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Sostituzione misura cautelare: il tempo non basta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con gli arresti domiciliari. Nonostante l’assoluzione dall’accusa di associazione mafiosa e il tempo trascorso dai fatti, la Corte ha confermato la decisione del tribunale, sottolineando che per il reato di associazione finalizzata al narcotraffico vige una presunzione di pericolosità che non era stata superata. La sentenza ribadisce che il cosiddetto ‘tempo silente’ non è rilevante ai fini della revoca o sostituzione della misura.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sostituzione Misura Cautelare: il Tempo e l’Assoluzione Parziale Non Bastano

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 36891/2025, offre importanti chiarimenti sui presupposti per la sostituzione misura cautelare, in particolare quando si tratta di reati di grave allarme sociale come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha stabilito che né l’assoluzione da un’accusa più grave né il semplice decorso del tempo dalla commissione dei fatti sono, di per sé, elementi sufficienti a superare la presunzione di pericolosità che giustifica la custodia in carcere.

I Fatti del Caso

Il caso riguardava un imputato sottoposto a custodia cautelare in carcere per il reato di partecipazione a un’associazione dedita al narcotraffico (art. 74 d.P.R. 309/90). La difesa aveva richiesto la sostituzione della misura con gli arresti domiciliari, basando la propria istanza su due elementi principali:
1. La recente assoluzione dell’imputato dall’accusa, ben più grave, di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.).
2. Il lungo tempo trascorso dalla chiusura delle indagini relative all’associazione per narcotraffico, risalenti al 2018.

Il Tribunale di Catanzaro aveva già rigettato la richiesta, sostenendo che la presunzione di pericolosità prevista per il reato contestato non fosse stata superata. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una manifesta illogicità della motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Sostituzione Misura Cautelare

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la linea del Tribunale. I giudici hanno ribadito che per il delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 opera una presunzione relativa di pericolosità e di adeguatezza della sola custodia in carcere. Per superare tale presunzione, non basta evidenziare elementi neutri o già noti, ma è necessario fornire elementi positivi di novità, idonei a dimostrare un concreto affievolimento delle esigenze cautelari.

Il Ruolo del ‘Tempo Silente’

Uno dei punti più interessanti della sentenza riguarda la valutazione del cosiddetto ‘tempo silente’, ovvero il periodo trascorso dalla commissione del reato. La Cassazione, in linea con un orientamento consolidato, ha specificato che questo fattore non rientra tra quelli valutabili ai sensi dell’art. 299 c.p.p. per la revoca o la sostituzione di una misura. L’unico lasso temporale che può assumere rilievo è quello decorso dall’applicazione della misura stessa, in quanto solo questo può, unitamente ad altri elementi, indicare una possibile attenuazione delle esigenze cautelari originarie.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il ragionamento del Tribunale era corretto e immune da vizi logici. La pericolosità dell’imputato non derivava solo dalla partecipazione all’associazione, ma dalle concrete circostanze e modalità del fatto, che lo dipingevano come un ‘anello essenziale’ nella catena di coltivazione e commercio di stupefacenti. La prognosi di pericolosità, in casi di reati associativi, non si limita all’operatività attuale del sodalizio, ma si estende alla possibile commissione di altri delitti, espressione della stessa professionalità criminale e inserimento in determinati circuiti. Pertanto, l’assoluzione dal reato di mafia e il tempo trascorso non erano sufficienti a scalfire questo giudizio, in assenza di nuovi elementi positivi. Il ricorso è stato giudicato assertivo e generico, incapace di individuare una reale illogicità nella decisione impugnata.

Le conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio fondamentale in materia di misure cautelari per reati gravi: le presunzioni legali di pericolosità richiedono, per essere superate, la dimostrazione di un cambiamento concreto e positivo nella situazione dell’imputato. Non sono sufficienti argomenti formali come l’esito di un altro procedimento o il semplice passare del tempo. La valutazione del giudice deve rimanere ancorata a una prognosi concreta sulla pericolosità attuale, basata sulla personalità dell’imputato e sulla sua capacità di delinquere, anche al di fuori della specifica associazione per cui si procede. Per la difesa, ciò significa che le istanze di sostituzione devono essere supportate da prove tangibili di un percorso di risocializzazione o di un reale affievolimento dei legami con l’ambiente criminale.

L’assoluzione da un reato più grave è sufficiente per ottenere la sostituzione della misura cautelare per un reato connesso?
No. Secondo la sentenza, l’assoluzione da un’altra accusa non supera automaticamente la presunzione di pericolosità legata a reati gravi come l’associazione finalizzata al narcotraffico, per la quale sono necessarie prove positive e nuove che dimostrino un affievolimento delle esigenze cautelari.

Il tempo trascorso dalla commissione del reato (‘tempo silente’) è un fattore rilevante per chiedere la sostituzione di una misura cautelare?
No. La Corte chiarisce che il ‘tempo silente’ trascorso dalla commissione del reato non è un elemento da valutare ai fini della revoca o sostituzione di una misura ai sensi dell’art. 299 c.p.p. L’unico tempo rilevante è quello trascorso dall’applicazione della misura stessa, se accompagnato da altri elementi sopravvenuti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni del ricorrente sono state ritenute generiche e assertive. Non hanno evidenziato specifiche illogicità nel ragionamento del Tribunale, ma si sono limitate a contestarlo senza un adeguato confronto con l’apparato giustificativo della decisione impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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