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Sostituzione di persona e truffa: possono coesistere?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 44915/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per i reati di sostituzione di persona e truffa. La Corte ha ribadito che i due reati possono concorrere, poiché tutelano beni giuridici diversi: la fede pubblica per la sostituzione di persona e il patrimonio per la truffa. Il delitto di cui all’art. 494 c.p. ha carattere sussidiario solo rispetto ad altri delitti contro la fede pubblica, non verso la truffa. È stato inoltre confermato che la decisione di non concedere pene sostitutive, se adeguatamente motivata, è una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sostituzione di persona e truffa: la Cassazione chiarisce quando possono coesistere

L’ordinanza n. 44915/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante delucidazione sul rapporto tra due figure di reato spesso interconnesse: la sostituzione di persona e truffa. La Suprema Corte ha confermato che, a dispetto delle apparenze, un’unica azione può integrare entrambi i delitti, portando a una condanna per ambedue. Questa decisione ribadisce principi consolidati e chiarisce i confini della discrezionalità del giudice di merito.

I Fatti del Ricorso

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. La difesa sollevava due questioni principali. In primo luogo, si contestava la condanna per entrambi i reati di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) e truffa (art. 640 c.p.), sostenendo che il primo dovesse essere assorbito dal secondo. In pratica, si affermava che l’impersonificazione fosse solo una modalità per compiere la truffa e non un reato autonomo.

In secondo luogo, l’imputato lamentava la mancata concessione di una pena sostitutiva in luogo della pena detentiva breve, ritenendo la decisione del giudice di merito viziata e immotivata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Con questa pronuncia, i giudici di legittimità hanno confermato integralmente la validità della sentenza impugnata, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, basando la propria decisione su principi giuridici consolidati e su una chiara interpretazione delle norme.

Analisi del Concorso tra Sostituzione di Persona e Truffa

Il cuore della motivazione riguarda il primo motivo di ricorso. La Cassazione ha spiegato che il reato di sostituzione di persona e truffa possono concorrere formalmente. Il principio chiave risiede nella diversità dei beni giuridici protetti dalle due norme.

* L’art. 494 c.p. (Sostituzione di persona) tutela la fede pubblica, ovvero la fiducia della collettività nell’identificazione delle persone.
* L’art. 640 c.p. (Truffa) tutela il patrimonio, proteggendo il singolo da raggiri che possano causargli un danno economico.

Poiché i beni giuridici sono diversi, una singola azione che li lede entrambi può legittimamente dare luogo a una duplice contestazione. La Corte ha specificato che il carattere sussidiario del reato di sostituzione di persona opera solo nei confronti di altri delitti contro la fede pubblica, ma non rispetto ai delitti contro il patrimonio come la truffa. Di conseguenza, l’impersonificazione non viene “assorbita” dalla frode, ma costituisce un illecito distinto e autonomo.

La Discrezionalità sulla Pena Sostitutiva

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: la scelta di concedere o negare una pena sostitutiva rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Tale decisione non è sindacabile in sede di Cassazione, a meno che non sia frutto di un ragionamento palesemente illogico o arbitrario. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano adeguatamente motivato il loro diniego, facendo riferimento ai criteri di valutazione della personalità dell’imputato previsti dall’art. 133 del codice penale. Pertanto, la valutazione era incensurabile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. La principale implicazione è che chi utilizza l’identità altrui per commettere una frode deve essere consapevole di poter essere chiamato a rispondere di due reati distinti, con un conseguente aggravamento del trattamento sanzionatorio. La decisione sottolinea l’autonoma importanza della fede pubblica come bene da proteggere, anche quando la sua lesione è strumentale a un attacco al patrimonio altrui. Inoltre, viene riaffermato il limite del sindacato di legittimità sulle valutazioni discrezionali del giudice, purché sorrette da una motivazione congrua e non manifestamente illogica.

Una persona può essere condannata sia per sostituzione di persona (art. 494 c.p.) che per truffa (art. 640 c.p.) a seguito della stessa azione?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che i due reati possono concorrere perché tutelano beni giuridici diversi: la sostituzione di persona protegge la fede pubblica, mentre la truffa protegge il patrimonio. Un’unica condotta può ledere entrambi gli interessi, giustificando una condanna per entrambi i reati.

Perché il reato di sostituzione di persona non viene considerato ‘assorbito’ da quello di truffa?
Il reato di sostituzione di persona ha un carattere sussidiario solo rispetto ad altri delitti contro la fede pubblica. Non è sussidiario rispetto ai reati contro il patrimonio come la truffa. Pertanto, quando l’impersonificazione è usata per commettere una truffa, essa non perde la sua autonoma rilevanza penale.

È possibile fare ricorso in Cassazione se un giudice nega la concessione di una pena sostitutiva a una pena detentiva breve?
No, a meno che la decisione del giudice non sia basata su un ragionamento palesemente illogico o arbitrario. La scelta di concedere o negare una pena sostitutiva è un esercizio di discrezionalità del giudice di merito e, se adeguatamente motivata (ad esempio, con riferimento ai criteri dell’art. 133 c.p.), non è sindacabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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