Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13438 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13438 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOMENOME nato a NAPOLI il 22/09/1979
avverso la sentenza del 09/07/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata con la quale, confermando quella di primo grado, la Corte di appello di Napoli ha ritenuto l’imputato responsabile del reato di cui all’art. 76, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011;
letto il ricorso con il quale sono stati articolati tre motivi rif rispettivamente, alla prescrizione del reato, stante la sua natura contravvenzionale, intervenuta prima della sentenza di appello, alla mancanza di ogni motivazione su tale punto, nonostante la richiesta espressa della relativa declaratoria avanzata alla Corte di appello e alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria richiesta sin dalla proposizione dell’atto di appello;
ritenuto che:
quanto ai primi due motivi, suscettibili di essere esaminati congiuntamente, l’eccezione di prescrizione è manifestamente infondata in ragione del disposto di cui all’art. 159 cod. pen. nella versione applicabile ratione temporis come modificato dall’art. 1 legge n. 103 del 2017;
in particolare, va richiamato quanto già deciso da questa Corte (cfr. Sez. 1, n. 2629 del 29/09/2023, dep. 2024, COGNOME Rv. 285724 – 01, con più precisione in motivazione; sez.4, n.29170 del 28/06/2023, n.m.; sez.7, n.15729 del 28/03/2024, n.rn.), in punto di diritto intertemporale a seguito delle reiterate modifiche del regime della prescrizione fino alla sua definitiva abrogazione ad opera dell’art. 161-bis cod. pen.;
vanno richiamati i principi per cui: a) la disciplina della sospensione prevista dal secondo comma dell’art. 159 cod. pen, come modificato dalla legge n. 103 del 2017, è entrata in vigore in data 3 agosto 2017 ed è stata, successivamente, abrogata dalla legge n. 3/2019, in vigore dal 1 gennaio 2020; b) il secondo comma dell’art. 159 cod. pen., nella predetta versione, ha avuto, perciò, vigenza dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019; c) la disposizione in commento è certamente più favorevole di quelle successive che l’hanno abrogata, perché prevede un allungamento dei termini di prescrizione a fronte di una sua definitiva cessazione alla data della sentenza di primo grado;
nella fattispecie, essendo stato commesso il reato in data 6 maggio 2019, deve pertanto applicarsi la disciplina della sospensione del , corso della prescrizione prevista dalla predetta legge n. 103 del 2017 che prevede l’aggiunta al termine massimo di cinque anni previsto per i reati contravvenzionali di un ulteriore periodo (di sospensione) di un anno e sei mesi, previsto dall’art. 159 cod. pen. nel testo vigente all’epoca del fatto, dal che deriva che il termine di prescrizione del reato de quo vada spirare in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata;
infine, con riferimento all’ultimo motivo di ricorso, la Corte di appello non ha trascurato il corrispondente motivo di impugnazione avendo espressamente
motivato le ragioni della non ammissione alla sanzione sostitutiva in ragione della gravità del fatto;
a tale proposito, si richiama l’arresto secondo cui «in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, il giudice non è tenuto a proporre, in ogni caso, all’imputato l’applicazione di una pena sostitutiva, essendo investito di un potere discrezionale al riguardo, sicché l’omessa formulazione, subito dopo la lettura del dispositivo, dell’avviso di cui all’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., non comporta la nullità della sentenza, presupponendo un’implicita valutazione dell’insussistenza dei presupposti per accedere alla misura sostitutiva» (Sez. 1, n. 2090 del 12/12/2023, S., Rv. 285710);
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/02/2025