Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30549 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30549 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal PROCURATORE DELLA REPUBBLICA del Tribunale di Locri, nel procedimento a carico di COGNOME NOME, nato a Locri il DATA_NASCITA, contro la sentenza del Tribunale di Locri del 14.7.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14.7.2023 il Tribunale di Locri aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in relazione al delitto di cui all’art. 641 cod. pen. ritenendo l’azione penale improcedibile per la intempestività della pur proposta querela;
ricorre per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Locri deducendo erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 124 cod. pen., all’art. 83, comma 2, DL 18 del 2020 ed all’art. 11 del DL 43 del 2020: rileva che, per effetto delle disposizioni indicate, il termine per la proposizione della querela era stato sospeso dal 9 marzo all’11.5.2020, sicché la querela doveva ritenersi tempestiva;
il procedimento è stato differito in due occasioni essendo infine pervenuto all’odierna udienza previa rituale notifica dell’avviso al diretto interessato.
CONSIDERATO IN ‘DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Il Tribunale di Locri ha dichiarato improcedibile l’azione penale relativa al delitto di cui all’art. 641 cod. pen. contestato a NOME COGNOME sostenendo che la querela della offesa doveva ritenersi tardiva in quanto presentata in data 14.5.2020 laddove già in data 14.1.2020 il querelante aveva avuto contezza del fatto di reato.
Come è noto, all’insorgere dell’emergenza pandemica, fu adottato il D. 18 del 2020 che, all’art. 83, comma 2, aveva stabilito che “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali”.
Secondo una prima lettura, la sospensione dei termini avrebbe riguardato anche quello stabilito per la proposizione della querela, dovendo considerarsi l’art. 124 cod. pen. una norma “procedurale” anche se non processuale in senso stretto.
Secondo altri, ed alla luce del tenore letterale della disposizione, non risultando alcun riferimento all’art. 124 cod. pen., la sospensione non avrebbe
invece riguardato quel termine che, si era detto, è funzionale alla adozione di un atto prodromico all’instaurarsi del procedimento penale, non potendo perciò riferirsi alla querela le disposizioni dettate con esplicito riguardo ai termin “processuali”.
Come è noto, sulla disposizione dettata dal DL 1.8 del 2020 era intervenuto il “Decreto Rilancio” ovvero il DL.. DL 34 del 2020, entrato in vigore il 19.5.2020, convertito nella legge 77 del 2020, stabilendo, all’art. 221, che “… all’art. 83, comma 2, del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18 … è aggiunto, infine, il seguente periodo: per il periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e 1’11 maggio 2020, si considera sospeso il decorso del termine di cui all’art. 124 del codice penale”.
Si è trattato, dunque, di un intervento che, entrando in vigore il 19 maggio, ha provveduto in relazione ad un periodo pregresso, sospendendo il termine per la querela tra le due date sopra indicate e, perciò, ormai interamente decorso.
Questo dato ha indotto la dottrina ad interrogarsi sulla legittimità della norma di nuovo conio alla luce della sua portata “retroattiva” e, per contro, della natura “mista” – sostanziale e processuale – del regime di procedibilità che, proprio per questo, ha portato la giurisprudenza a ritenere applicabili, in quest’ambito, le disposizioni dettate dall’art. 2 cod. peli, in materia d successione di leggi penali nel tempo (cfr., per una ampia e dettagliata ricostruzione del tema, Sez. 2, n. 225 del 08/11/2018, dep. 04/01/2019, NOME, Rv. 274734 – 01).
Più in particolare, si è osservato che la previsione del DL 34 del 2020 può atteggiarsi e trovare applicazione in diverse situazioni con diverse e non comparabili implicazioni.
Da un lato, infatti, poteva accadere che il termine per proporre querela fosse ancora pendente alla data dell’entrata in vigore del DL “Rilancio” (si tratta, per inciso, della fattispecie esaminata da Sez. 5, n. 7468 del 2024, COGNOME); in tal caso, il termine sarebbe stato per così dire “prolungato” alla luce della particolarissima situazione determinata dalla pandemia da COVID-19 che, d’altra parte, ha consentito di validare, dal punto di vista costituzionale, e sia pure nei limiti individuati dal giudice delle leggi con la sentenza l’intervento operato dal legislatore in punto di sospensione dei termini di prescrizione dei reati commessi, ovviamente, in data antecedente e, come pure si era detto, anche in tal caso con effetto “retroattivo” (cfr., sul punto, Corte Cost. n. 278 del 2020 che, unitamente ad altri profili, aveva giudicato l’intervento normativo legittimo anche sul piano
della ragionevolezza e della proporzionalità, in quanto giustificato dalla tutela del bene della salute collettiva per contenere il rischio di contagio da COVID-19 in un eccezionale momento di emergenza sanitaria).
E, tuttavia, a fianco delle situazioni di (mero) “prolungamento” del termine di cui all’art. 124 cod. pen. ancora pendente, vi potevano essere come nel caso di specie in cui la sentenza impugnata assume la conoscenza del fatto-reato alla data del 14.1.2020 – situazioni nelle quali, alla data d entrata in vigore del DL 34 del 2020, il termine medesimo era già interamente spirato.
In tal caso, infatti, la persona offesa sarebbe decaduta dalla facoltà di proporre querela essendo ormai decorsi i 90 giorni utili sicché la disposizione normativa finirebbe realizzare una sorta di “remissione in termini” autorizzando e consentendone (di nuovo) l’esercizio.
Si è pertanto sostenuto, in dottrina, che la norma di cui al citato art. 221 presenterebbe dei dubbi di legittimità costituzionale avendo introdotto in via retroattiva una disciplina vantaggiosa per il querelante ma sfavorevole al reo nei cui confronti il quale si sarebbe ormai estinta la potestà punitiva statuale e che, per effetto di essa, avrebbe finito per trovarsi nuovamente esposto al rischio dell’instaurarsi di un procedimento penale,
E, tuttavia, come si è osservato, il problema non si porrebbe laddove la disposizione di nuovo conio sia qualificata come una norma meramente interpretativa, diretta cioè a chiarire quanto già (sia pure implicitamente) previsto nel testo originario dell’art. 83 del DL 18 del 2020.
La natura interpretativa della norma escluderebbe, infatti, il profilo di “retroattività” con effetto deteriore per il reo, non consentito dal combinato disposto degli artt. 25 Cost. e 2 cod. pen. (cfr., per alcuni esempi di norme “interpretative” giudicate per questa ragione non in contrasto con il principio di irretroattività della legge sfavorevole, Sez. 1, n. 23455 del 06/05/2003, COGNOME, Rv. 224599 – 01; Sez. 6, n. 6221 del 20/04/2005, dep. 16/02/2006, COGNOME, Rv. 233091 – 01).
Rileva il collegio che questa parrebbe essere stata l’intenzione del legislatore quale si desume dalla relazione illustrativa al DL 34 che, con riferimento all’art. 221, aveva spiegato che “la modifica dell’articolo 83, comma 2, del D.L. 18/2020, in materia di sospensione dei termini dei procedimenti civili e penali si rende necessaria ai fini di dirimere ogni dubbio sul decorso del termine, previsto dall’articolo 124 del codice penale, per la proposizione della querela. Si prevede dunque che, per il periodo dal 9 marzo all’il maggio 2020, corrispondente
al periodo di sospensione ex lege delle attività giudiziarie non urgenti, si deve considerare sospeso il termine di proposizione della querela ai fini della procedibilità dell’azione penale”.
Si tratta di una soluzione che risulta coerente con la ratio dell’intervento normativo che, come è pacifico, era stata quella di ridurre al minimo gli spostamenti delle persone, nonché le riunioni in generale e l’attività degli studi legali in particolare; non era perciò pensabile che, per un verso, si fosse imposto al cittadino di ridurre gli spostamenti, tassativamente vietati in caso di quarantena per contagio già avvenuto e, per questa ragione, disporre la sospensione dei termini e, in sostanza, di tutta l’attività processuale; dall’altro lato, costringer cittadino vittima di un reato ad attivarsi e ad esporsi, recandosi negli uffici competenti per provvedere al deposito della querela, ovvero ad assumere un’iniziativa non di rado conseguente a valutazioni attente e ponderate, necessitanti il supporto di competenze giuridiche tali da rendere opportuno il consiglio e l’assistenza di un legale.
Le considerazioni che precedono impongono, dunque, di ritenere errata la soluzione cui è pervenuto il giudice di merito e l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte d’appello di Reggio Calabria, individuata ai sensi dell’art. 569, comma 4, cod. proc. pen..
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Reggio Calabria.
Così deciso in Roma, il 31.5.2024