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Sostituzione di persona: quando il reato sussiste

La Corte di Cassazione conferma la condanna per truffa e sostituzione di persona a carico di un soggetto che aveva stipulato un contratto per servizi internet usando il nome di un’altra persona, pur fornendo il proprio numero di carta d’identità. La Corte ha stabilito che il reato di sostituzione di persona si configura anche con dati parzialmente veri se l’interlocutore viene indotto in errore sull’identità. Inoltre, ha chiarito che il diritto di querela per la truffa spetta sia alla società ingannata sia alla persona il cui nome è stato illecitamente utilizzato, la quale subisce un potenziale pregiudizio patrimoniale.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sostituzione di Persona: Anche con l’ID Corretto si Commette Reato

Il reato di sostituzione di persona è una fattispecie che può presentare contorni complessi, specialmente nell’era digitale dove l’identità può essere facilmente manipolata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su quando tale reato si perfeziona, anche quando l’autore del fatto fornisce alcuni dati personali veritieri. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Un Contratto Sotto Falso Nome

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per i reati di truffa e sostituzione di persona. L’imputato aveva stipulato un contratto per la fornitura di servizi internet con una nota compagnia di telecomunicazioni. Per farlo, aveva utilizzato le generalità di un’altra persona, del tutto ignara, ma aveva fornito il numero della propria, e corretta, carta d’identità.

La vittima, una volta scoperto di essere formalmente intestataria di un contratto mai richiesto, aveva sporto querela, dando avvio al procedimento penale che ha portato alla condanna dell’imputato.

Le Argomentazioni della Difesa e la Sostituzione di Persona

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Sulla truffa: La difesa sosteneva che la querela avrebbe dovuto essere presentata dalla società di telecomunicazioni, in quanto soggetto tratto in inganno, e non dalla persona il cui nome era stato usato. Si argomentava inoltre che quest’ultima non avesse subito alcun danno patrimoniale effettivo, dato che il contratto era nullo.
2. Sulla sostituzione di persona: Si affermava che la semplice indicazione di un nome diverso dal proprio non potesse integrare il reato, soprattutto perché l’indicazione del numero corretto della carta d’identità avrebbe permesso una sicura identificazione del dichiarante.

La Questione della Truffa e del Diritto di Querela

La Corte di Cassazione ha respinto entrambi i motivi, ritenendoli manifestamente infondati. Per quanto riguarda la truffa, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: il diritto di querela spetta sia al soggetto raggirato (in questo caso, il dipendente della società di telecomunicazioni) sia al soggetto che subisce le conseguenze patrimoniali negative della frode.

La vittima, il cui nome era stato illecitamente speso, si era trovata ad essere parte di un contratto oneroso non voluto, subendo un danno reale o, quantomeno, il concreto pericolo di un pregiudizio patrimoniale. La circostanza che il contratto fosse nullo non elimina la rilevanza penale della truffa, la quale ha comunque creato un impegno economico, anche solo potenziale, a carico della vittima.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione riguarda l’interpretazione del reato di sostituzione di persona ai sensi dell’art. 494 del codice penale. La Corte ha chiarito che il fatto che l’imputato avesse fornito il numero corretto della propria carta d’identità è del tutto irrilevante. L’azione delittuosa ha comunque raggiunto il suo scopo: il contratto è stato stipulato a nome della vittima e non dell’imputato. Per l’integrazione del reato è sufficiente la condotta ingannevole che induce il soggetto passivo (l’addetto della società) in errore sull’attribuzione di un falso nome all’agente. L’inganno ha funzionato e ha prodotto i suoi effetti, perfezionando così il reato.

Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione ha impedito alla Corte di esaminare l’eventuale prescrizione del reato, poiché l’inammissibilità del ricorso, dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente la formazione di un valido rapporto di impugnazione.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia della Cassazione offre due importanti lezioni pratiche:

1. Titolarità della querela: In caso di truffa contrattuale mediante uso di nome altrui, la vittima il cui nome è stato usurpato ha pieno diritto di sporgere querela, in quanto è il soggetto che patisce le conseguenze economiche negative, anche solo potenziali, dell’atto illecito.
2. Configurabilità della sostituzione di persona: Il reato di sostituzione di persona si configura ogni volta che si induce qualcuno in errore sulla propria identità usando un falso nome per ottenere un vantaggio. Fornire dati parzialmente veri, come il proprio numero di documento, non esclude il reato se l’obiettivo di ingannare sull’identità viene comunque raggiunto.

Chi può sporgere querela per una truffa contrattuale realizzata usando il nome di un’altra persona?
Secondo la Corte, il diritto di sporgere querela spetta sia al soggetto che viene materialmente ingannato (in questo caso la società fornitrice del servizio) sia al soggetto sul quale ricadono le conseguenze patrimoniali negative della frode (la persona il cui nome è stato illecitamente utilizzato per stipulare il contratto).

Fornire il proprio numero di carta d’identità corretto esclude il reato di sostituzione di persona se si usa un nome falso?
No. La Corte ha stabilito che fornire il numero corretto del proprio documento è irrilevante se l’azione ingannevole ha comunque raggiunto il suo scopo, ovvero indurre l’interlocutore in errore sull’identità del contraente, facendo sì che il contratto venisse intestato a un’altra persona.

Se un contratto è nullo perché frutto di un reato, può comunque configurarsi la truffa?
Sì. La nullità del contratto non impedisce la configurazione del reato di truffa. Ciò che rileva penalmente è che la condotta fraudolenta abbia creato un impegno economico, anche solo potenziale, a carico della vittima, indipendentemente dalla successiva validità civile dell’atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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