Sostituzione di Persona: la Cassazione Annulla la Condanna per Mancanza di Prova sull’Inganno
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riacceso i riflettori su un elemento cruciale del reato di sostituzione di persona: l’induzione in errore. Con la sentenza n. 9824/2025, la Suprema Corte ha annullato la condanna di un uomo accusato di aver incassato un assegno destinato a un’altra persona, sottolineando che, senza una prova chiara dell’inganno, il reato non può sussistere. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.
I Fatti del Processo e le Condanne Precedenti
La vicenda giudiziaria ha origine dalla denuncia sporta da una donna, legittima beneficiaria di un rimborso di circa 788 euro da parte di una nota società di servizi elettrici. Secondo l’accusa, un uomo si sarebbe illegittimamente sostituito a lei per incassare la somma, negoziando un assegno emesso dalla società.
Sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano ritenuto l’uomo colpevole del reato di sostituzione di persona. La tesi accusatoria si basava sull’idea che l’imputato, presentandosi come legittimo titolare del credito, avesse indotto in errore la società elettrica e, successivamente, l’operatore bancario che ha materialmente pagato l’assegno.
I Motivi del Ricorso: L’assenza della prova del reato di sostituzione di persona
La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando un punto decisivo. Dagli atti processuali emergeva una circostanza fondamentale: l’assegno incassato dall’uomo non era intestato alla beneficiaria originaria del rimborso, bensì a lui stesso. L’imputato si era quindi limitato a incassare un titolo di credito che lo indicava come legittimo prenditore.
La difesa ha evidenziato come la sentenza d’appello avesse meramente ipotizzato una “probabile falsificazione” del titolo, senza che tale falsificazione fosse mai stata formalmente contestata né provata nel corso del processo. Di conseguenza, veniva a mancare l’elemento centrale del reato: l’induzione in errore. Se l’assegno era intestato all’imputato, in che modo l’operatore bancario sarebbe stato ingannato nel pagarglielo?
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto pienamente le argomentazioni della difesa, ritenendo la motivazione della sentenza d’appello palesemente lacunosa. I giudici supremi hanno osservato che la Corte territoriale, pur ammettendo che l’assegno era stato emesso a favore dell’imputato e da lui firmato per la girata, non aveva spiegato in che modo si fosse concretizzata l’induzione in errore.
La sentenza impugnata si era limitata a formulare un’ipotesi di falsificazione del titolo senza però fornire alcuna prova al riguardo. Non è stato chiarito se l’intestatario fosse vero o apparente, e soprattutto non è stato dimostrato come e perché l’operatore bancario sia stato tratto in inganno. Per configurare il reato di sostituzione di persona, non è sufficiente che un soggetto ottenga un vantaggio che spetterebbe a un altro; è necessario provare che tale vantaggio sia stato conseguito inducendo qualcuno in errore tramite una falsa attribuzione di identità. Mancando la prova di questo nesso causale, il castello accusatorio crolla.
Conclusioni
La Corte ha quindi annullato la sentenza di condanna, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte di Appello per un nuovo giudizio. Questa decisione ribadisce un principio cardine del diritto penale: ogni elemento costitutivo del reato deve essere provato al di là di ogni ragionevole dubbio. Non si possono fondare sentenze di condanna su mere ipotesi o congetture. Nel caso specifico, l’assenza di una prova concreta sull’induzione in errore ha reso la condanna per sostituzione di persona insostenibile. La sentenza rappresenta un importante monito sulla necessità di un’analisi rigorosa di tutti gli elementi della fattispecie penale prima di giungere a una declaratoria di responsabilità.
Per quale reato era stato condannato l’imputato nei primi due gradi di giudizio?
L’imputato era stato condannato per il reato di sostituzione di persona, per aver incassato un assegno relativo a un rimborso destinato a un’altra persona.
Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna?
La Corte ha annullato la sentenza perché la motivazione era carente riguardo a un elemento essenziale del reato: l’induzione in errore. Non era stato provato come l’operatore bancario fosse stato ingannato, dato che l’assegno risultava intestato proprio alla persona che lo stava incassando.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte ha annullato la sentenza impugnata e ha disposto il rinvio del processo ad un’altra Sezione della Corte di appello per un nuovo giudizio, che dovrà riesaminare il caso tenendo conto dei principi espressi.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 9824 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 9824 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ALTAMURA il 28/03/1939 avverso la sentenza del 13/05/2024 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza deliberata il 13/05/2024, la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza del 12/01/2022 con la quale, all’esito del giudizio abbreviato, il Tribunale di Bari aveva dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di sostituzione di persona, perché, al fine di procurarsi un vantaggio, induceva in errore la società RAGIONE_SOCIALE, in quanto, sostituendo illegittimamente la propria alla persona di NOME COGNOME cliente dell’indicata società e beneficiaria del rimborso di circa 788 euro mediante assegno, negoziava detto assegno.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Bari ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME attraverso il difensore Avv. NOME
COGNOME, denunciando – nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – violazione di legge e vizio di motivazione per insussistenza del fatto tipico del reato contestato dell’induzione in errore e inosservanza dell’art. 192 cod. proc. pen. Risulta per tabulas che l’assegno negoziato dall’imputato non era intestato ad NOME COGNOME ma allo stesso COGNOME, il quale si è limitato a incassare un assegno a lui intestato, laddove la falsificazione del titolo ipotizzata dalla sentenza impugnata (“… probabile falsificazione …”), non è stata contestata e non risulta da alcun atto processuale, sicché non emerge in che cosa la condotta dell’imputato sarebbe consistita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto.
La sentenza impugnata dà atto che in atti vi è l’assegno incassato dall’imputato e che il titolo era emesso a favore dello stesso COGNOME «il quale lo ha anche firmato per girata, così conseguendo l’incasso della somma», pur rilevando che beneficiaria della somma era la denunciante. Nei termini indicati, però, la motivazione della sentenza indicata si limita a formulare un’ipotesi di falsificazione del titolo, ma non dà conto dell’induzione in errore dell’operatore bancario che ha versato la somma all’intestatario (vero o apparente: il punto, come si è detto, non risulta accertato) dell’assegno. Ne consegue che la motivazione non dà conto della sussistenza del requisito dell’induzione in errore, sicché sul punto il ricorso individua una lacuna del discorso giustificativo effettivamente sussistente.
Pertanto, la sentenza impugnata, annullata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Bari.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Bari. Così deciso il 07/02/2025.