Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 9407 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 9407 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato il 05/06/1987
avverso la sentenza del 07/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni scritte del difensore di fiducia nonché procuratore speciale dell’avv. NOME COGNOME nell’interesse della parte civile NOME COGNOME ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato;
lette le conclusioni scritte del difensore di fiducia avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente con le quali ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 7 giugno 2024 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Tribunale cittadino in composizione
monocratica il 19 dicembre 2022, ha riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena e ha confermato nel resto la condanna dell’imputato alla pena di giustizia, oltre statuizioni civili, per il reato di sostituzione di persona di agli artt. 81, 494 cod. pen.
L’imputato, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in qualità di responsabile del punto vendita “RAGIONE_SOCIALE” aperto presso lo scalo aereo di Punta Raisi e gestito dalla “RAGIONE_SOCIALE“, si procurava un profitto, tramite la ricezione di provvigioni previste per l’attivazione di nuove utenze, sostituendo la propria persona a quella di NOME COGNOME formando la sua falsa firma, riempiendo i relativi moduli contrattuali ed utilizzando i suoi dati personali nell’attivare tre utenze telefoniche, intestate alla NOME a sua insaputa.
Avverso la decisione della Corte d’Appello ha proposto ricorso l’imputato, attraverso il difensore di fiducia, articolando i tre motivi di censura di seguit enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1 Con il primo motivo di ricorso sono stati dedotti violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione del fatto, alla sua sussumibilità nella fattispecie contestata e al conseguente accertamento dei fatti.
A parere della difesa, il fatto contestato andrebbe più correttamente sussunto nell’abrogata fattispecie della falsità in scrittura privata di cui all’art. 485 cod. pe risultando carenti gli elementi costitutivi del reato di sostituzione di persona.
Inoltre, la sentenza impugnata avrebbe travisato il contenuto della delega di indagine del 09/01/2019 laddove non considerando le prove contrarie a sostegno della responsabilità di tale COGNOME NOME, collega del COGNOME.
2.2 Con il secondo motivo di ricorso sono stati dedotti violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 131bis cod. pen., stante la mancata presenza di elementi da cui dedurre l’abitualità del comportamento illecito e l’assenza di un effettivo danno economico subito dalla persona offesa, elementi non ostativi all’applicazione dell’istituto invocato.
2.3 Con il terzo motivo di ricorso sono stati dedotti violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e all’omesso esame delle doglianze difensive in punto di trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel complesso infondato.
Il primo motivo di ricorso risulta infondato.
La ricostruzione difensiva sull’applicabilità del reato di sostituzione di persona, quale ipotesi di reato alternativa alla fattispecie prevista dall’art. 485 cod. pen. deve essere respinta per le seguenti ragioni.
1.1 L’art. 494 cod. pen. punisce chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio, o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, se il fatto non costituisce altro delitto contro la fede pubblica.
Come si evince dalla clausola “se il fatto non costituisce altro delitto contro la fede pubblica” contenuto nella norma incriminatrice, il delitto in esame è sussidiario rispetto ad ogni altro reato contro la fede pubblica; esso, tuttavia, in tanto può ritenersi assorbito in altra figura criminosa in quanto ci si trovi i presenza di un fatto unico, riconducibile contemporaneamente sia alla previsione dell’art. 494 cod. pen. sia a quella di altra norma poste a tutela della fede pubblica; viceversa, quando ci si trovi in presenza di una pluralità di fatti e quindi di azion diverse e separate, si ha concorso materiale di reati (Sez. 5, n. 4981 del 27/01/1998, Lancia, Rv. 210600).
Al contrario, realizza il delitto di falsità materiale in scrittura privata (art. cod. pen.) chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o alter una scrittura privata vera, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso.
Esaminando la questione relativa alla configurabilità del delitto di falso così come contestato, sulla base della tradizionale distinzione elaborata dalla dottrina fra falsità materiale e falsità ideologica, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che per integrare il delitto di falsità in scrittura privata previsto dal 485 cod. pen. è necessaria una modificazione della realtà documentale preesistente rispetto a quella che si fa apparire ad opera dell’autore del falso, come nel caso di una divergenza fra autore apparente ed autore reale del documento o nel caso di un’alterazione del documento dopo la sua formazione (Sez. 2, n. 28076 del 27/06/2012, Napoli, Rv. 253419 – 01).
1.2. Diverso è l’oggetto della tutela giuridica che il legislatore ha voluto improntare alle due fattispecie.
L’art. 485 cod. pen., difatti, mirava a tutelare la fiducia che i consociati ripongono nella sicurezza della circolazione dei documenti e nella protezione degli specifici interessi connessi con la loro genuinità ed integrità; ne conseguiva che la consumazione del reato prescindeva dal verificarsi di un pregiudizio di natura patrimoniale (Sez. 5, n. 3331 del 25/01/2000, Viscomi, Rv. 215582 – 01).
Al contrario, l’art. 494 cod. pen. tutela la fede pubblica (Sez. 5, n. 12062 del 05/02/2021, Di, Rv. 280758 – 02) in quanto può essere sorpresa da inganni relativi alla vera essenza di una persona o alla sua identità o ai suoi attributi sociali; siccome si tratta di inganni che possono superare la ristretta cerchia d’un determinato destinatario, il legislatore ha ravvisato in essi una costante insidia alla fede pubblica, e non soltanto alla fede privata e alla tutela civilistica del diritto nome (Sez. 5, n. 46674 del 08/11/2007, COGNOME, Rv. 238504 – 01).
Nel caso in esame la Corte territoriale ha esaustivamente motivato in ordine alla sussumibilità del fatto nella fattispecie contestata, avendo il ricorrente utilizzato i documenti di identità e i dati personali di NOME COGNOME – di cui aveva la disponibilità poiché trasmessi dalla stessa al solo fine di attivare legittimamente un’utenza telefonica – alla quale si sostituiva allorché formava, compilava e sottoscriveva a nome e all’insaputa della medesima i contratti di applicazione di tre diverse ed ulteriori utenze.
2.1 Secondo il costante indirizzo accolto da questa Corte, difatti, la condotta di colui che crei ed utilizzi una sim-card servendosi dei dati anagrafici di un diverso soggetto, inconsapevole, con il fine di far ricadere su quest’ultimo l’attribuzione delle connessioni eseguite in rete, dissimulandone in tal guisa il personale utilizzo ricade nell’ambito della fattispecie di cui all’art 494 cod. pen., avendo con siffatta modalità l’agente sostituito alla propria l’altrui identità per il gestore contraente
la generalità degli utenti in connessione, a prescindere dalla propalazione all’esterno delle diverse generalità utilizzate (in tema di creazione di account Sez. 5, n. 42572 del 22/06/2018, D., Rv. 274008; Sez. 3, n.12479 del 15/12/2011, dep.2012, COGNOME, Rv. 252227, Sez. 5, n.25774 de123/04/2014, COGNOME, Rv. 259303).
2.2. La ulteriore circostanza evidenziata dalla difesa- ai fini di escludere la penale responsabilità del ricorrente – secondo la quale vi era disponibilità in capo a terzi dei documenti della persona offesa e che le schede illegittimamente poste a nome della stessa fossero state attivate dall’operatore COGNOME NOMECOGNOME il quale agiva su coordinamento del Degachi che era solo il responsabile del punto vendita, non risulta decisiva.
La stessa infatti risulta irrilevante in quanto il dolo specifico previsto dall fattispecie consiste nel fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio patrimoniale o non patrimoniale o anche di recare ad altri un danno (Sez. 5, n. 13296 del 28/01/2013, Marino, Rv. 255344).
3. Il secondo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato.
Nessun contrasto emerge dello sviluppo argonnentativo della sentenza laddove si esclude l’applicabilità dell’istituto della particolare tenuità del fatto.
La motivazione della sentenza impugnata (cfr. pag. 3) non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 2, lett. e) cod. proc. pen., in quanto si sofferma espressamente sulle ragioni che hanno condotto al mancato accoglimento della doglianza difensiva, segnatamente il disvalore della condotta posta in essere, la sua reiterazione nel tempo, nonché l’entità del danno, anche non patrimoniale, subito dalla persona offesa, rimandando, legittimamente, per un esame più approfondito alle ragioni espresse dal Tribunale in primo grado.
4. Il terzo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato.
4.1 Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, il motivo di ricorso che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 3 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decis o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826 – 01; Sez. 3, n. 28535 del
19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244).
4.2 Medesime conclusioni devono essere raggiunte con riguardo alla determinazione in concreto della pena applicata, in quanto tale graduazione, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 3 della sentenza impugnata).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Quanto alla condanna ex art. 541 comma primo cod. proc. pen. al pagamento delle spese di parte civile, va evidenziato che essendo quest’ultima ammessa al gratuito patrocinio, alla liquidazione delle stesse ed alla emissione del decreto di pagamento provvederà ex art. 83 d.P.R. 115 del 2002 il giudice che ha emesso la sentenza passata in giudicato (S.U. Ordinanza n. 5464 del 26/09/2019, dep.2020, COGNOME, Rv. 277760).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Condanna, inoltre, il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a Spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Palermo con separato decreto di pagamento, ai sensi degli artt. 82 e 83 d.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2025.