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Sospensione prescrizione: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore Generale in un caso di guida in stato di ebbrezza. Sebbene la Corte d’Appello avesse errato nel calcolare la sospensione prescrizione, la Cassazione ha rilevato che, anche applicando la normativa corretta, il reato si era comunque prescritto nel frattempo. La decisione si fonda sulla sopravvenuta carenza di interesse, poiché l’accoglimento del ricorso non avrebbe portato alcun vantaggio concreto all’accusa.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sospensione prescrizione: quando un ricorso corretto diventa inutile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento sulla disciplina della sospensione prescrizione per i reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019. Il caso, pur confermando l’applicabilità della cosiddetta Legge Orlando, ha portato a una declaratoria di inammissibilità del ricorso per una ragione tanto processuale quanto pragmatica: la sopravvenuta carenza di interesse. Analizziamo insieme i dettagli di questa interessante pronuncia.

I fatti del caso

La vicenda processuale ha origine da un procedimento per reati previsti dal Codice della Strada, commessi nel novembre 2018. In secondo grado, la Corte d’Appello aveva dichiarato i reati estinti per prescrizione. La corte territoriale aveva ritenuto che il termine massimo di 5 anni fosse decorso, escludendo l’applicazione delle norme sulla sospensione prescrizione introdotte dalla Legge n. 103/2017 (riforma Orlando), sulla base di un’interpretazione poi rivelatasi errata.

Contro questa decisione, il Procuratore Generale ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo la tesi opposta: la disciplina della sospensione prevista dalla riforma Orlando doveva essere applicata, impedendo così la maturazione della prescrizione.

La questione della sospensione prescrizione tra le riforme

Il cuore della controversia legale risiedeva nel complesso intreccio di normative succedutesi nel tempo, in particolare la riforma Orlando (L. 103/2017) e la successiva riforma Cartabia (L. 134/2021). La Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto che la seconda avesse reso inapplicabile la prima per il periodo di tempo in cui il reato era stato commesso. Il ricorso del Procuratore Generale si basava, correttamente, sulla continuità applicativa della Legge Orlando per quella specifica finestra temporale.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, nelle sue motivazioni, compie un’analisi precisa e illuminante. In primo luogo, dà atto a una recentissima pronuncia delle Sezioni Unite (dicembre 2024) che ha risolto il contrasto giurisprudenziale, stabilendo che per i reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019, la disciplina della sospensione prescrizione della Legge Orlando continua a trovare piena applicazione.

Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva effettivamente sbagliato. Tuttavia, la Cassazione non si è fermata a questa constatazione. Ha proceduto a ricalcolare i termini, applicando correttamente la normativa. Il calcolo è stato il seguente:

1. Termine di prescrizione base: 5 anni dalla data del reato (18 novembre 2018), con scadenza al 18 novembre 2023.
2. Periodo di sospensione: La legge Orlando prevede una sospensione massima di 1 anno e 6 mesi tra la sentenza di primo grado e quella d’appello. Nel caso specifico, il tempo effettivamente trascorso tra la scadenza per il deposito dei motivi della prima sentenza e la pronuncia della seconda è stato di 9 mesi e 29 giorni.
3. Nuovo termine di prescrizione: Sommando il periodo di sospensione al termine base, la data finale di prescrizione è stata ricalcolata al 17 settembre 2024.

Poiché la decisione della Cassazione è intervenuta nel gennaio 2025, il reato si era comunque già prescritto medio tempore, cioè nel frattempo. Annullare la sentenza d’appello e rinviare il processo sarebbe stato inutile, perché il nuovo giudice non avrebbe potuto fare altro che dichiarare nuovamente la prescrizione. Per questo motivo, il ricorso del Procuratore, sebbene fondato nel diritto, è stato dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse. Non vi era più alcun vantaggio pratico ottenibile dall’accoglimento dell’impugnazione.

Le conclusioni

Questa sentenza è un esempio emblematico di come i principi di economia processuale e di interesse concreto all’impugnazione prevalgano anche di fronte a un errore di diritto commesso da un giudice di merito. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: un ricorso non può essere accolto solo per una mera affermazione di principio, ma deve perseguire un risultato utile e concreto per la parte che lo propone. In questo caso, il tempo aveva già reso irraggiungibile l’obiettivo del Procuratore Generale, rendendo il suo ricorso, pur giuridicamente corretto, processualmente inammissibile.

Qual era la questione giuridica principale affrontata dalla Corte?
La questione centrale era se la disciplina della sospensione della prescrizione introdotta dalla Legge n. 103/2017 (riforma Orlando) fosse ancora applicabile ai reati commessi nel periodo tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019, questione a cui la Corte ha dato risposta affermativa.

Perché il ricorso del Procuratore Generale è stato dichiarato inammissibile nonostante le sue ragioni fossero corrette?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per ‘sopravvenuta carenza di interesse’. Anche se la Corte d’Appello aveva sbagliato, la Cassazione ha ricalcolato i termini e ha scoperto che, persino con la sospensione corretta, il reato si era comunque prescritto prima della data dell’udienza in Cassazione. Pertanto, accogliere il ricorso non avrebbe portato alcun risultato utile.

Come funziona la sospensione della prescrizione secondo la Legge Orlando per il periodo in questione?
Per i fatti commessi dal 3 agosto 2017, la Legge n. 103/2017 ha introdotto una sospensione del corso della prescrizione che opera dal termine per il deposito della sentenza di primo grado fino alla pronuncia della sentenza d’appello, per un periodo comunque non superiore a un anno e sei mesi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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