Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19297 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19297 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a PACECO il 12/01/1965
avverso la sentenza del 27/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 27 novembre 2024, la Corte di appello di Palermo ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa sede del 19 gennaio 2024, con cui NOME COGNOME COGNOME era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto ed euro 2000,00 di ammenda, in ordine al reato di cui all’art.7, comma 15-bis, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, oltre al pagamento delle spese processuali. Fatto commesso 1’11 luglio 2019 in Palermo.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo due motivi: il primo relativo al vizio di violazione di legge con riferimento all’art.157 cod. pen., per mancanza di motivazione in ordine all’intervenuta prescrizione del reato anteriormente alla pronuncia d’appello; il secondo, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in ossequio al principio della colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con ambedue i motivi manifestamente infondati.
Il primo motivo addotto dal ricorrente è manifestamente infondato in quanto, il reato è stato commesso il 19 aprilo 1919, quindi dopo l’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. legge Orlando), applicabile ai fatti commessi a decorrere dal 3 agosto 2017. Assume decisivo rilievo che, per come evincibile dalla lettura dall’informazione provvisoria n. 19 resa all’esito dell’udienza celebratasi in data 12 dicembre 2024, le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che la sospensione del corso della prescrizione prevista dall’art. 159, commi 2, 3 e 4, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, continua ad essere applicabile, dopo l’introduzione dell’art. 2, comma 1, lett. a), della legge n. 134 del 27 novembre 2021, ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019. Tale legge, come noto, aveva modificato la previgente norma dell’art. 159, comma 2, cod. proc. pen, nonché introdotto la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo per un tempo, comunque, non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi. Ne consegue, dunque, che, nel caso di specie, alla data di emissione della impugnata sentenza di appello (27 novembre 2024), non fosse ancora decorso il termine di prescrizione, trattandosi di reato contravvenzionale, come detto, commesso in data 19 aprile 2019, per il quale
andava pure computato, fra il primo e secondo grado, il periodo di sospensione di un anno e sei mesi previsto dalla c.d. legge Orlando.
Con riferimento al secondo motivo, anch’esso risulta manifestamente infondato poiché afferisce ad una palese illogicità della motivazione non emergente
dal provvedimento impugnato. All’interno del ricorso, invero, si lamenta erroneamente una “vistosa carenza di motivazione”, in quanto la Corte di appello
di Palermo ha adeguatamente motivato la corretta applicazione dell’art.7, comma
15-bis, del Codice della strada, essendo stato pienamente riscontrato dagli agenti ivi intervenuti che il ricorrente svolgeva l’attività di guardia macchine oggetto di
contestazione.
4. All’inammissibilità del ricorso, per questi motivi, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13 maggio 2025.