Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19046 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 09/05/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19046 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Castellammare di Stabia il 01/09/1967,
avverso la sentenza del 18/09/2024 della Corte d’appello di Napoli
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torre annunziata del 28/06/2023, che aveva condannato NOME COGNOME in ordine ai reati urbanistici e paesaggistici di cui ai capi da a) a e) della rubrica, nonchØ per il delitto di violazione dei sigilli, alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione ed euro 600,00 di multa, rideterminava la pena inflitta in pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 600,00 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo, violazione di legge in relazione 157 c.p., essendo i reati estinti per prescrizione prima della sentenza di appello.
Con un secondo motivo, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione del beneficio della pena sospesa.
Il ricorso Ł inammissibile.
3.1. Quanto al primo motivo, l’imputato, pur riportando la data del commesso reato (25 ottobre 2018) e della sentenza di primo grado (28 giugno 2023), omette di considerare che il termine di prescrizione massimo, per le contravvenzioni, Ł pari a cinque anni, con conseguente scadenza alla data del 25 ottobre 2023.
A tale data vanno aggiunti i periodi di sospensione indicati a pagina 4 della sentenza e non contestati dal ricorrente (pari a complessivi 309 giorni), per cui il termine massimo andava a spirare il 29 agosto 2024.
R.G.N. 317/2025
Tuttavia, il ricorrente contesta che, nel caso di specie, la sospensione del termine di prescrizione per effetto della c.d. ‘legge Orlando’, per un periodo di un anno e sei mesi, previsto dall’articolo 159, secondo comma, cod. pen., come introdotto dalla legge n. 103 del 2017, non opererebbe nel caso di specie, in quanto non si verterebbe nel caso di un «termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado», dato che la motivazione della sentenza Ł stata letta in udienza dopo il dispositivo, ai sensi dell’articolo 544, comma 1, cod. proc. pen..
La censura Ł manifestamente infondata.
Come si evince dai lavori preparatori della legge 103/2017, infatti, il termine (massimo) di un anno e sei mesi «si aggiunge» ai termini ordinari per il deposito della sentenza.
In altri termini, Ł irrilevante la circostanza che la motivazione sia letta in udienza o la sentenza sia depositata in un termine compreso tra i 15 e i 90 giorni dalla lettura del dispositivo, in quanto l’intento del legislatore Ł stato quello di prolungare i termini di prescrizione del reato imponendone una cesura tra i vari gradi di giudizio.
La lettura in udienza, anzichØ il successivo deposito, non muta i termini della questione, che, altrimenti, il legislatore avrebbe dovuto «scalettare» il periodo di sospensione in relazione alla durata del termine del deposito della motivazione, il che non Ł.
In conclusione, il motivo di ricorso Ł manifestamente infondato.
3.2. la seconda doglianza Ł tardiva in quanto, dal non contestato riepilogo dei motivi di appello, risulta che l’omessa concessione della pena sospesa non aveva formato oggetto di impugnazione (sull’obbligo di contestare a pena di inammissibilità tale riepilogo ove non conforme ai motivi di appello vedi, ex multis , Sez. 3, n. 11830 del 13/03/2024, COGNOME n.m.; Sez. 3, n. 8657 del 15/02/2024, Immobile, n.m.; Sez. 3, n. 33415 del 19/05/2023, COGNOME n.m.; Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME Rv. 270627 – 01; Sez. 2, n. 9028/2014 del 05/11/2013, Carrieri, Rv. 259066).
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 09/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME