Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34705 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34705 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ODERZO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/02/2024 del GIP TRIBUNALE di TREVISO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il G.u.p. del Tribunale di Treviso, con ordinanza del 15 febbraio 2024, sospendeva la trattazione del giudizio nei confronti di NOME COGNOME, in relazione alle imputazioni di bancarotta, ritenendo che essendo in corso il giudizio civile avente ad oggetto la sentenza dichiarativa di fallimento, presupposto non sindacabile da parte del giudice penale, fosse necessario sospendere il giudizio penale.
Il G.u.p., infatti, rilevava che, pur facoltativa la sospensione, nel caso in esame la decisione sullo status di fallito della RAGIONE_SOCIALE fosse di particolare complessità e incidente sulla sussistenza dei fatti di reato, così da dover sospendere il processo penale ex art. 479 cod. proc. pen. in attesa della decisione
n
della Corte di cassazione in sede civile e, dunque, della irrevocabilità della decisione sulla sentenza dichiarativa di fallimento.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce vizio di motivazione, in quanto l’ordinanza impugnata non avrebbe dato conto – se non con un riferimento alla complessità della controversia civile pendente – delle ragioni giustificative della sospensione, ai sensi dell’art. 479 cod. pen., non chiarendo quale sia la ragione indispensabile della sospensione e quale la particolare complessità.
Il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 44 cod. pen. e 479 cod. proc. pen., in quanto il potere di sospensione è eccezionale e comunque collegato a una ragione incidente sulla esistenza del reato.
In tale prospettiva risulta che, essendo la sentenza dichiarativa del fallimento non più ritenuta elemento costitutivo del reato, ma condizione obiettiva di punibilità, le vicende relativa alla pronuncia dichiarativa in sede civile resterebbero estranea alla struttura del reato, che risulta comunque perfezionato. Aderendo anche il G.u.p. alla tesi della condizione obiettiva di punibilità, si paleserebbe la violazione dell’art. 479 cod. proc. pen., in quanto dalla questione pregiudiziale non dipende l’esistenza del reato.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23 comma 8, dl. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, dl. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5-duodecies dl. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte – ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 – con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, evidenziando come il provvedimento oggetto di ricorso non rientra tra quelli aventi caratteristiche di abnormità, e, quindi, direttamente
ricorribili in cassazione, essendo la sospensione del processo prerogativa esistente per il G.u.p.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va premesso che l’ordinanza di sospensione ex art. 479 cod. proc. pen. è per previsione normativa esplicita ricorribile in sé per cassazione, non essendo quindi richiesta l’abnormità come presupposto per dolersene in sede di legittimità.
Quanto al primo motivo, che lamenta vizio di motivazione, va evidenziato come pacifico e condiviso sia il principio – richiamato dal G.u.p. con l’ordinanza impugnata – per cui il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta ex artt. 216 e seguenti R.D. 16 marzo 1942, n. 267 non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato di insolvenza dell’impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore (Sez. U., n. 19601 del 28/02/2008, COGNOME, Rv. 239398 – 01; Sez. 5, n. 10033 del 19/01/2017, NOME, Rv. 269454 01; Sez. 5, n. 21920 del 15/03/2018 COGNOME, Rv. 273188 – 01).
A tale principio si ispira, quindi, l’ordinanza impugnata che individua proprio nella ‘dipendenza’ del giudizio penale dalla valutazione del giudice civile, in ragione della decisività della qualità del fallito, la ragione della sospensione, connessa alla circostanza che gli effetti della sentenza di fallimento sono rimossi soltanto dal passaggio in giudicato della sentenza che, accogliendo l’opposizione, revoca il fallimento (Sez.5, n. 41255 del 16/09/2008, Sgambia, Rv. 241930 – 01).
Va anche chiarito che il GRAGIONE_SOCIALE., come emerge dalla nota 2 del ricorso, aveva ammesso al rito abbreviato l’imputato e che la sospensione è intervenuta a ridosso della decisione del primo grado di giudizio, quindi prima di decidere in ordine alla responsabilità dell’imputato.
Il motivo di ricorso, prospettato ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., deduce mancanza di motivazione, nel caso in esame a ben vedere non ravvisabile, in quanto comunque sussiste una motivazione quanto alla pregiudizialità e alla conseguente complessità della questione, nell’esercizio del potere discrezionale di sospensione attribuito al Giudice, motivazione che questa Corte non può ulteriormente sindacare.
Quanto al secondo motivo, che deduce violazione di legge, individuando il G.u.p. la dichiarazione di fallimento come condizione obiettiva di procedibilità –
· GLYPH estranea alla struttura del reato, per cui non sarebbe possibile disporre la sospensione che deve riguardare l’«esistenza del reato» – deve evidenziare questa Corte che, anche accedendo alla tesi della condizione obiettiva di punibilità, comunque, la decisione in sede civile ha rilievo sul giudizio penale per quanto in precedenza evidenziato e in quanto, come correttamente osserva la dottrina, anche la decisione sulla condizione obiettiva di punibilità può determinare la necessità di sospensione.
D’altro canto, l’espressione dell’art. 479 cod. pen., «esistenza del reato», non va intesa in senso dogmatico ma teleologico, rispetto alla decisione che in sede penale dovrà essere assunta: in sostanza la ratio della norma non è certamente quella di distinguere fra reato inesistente e reato esistente ma non punibile, bensì di evitare che si giunga a una decisione di condanna, anche in sede di giudizio abbreviato, considerato che la sospensione non è finalizzata ad operare sul momento della acquisizione probatoria, ma su quello della decisione; invero, proprio dalla decisione pregiudiziale di altro giudice, il giudice penale attende la possibilità di acquisire, non ulteriori dati probatori, quanto elementi indispensabili al fine di pervenire ad una corretta soluzione (Sez. 5, n. 13780 del 14/01/2002 , COGNOME, Rv. 221315 -01; anche in relazione all’udienza preliminare la sospensione è consentita, come affermato da Sez. 5, n. 43981 del 15/07/2009, Cali, Rv. 245099 – 01).
Ne consegue l’infondatezza dei motivi di ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11/07/2024