Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21009 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21009 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a BOLOGNA il 22/04/1976
avverso la sentenza del 25/10/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, dr.NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Ritenuto in fatto
1.COGNOME NOME ha promosso ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna, che ne ha confermato l’affermazione di responsabilità, statuita in primo grado, in ordine al delitto di cui agli artt. 110, 494 cod. pen. per avere, in concorso con COGNOME Ir (condannata e non ricorrente), e con fine di ingiusto vantaggio, indotto in errore il Registr delle imprese di Bologna attraverso la sostituzione della persona di quest’ultima a quella di COGNOME NOME qual titolare della partita IVA associata all’impresa individuale “NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE IRENE”.
L’atto di impugnazione, a firma di un difensore abilitato, consta di due motivi, di segui sintetizzati ai sensi dell’art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Il primo motivo ha dedotto i vizi di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) e lett. d) cod. pen., perché la sentenza impugnata avrebbe illogicamente escluso l’attendibilità delle dichiarazioni rese dall’imputata, che si sarebbe protestata estranea ai fatti e avrebbe forni una versione alternativa della vicenda che non sarebbe stata correttamente valutata alla luce dei principi giurisprudenziali in materia, in particolare difetterebbe – testuale – “una l scientifica che possa comprovare la riconducibilità della sostituzione di persona alla condotta dell’imputato”; la chiamata di correo della COGNOME sarebbe priva di riscontri. Inoltre, sarebbe stata acquisita una prova decisiva, costituita dall’apprensione agli atti, più vol richiesta, del volantino del Cash & Carry inviato alla COGNOME, che avrebbe consentito a quest’ultima di scoprire l’avvenuto utilizzo della partita IVA di sua titolarità da parte di Tale documento sarebbe stato indispensabile per valutare la credibilità della persona offesa, che, secondo la difesa della ricorrente, si sarebbe comportata in modo singolare nel corso di tutta la vicenda.
2.2. Il secondo motivo ha denunciato il vizio di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod. pro pen. per quanto concerne la mancata applicazione della condizione di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.. La sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare in tal senso, nonostante la modestia del profitto economico conseguito con gli acquisti presso il “cash and carry” attraverso l’uso strumentale della partita IVA. In verità, non ricorrerebbe affatt “vantaggio” conseguito dalla COGNOME, i cui acquisti si ridurrebbero a tre fatture di 52,31 e euro, la COGNOME sarebbe stata indicata erroneamente come “commercialista”; la Corte d’appello – testuale – “vuole una pena massima considerando le mille sfaccettature ipotetiche di un medesimo reato”; per negare la condizione di non punibilità, avrebbe cioè fatto riferimento a mere ipotesi, sganciate dai fatti del processo.
Considerato in diritto
Il ricorso, a tratti inammissibile, è nel complesso infondato.
1.11 primo motivo è generico e manifestamente infondato, sia a riguardo del lamentato vulnus di natura istruttoria che a riguardo dell’addotta carenza di motivazione.
1.1. Quanto alla mancata acquisizione al fascicolo del “volantino” che il RAGIONE_SOCIALE ha inviato alla COGNOME, occorre rammentare il consolidato principio di diritto secondo il quale, i tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi “decisiva”, secondo la previsione dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una
diversa pronuncia ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (ex multis, sez. 3, n. 9878 del 21/01/2020, R., Rv. 278670; sez. 4, n. 6783 del 23/1/2014, Di COGNOME, Rv. 259323). Non è dato comprendere, per un verso, se l’assunzione di una prova a tale proposito sia stata richiesta dalla difesa dell’imputata, n corso del processo di merito, e con quali modalità, trattandosi, di tutta evidenza, di documento in possesso della parte civile e, pertanto, nella libera disponibilità di quest’ultima, cui competeva se offrirne la produzione o l’esibizione; non sono state chiarite nel ricorso ragioni dell’efficacia potenzialmente destrutturante che, sul compendio probatorio, potrebbe produrre tale mancata ostensione; la Corte d’appello, con argomentazione logica ed insindacabile in sede di legittimità, ne ha ritenuto irrilevante l’apprensione ed ha ricostr aliunde la vicenda d’interesse, compiutamente avvalendosi delle convergenti deposizioni testimoniali della persona offesa, del di lei marito, dell’ufficiale di polizia giudiziari chiamata di correo della COGNOME e delle parziali ammissioni dell’imputata.
Fuor di luogo, poi, intrattenersi sulla prova scientifica del nesso causale, dal momento che si discetta di un reato di pura condotta – sostituzione di persona – e, per di più, che nel process in scrutinio sono in gioco l’analisi della prova rappresentativa di natura dichiarativa e la pr logica, non certo il procedimento inferenziale sotteso all’acquisizione della dimostrazione scientifica del collegamento eziologico tra il comportamento dell’agente e l’evento naturalistico del reato.
1.2.Per costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini della consumazione del delitto di cui all’ar 494 cod. pen., non occorre che il vantaggio perseguito dall’agente sia effettivamente raggiunto poiché lo scopo di arrecare a sé o ad altri un vantaggio attiene all’elemento psicologico di tale delitt costituito dal dolo specifico. E’ stato precisato (sez. 5, n. 3012 del 19/09/2019, COGNOME, Rv. 278146) che integra il delitto di sostituzione di persona la condotta ingannevole che induca il soggetto passivo in errore sull’attribuzione all’agente di un falso nome o di un falso stato o false qualità personali cui la legge attribuisce specifici effetti giuridici, non essendo in necessario il conseguimento del vantaggio perseguito, che attiene al dolo specifico (conf. sez. 5, n. 11087 del 15/12/2014, COGNOME, Rv. 263103). Non rileva, pertanto, che al Cash & Carry fosse possibile acquistare beni a prezzo corrente e non calmierato, perché ciò che importa come pianamente illustrato dalle decisioni di merito – è che la COGNOME avesse prospettato d rivolgersi a tale canale, con l’uso di una partita IVA certamente non sua, anche per procurarsi la fornitura di materie prime a costo più abbordabile.
Il motivo di ricorso, in verità, tradisce anche palese genericità estrinseca, perché non confronta con le due emergenze probatorie determinanti, sottolineate nell’elaborato del prowedimento impugnato, ovvero il c.d. certificato (o visura) di evasione e le ammissioni di responsabilità rese nel corso dell’esame dalla COGNOME. Il primo documento, che la COGNOME ha citato come consegnatole dall’imputata per conseguire il proprio intento di interagire con una struttura di vendita all’ingrosso, è tipicamente proveniente dall’intermediario (perché è riscontro di “una pratica di comunicazione avvenuta con successo”, fornito dalla Camera di
Commercio), come puntualmente confermato dal teste di polizia giudiziaria, COGNOME e peraltro, nel caso in scrutinio, recava “l’indirizzo dello studio di quest’ultima” (pagg.4 e 5) quindi del tutto ragionevole ritenere che proprio la COGNOME ne fosse in possesso e lo abbia messo a disposizione della COGNOME; le seconde, invece, riguardano il passaggio delle dichiarazioni dibattimentali della prevenuta (pag.4), che ha riconosciuto di aver consegnato alla COGNOME la propria partita IVA “per coprire la fatturazione”, ovvero per regolarizzarne gli acquisti al Cash & Carry. Si tratta, di tutta evidenza, di elementi esterni di convalida, di nat individualizzante e di portata probatoria esauriente ai sensi dell’art. 192 comma 3 cod. proc. pen., della chiamata di correo della COGNOME, che ha riferito di aver ricevuto dall’imputata ne era effettivamente in possesso – i dati e i documenti funzionali al conseguimento dello scopo.
2.11 secondo motivo è infondato.
2.1. E’ necessario prendere le mosse dall’insegnamento delle Sezioni Unite Tushaj, n. 13681 del 25/02/2016, secondo cui l’art. 131-bis cod.pen., che riguarda la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, fa testuale riferimento alle modalità della condotta ed impone inferire che la disposizione non involga tanto l’esame della condotta tipica, quanto pi specificamente attenga alle modalità di estrinsecazione del comportamento, anche in considerazione delle componenti soggettive del medesimo, nella prospettiva di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Occorre pertanto avere riguardo – ai fini della applicabilità della causa di no punibilità – al fatto storico, alla situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli e fatto concretamente realizzati dall’agente, perchè non è in questione la conformità al tipo (l causa di non punibilità presuppone un fatto tipico e offensivo, ma il cui grado di offesa si particolarmente tenue, tanto da rendere recessiva la necessità di pena), bensì l’entità del suo complessivo disvalore e tanto in armonia con il dato letterale, che si sofferma sulla connotazione storica della condotta, nella sua componente oggettiva e soggettiva (v. anche Sez. 4, n. 58261 del 29/11/2018, Bruno Rv. 274910).
2.2. Pertanto, il giudizio finale di particolare tenuità dell’offesa postula necessariamente positiva valutazione di tutte le componenti richieste per l’integrazione della fattispecie – c l’art. 131-bis cod. pen. correla ad una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza conseguente, dell’entità del danno o del pericolo, da ponderare in relazione ai parametri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen.; cosicchè, i criteri indicati primo comma dell’art. 131-bis cod.pen. sono cumulativi quanto al giudizio finale circa la particolare tenuità dell’offesa ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità e alternativi quanto al diniego, nel senso che l’applicazione della causa di non punibilità in questione rimane preclusa ove anche uno solo di essi sia apprezzato negativamente (il dell’art. 131-bis cod.pen. nella parte del primo comma, qui rilevante, sancisce inver punibilità è esclusa quando per le modalità della condotta e per l’esiguità del dan
pericolo, l’offesa è di particolare tenuità: Sez. 3 n. 893 del 28/06/2017, Rv. 272249; Sez. 6 n
55107 del 08/11/2018, Rv. 274647; Sez. 3 n. 34151 del 18/06/2018, Rv. 273678; Sez. 7 –
Ord. n. 10481 del 19/01/2022, Rv. 283044).
2.3.Con motivazione succinta ma nel complesso appropriata ed appagante, la Corte territoriale ha dato conto dell’inconfigurabilità della condizione di non punibi
stigmatizzando, quanto alle modalità del fatto, i connotati fraudolenti della condott potenzialmente strumentale anche ad interposizioni fittizie, di particolare insidiosità pe
principi dell’apparenza del diritto e dell’affidamento incolpevole che di regola caratterizzano rapporti commerciali tra le imprese (artt. 1175 e 1375 cod. civ.).
3. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla reiezione del ricorso, consegue la condanna dell ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 23/05/2025
Il cos iere e§tensore