2019, COGNOME, Rv. 275786 – 01).
«La valutazione di inadeguatezza degli arresti domiciliari – ha puntualizzato Sez. 3, n. 19608 del 25/01/2023, M., Rv. 284615-01 – non può essere basata su mere supposizioni o ipotesi astratte, il cui verificarsi è possibile in rerum natura, ma non probabile secondo regole di comune esperienza, dovendo essere, invece, fondata sulla prognosi della mancata osservanza, da parte del sottoposto, delle prescrizioni a lui imposte, concretamente effettuabile al cospetto di elementi specifici, indicativi della sua scarsa capacità di autocontrollo»; una valutazione che risponda in maniera logica ed aderente alle emergenze processuali agli appena illustrati requisiti non è attaccabile in sede di legittimità, poiché «l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva è un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità, se congruamente e logicamente motivato» (Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, COGNOME, Rv. 275851 – 01).
Si è, infine, puntualizzato che «In tema di arresti domiciliari, la prescrizione del cosiddetto braccialetto elettronico non configura un nuovo tipo di misura coercitiva, ma una mera modalità di esecuzione ordinaria della cautela domiciliare, sicché il giudice, ove ritenga unicamente adeguatala la custodia inframuraria in ragione della pericolosità dell’indagato e della peculiarità del fatto contestato, non è tenuto a motivare specificamente sull’inidoneità degli arresti, pur se connotati dall’adozione del braccialetto» (Sez. 4, n. 15939 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286343 – 01).
Applicando questi consolidati principi al caso di specie, si deve rilevare che le deduzioni difensive non attaccano efficacemente la motivazione del provvedimento impugnato, né nella parte in cui ha ritenuto concretamente ed
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attualmente configurabile in massimo grado l’esigenza cautelare del pericolo di recidivanza, né nella parte in cui ha illustrato i motivi per i quali la misur inframuraria deve essere ritenuta l’unica in grado di salvaguardare le ravvisate esigenze cautelari.
Ed invero, i giudici del riesame hanno in primis verificato l’attualità ed il grado di intensità delle esigenze cautelari, giungendo a conclusioni che non sono state in alcun modo contrastate dal ricorrente: essi hanno in particolare ricavato la persistenza del gravissimo quadro già delineato in sede di applicazione della misura inframuraria «dalla pericolosità e dal calibro criminale» del COGNOME, «desumibile dalla particolare gravità dei reati allo stesso ascritti (l’imputato trasportava fuori dall’abitazione un’arma da guerra del tipo kalashnikov, e deteneva in abitazione diversa dalla sua residenza un fucile a canne mozze oggetto di furto ed un revolver con matricola abrasa e relativo munizionamento, oltre a custodire circa 400 grammi di hashish), ed hanno evidenziato plurimi elementi che non consentivano di ritenere che il mero decorso del tempo ne avesse determinato un affievolimento.
Il provvedimento impugnato ha poi ritenuto inadeguati al caso di specie gli arresti domiciliari, anche se eseguiti in un contesto territoriale diverso e molto lontano da quello di residenza, e pur se rafforzati con l’adozione del braccialetto elettronico, trattandosi di misura che non è in grado di impedire i contatti del COGNOME con i circuiti criminali ai quali egli «risulta inconfutabilmente collegato» trattandosi di misura «la cui osservanza è rimessa sostanzialmente alla volontà del prevenuto», e dovendosi nel caso di specie ritenere che «l’allarmante personalità dell’imputato non fa in alcun modo prevedere che egli possa verosimilmente rispettarne gli obblighi connessi».
Si tratta, in tutta evidenza, di motivazione tutt’altro che illogica contraddittoria: ed invero, posto che «Ricorre il vizio di motivazione manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse, nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono, e, invece, di motivazione contraddittoria quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza, ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice – conducenti ad esiti diversi – siano state poste a base del suo convincimento» (Sez. 5, n. 19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105 – 01), deve osservarsi che, nel caso di specie, dalla congrua valutazione delle emergenze processuali (l’elevatissimo grado delle esigenze cautelari e la completa inaffidabilità del COGNOME, ricavabile dalla gravità dei delitti ascrittigli e dalla professionalità di condotte ille
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sicuramente perpetrate in stretto collegamento con pericolose consorterie criminose) sono state tratte conclusioni del tutto conseguenziali, insuscettibili di
essere censurate in questa sede.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
1-ter,
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma disp.att. cod. proc. pen.
Così deciso il 19/02/2025.