Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2492 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2492 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
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RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 26 maggio 2023, la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza di primo grado del ricorrente per il delitto di sostituzione di persona commesso in concorso con tale NOME.
Con il ricorso presentato, mediante il difensore di fiducia AVV_NOTAIO, l’NOME chiede l’annullamento della predetta decisione, affidandosi a tre motivi, di seguito riportati entro i limiti previsti dall’art. 173 disp. att. proc. pen.
2.1. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, omessa motivazione circa la prospettazione alternativa, rispetto alla ricostruzione della vicenda per cui è processo, nel senso che egli si era limitato a noleggiare un veicolo RAGIONE_SOCIALE insieme all’NOME ed aveva configurato, non disponendo di uno smartphone, a tal fine il proprio profilo sul dispositivo dell’amico, che lo aveva poi in seguito autonomamente utilizzato sostituendosi a lui, senza che ne fosse consapevole.
2.2. Con il secondo motivo l’COGNOME deduce violazione dell’art. 494 cod. pen. in quanto la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto configurato il reato a proprio carico per aver preparato i documenti per l’utilizzo comune della vettura, finendo così per addebitargli una condotta omissiva rispetto ad un reato che è a forma vincolata commissiva.
2.3. Assume infine l’imputato, mediante il terzo motivo di ricorso, violazione dell’art. 533 cod. proc. pen., con riferimento ai principi del “ragionevole dubbio” e della presunzione di non colpevolezza, poiché sarebbe stato posto suo carico l’onere di dimostrare la propria innocenza pur a fronte di una logica e plausibile ricostruzione alternativa della vicenda.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo e il terzo motivo di ricorso, suscettibili di valutazione unitaria, non sono fondati.
Occorre premettere che le decisioni di merito hanno condannato l’COGNOME per il reato di cui all’art. 494 cod. pen. ad esso ascritto in forza della prospettazione accusatoria per la quale, in concorso con un altro soggetto, al fine di procurarsi un vantaggio, avevano creato un account con la società di “car sharing” RAGIONE_SOCIALE utilizzando i suoi dati personali, ma tale account era stato poi adoperato da altre persone utilizzando diverse carte di pagamento ed utenze telefoniche e altrettanti indirizzi di posta elettronica che, a seconda dell’occasione e della necessità, venivano intercambiati e modificati al momento del noleggio,
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sostituendosi tra loro ed inducendo in errore l’azienda nell’erogazione dei propri servizi.
Occorre ulteriormente premettere che le pronunce di primo e secondo grado integrano una c.d. doppia conforme e dunque che ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (ex aliis, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, F., Rv. 277218 – 01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01).
In particolare, il ricorrente è stato ritenuto responsabile insieme al coimputato COGNOME – che ha utilizzato l’account a suo nome – per avergli fornito i propri dati anagrafici e gli estremi della patente di guida al fine d consentirgli di scaricare l’applicativo Enjoj e di utilizzarlo sul proprio smartphone e ciò sebbene fosse peraltro consapevole, come ha ammesso nel corso dell’istruttoria dibattimentale, che l’amico non aveva conseguito la patente di guida.
Proprio per la pacifica consapevolezza in capo al ricorrente di quest’ultima circostanza in sede di merito è stato ritenuto configurato il dolo specifico del delitto di sostituzione di persona, atteso che il consenso prestato dal COGNOME all’utilizzo dei propri dati da parte del coimputato è illuminato nella sua valenza volitiva dal concedere allo stesso la possibilità di utilizzare il veicolo pur non essendo in possesso del titolo per poterlo fare.
Orbene, considerato che è stato lo stesso ricorrente a riconoscere di aver fornito i propri dati e configurato insieme all’NOME l’account sul dispositivo di quest’ultimo non si è realizzata alcuna violazione a carico dell’imputato dei principi che governano la prova nella responsabilità penale, poiché, a fronte di questi elementi, avrebbe dovuto essere piuttosto l’NOME a fornire una ricostruzione alternativa della vicenda.
Tuttavia, a tal fine detta ricostruzione alternativa avrebbe dovuto essere suffragata da qualche riscontro istruttorio, poiché, come questa Corte ha più volte ribadito, è necessario che la ricostruzione dei fatti prospettata dall’imputato che intenda far valere l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza, contrastante con il procedimento argomentativo seguito dal giudice, sia inconfutabile e non rappresentativa soltanto di un’ipotesi alternativa a quella ritenuta nella sentenza impugnata, dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali seppure plausibili (ex ceteris, Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, Manile, Rv. 278237 – 01; Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, C. e altro, Rv. 260409 – 01).
L’NOME non solo non ha fornito alcun concreto elemento istruttorio a sostegno della propria ricostruzione ma ha giustificato, nelle dichiarazioni rese in sede dibattimentale, la propria condotta assumendo di aver configurato l’applicativo sul telefono dell’amico perché il suo in quel momento era spento, salvo cambiare versione a partire dal giudizio di appello e sostenere, come anche in questa sede di legittimità, che la condotta era dovuta al fatto che egli non disponeva di uno smartphone.
Tale contraddittorietà compromette evidentemente alla radice la concretezza e plausibilità della ricostruzione alternativa fornita.
Il secondo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato poiché non si comprende per quale ragione la difesa dell’imputato costruisca la condotta di questi come omissiva avendo posto in essere l’NOME una condotta commissiva, come quella di fornire i propri dati e documenti al coimputato per configurare l’applicativo Enjoj sul telefono di quest’ultimo.
Il ricorso deve dunque essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Il P -.idente
Così deciso in Roma il 21 novembre 2023 Il Consigliere COGNOME