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Sostituzione di persona: concorso con altri reati

Un soggetto, condannato per aver utilizzato buoni spesa contraffatti e documenti di identità altrui, ha impugnato la sentenza sostenendo che il reato di sostituzione di persona dovesse essere assorbito in quello, più grave, di contraffazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che i due reati possono concorrere. La Corte ha stabilito che la presentazione di un documento altrui e la falsa attribuzione di generalità costituiscono una condotta autonoma che lede un bene giuridico distinto (l’affidabilità dell’identificazione personale) rispetto a quello protetto dalla norma sulla contraffazione (la genuinità dei sigilli di un ente pubblico).

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sostituzione di Persona: quando non viene assorbita da reati più gravi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18101/2025, offre un importante chiarimento sui confini del reato di sostituzione di persona e sulla sua autonomia rispetto ad altre figure criminose, come la contraffazione. La decisione analizza un caso di utilizzo di buoni spesa falsificati, ponendo la questione se l’uso dell’identità altrui per spenderli costituisca un reato a sé stante o una mera parte della condotta di contraffazione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una vicenda legata all’utilizzo di buoni spesa emessi da un Comune durante l’emergenza pandemica. L’imputato è stato accusato di aver falsificato tali buoni, recanti il simbolo e l’impronta contraffatti dell’ente pubblico, e di averli utilizzati per effettuare acquisti. Poiché i buoni erano nominativi, per poterli spendere, l’imputato presentava documenti d’identità appartenenti ad altre persone, commettendo così anche i reati di ricettazione, truffa e, appunto, sostituzione di persona.

La Questione Giuridica: Assorbimento o Concorso di Reati?

La difesa dell’imputato ha sostenuto in appello e in Cassazione una tesi basata sul principio di assorbimento (o consunzione). Secondo questa linea difensiva, il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) non doveva essere punito autonomamente, in quanto la sua condotta era interamente contenuta e necessaria per la realizzazione del più grave reato di contraffazione di impronte pubbliche (art. 469 c.p.). In altre parole, l’uso dell’identità altrui era visto come un semplice passaggio obbligato per portare a termine il piano criminoso principale: utilizzare i buoni falsi. Di conseguenza, si chiedeva che la condanna per la sostituzione di persona fosse annullata.

La Decisione della Cassazione e la non applicabilità del principio di assorbimento

La Suprema Corte ha respinto categoricamente questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno confermato la decisione della Corte d’Appello, stabilendo che tra il reato di contraffazione e quello di sostituzione di persona sussiste un concorso materiale di reati, e non un rapporto di assorbimento. Questo significa che entrambe le condotte sono state correttamente punite in modo distinto.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che il principio di assorbimento si applica solo quando un’unica azione lede un solo bene giuridico, anche se astrattamente riconducibile a più norme. Nel caso di specie, invece, le condotte dell’imputato hanno leso due beni giuridici distinti e autonomi.

1. La contraffazione dei buoni spesa ha leso la fede pubblica, ovvero la fiducia dei cittadini nella genuinità dei sigilli e dei simboli di un ente pubblico.
2. La sostituzione di persona, realizzata attraverso l’esibizione della carta d’identità altrui e l’attribuzione a sé di false generalità, ha leso un interesse diverso: l’affidabilità dell’identificazione personale e la protezione contro l’inganno sull’identità di un soggetto.

La Corte ha precisato che la sostituzione non è avvenuta con il semplice uso del buono nominativo, ma con un’azione ulteriore e distinta: la presentazione del documento di un’altra persona. Questa condotta ha una sua piena autonomia e non può essere considerata una mera modalità esecutiva del reato di contraffazione.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: quando più azioni, seppur contestuali e finalizzate a un unico scopo, violano norme che proteggono interessi diversi, si configura un concorso di reati. La sostituzione di persona, quindi, non è un reato “sussidiario” che scompare sempre di fronte a un crimine più grave, ma mantiene la sua autonomia ogni volta che la condotta di inganno sull’identità personale si manifesta in modo distinto e lede l’interesse specifico tutelato dall’art. 494 c.p. Questa pronuncia serve da monito sulla pluralità delle conseguenze penali che possono derivare da un’unica catena di eventi delittuosi.

Il reato di sostituzione di persona può essere assorbito in un reato più grave come la contraffazione?
No, secondo la Corte di Cassazione non vi è assorbimento quando le condotte, pur contestuali, ledono beni giuridici distinti. La sostituzione di persona tutela l’affidabilità dell’identificazione personale, mentre la contraffazione tutela la fede pubblica nella genuinità dei sigilli di un ente. Pertanto, i due reati possono concorrere.

Perché in questo caso la Corte ha ritenuto che la sostituzione di persona fosse un reato autonomo?
La Corte ha stabilito che la sostituzione di persona non si è esaurita nel semplice utilizzo di un buono nominativo falso, ma si è concretizzata attraverso un’azione distinta e ulteriore: la presentazione di un documento d’identità appartenente a un altro soggetto e la fittizia attribuzione a sé stesso di false generalità. Questa condotta è stata considerata autonoma e non una mera modalità esecutiva del reato di contraffazione.

Qual è stato l’esito finale del ricorso presentato alla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, la condanna dell’imputato per entrambi i reati è stata confermata, ed egli è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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