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Sostituzione di persona: quando il reato è punibile

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di sostituzione di persona a carico di un’imputata che aveva fornito a una complice i dati di una ditta individuale altrui per effettuare acquisti. La Corte ha chiarito che il reato si perfeziona con la sola condotta ingannevole, non essendo necessario l’effettivo conseguimento del vantaggio. È stata inoltre respinta la richiesta di applicare la non punibilità per particolare tenuità del fatto, poiché la valutazione deve considerare la gravità complessiva della condotta, non solo il danno economico.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sostituzione di persona: quando il vantaggio non è necessario per la condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21009 del 2025, offre importanti chiarimenti sul reato di sostituzione di persona, previsto dall’articolo 494 del codice penale. La Corte ha stabilito che, per la configurazione del reato, è sufficiente la condotta ingannevole finalizzata a ottenere un vantaggio, anche se questo non viene effettivamente conseguito. Inoltre, ha precisato i limiti per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I fatti del caso

Il caso riguardava un’imputata, condannata in primo e secondo grado, per aver concorso nel reato di sostituzione di persona. Nello specifico, la donna aveva fornito a una complice i dati (inclusa la partita IVA) di un’impresa individuale appartenente a una terza persona, del tutto ignara. Lo scopo era permettere alla complice di effettuare acquisti presso un fornitore all’ingrosso, presentandosi falsamente come titolare o rappresentante di tale impresa.

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali: l’errata valutazione delle prove e la mancata applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, dato il modesto valore degli acquisti effettuati (poche decine di euro).

La decisione della Corte di Cassazione sulla sostituzione di persona

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la condanna dell’imputata. I giudici hanno respinto entrambi i motivi di ricorso, fornendo una dettagliata analisi sia degli elementi costitutivi del reato di sostituzione di persona, sia dei criteri per l’applicazione dell’articolo 131-bis del codice penale.

Le motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda su due pilastri argomentativi principali.

La consumazione del reato e la valutazione delle prove

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: il delitto di sostituzione di persona si consuma nel momento in cui avviene l’induzione in errore del soggetto passivo tramite l’inganno. Non è necessario che l’agente consegua effettivamente il vantaggio che si era prefissato. Tale vantaggio, infatti, appartiene all’elemento psicologico del reato, ovvero al dolo specifico, e non all’evento materiale del reato stesso. Nel caso di specie, il reato si è perfezionato quando la complice ha utilizzato i dati falsi per interagire con il fornitore, a prescindere dal valore o dalla natura dei beni acquistati.

La Corte ha inoltre ritenuto corretta la valutazione delle prove effettuata dai giudici di merito, che si erano basati su elementi convergenti: le testimonianze della persona offesa e di un ufficiale di polizia, le dichiarazioni della co-imputata (chiamata di correo) e le parziali ammissioni della stessa ricorrente. La difesa aveva lamentato la mancata acquisizione di un volantino pubblicitario, ritenuto prova decisiva, ma la Corte ha giudicato tale elemento irrilevante rispetto al solido quadro probatorio già esistente.

Il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto

Il secondo motivo di ricorso riguardava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. La difesa sosteneva che il profitto minimo avrebbe dovuto giustificare la non punibilità. La Cassazione ha respinto questa tesi, richiamando l’insegnamento delle Sezioni Unite. La valutazione della “particolare tenuità del fatto” non può limitarsi al solo danno economico, ma deve essere un giudizio complessivo che comprende:

1. Le modalità della condotta: l’astuzia, la pianificazione e l’uso di documenti altrui denotano una gravità che va oltre il semplice valore materiale.
2. L’intensità del dolo: la condotta è stata intenzionale e finalizzata a un obiettivo illecito.
3. L’entità del danno o del pericolo: anche se il danno patrimoniale è esiguo, la condotta ha leso la fede pubblica e l’affidamento dei terzi nell’identità delle persone.

Il giudice deve valutare congiuntamente tutti questi aspetti. È sufficiente che anche solo uno di essi sia valutato negativamente per precludere l’applicazione della causa di non punibilità.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma due importanti principi in materia di sostituzione di persona.

In primo luogo, il reato ha natura di pericolo e si perfeziona con la sola condotta ingannevole, essendo irrilevante il conseguimento effettivo del vantaggio sperato. Ciò significa che anche un tentativo fallito di ottenere un beneficio tramite l’uso di un’identità altrui può integrare il reato consumato.

In secondo luogo, l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto non è automatica in presenza di un danno economico minimo. Il giudice deve compiere una valutazione globale della gravità del fatto, considerando le modalità dell’azione e la colpevolezza dell’agente. Una condotta pianificata e insidiosa, come quella di fornire a terzi dati personali e fiscali altrui, possiede un disvalore intrinseco che può ostacolare il riconoscimento della particolare tenuità, anche a fronte di un profitto irrisorio.

Quando si considera consumato il reato di sostituzione di persona?
Il reato si considera consumato nel momento in cui avviene l’induzione in errore di un soggetto attraverso la falsa attribuzione di identità, nome o qualità. Non è necessario che l’agente ottenga effettivamente il vantaggio che si era prefissato, poiché tale scopo rientra nel dolo specifico e non nell’evento del reato.

La dichiarazione di un co-imputato è una prova sufficiente per una condanna?
Da sola, la dichiarazione di un co-imputato (chiamata di correo) non è sufficiente. Tuttavia, diventa una prova valida se supportata da altri elementi esterni che ne confermano l’attendibilità, come testimonianze, documenti o le stesse ammissioni parziali dell’imputato.

Perché può essere negata la non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ anche se il danno economico è minimo?
Perché la valutazione della tenuità del fatto non si basa solo sull’entità del danno. Il giudice deve considerare in modo complessivo la gravità della condotta, analizzando le sue modalità (es. pianificazione, astuzia) e il grado di colpevolezza. Se anche solo uno di questi indici viene valutato negativamente, l’applicazione della causa di non punibilità può essere preclusa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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