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Sospensione prescrizione: il ruolo dei rinvii

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46339/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per resistenza e danneggiamento. La Corte ha stabilito che la sospensione prescrizione include anche i periodi di rinvio udienza richiesti dalla difesa per la messa alla prova. Inoltre, ha confermato il diniego della causa di non punibilità per tenuità del fatto, data l’abitualità della condotta dell’imputato e la gravità dei reati commessi.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sospensione Prescrizione per Messa alla Prova: i Rinvii Contano

La sospensione prescrizione del reato è un istituto cruciale nel diritto processuale penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 46339 del 2024, ha offerto un importante chiarimento su come calcolare tale sospensione nel contesto della messa alla prova, specificando che anche i rinvii d’udienza richiesti dalla difesa per preparare il programma rientrano nel periodo di stop del decorso dei termini. Analizziamo insieme questa decisione fondamentale.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento, commessi nel 2014. La difesa decideva di ricorrere in Cassazione, sollevando due questioni principali. In primo luogo, lamentava il mancato proscioglimento per particolare tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis c.p., sostenendo che la condotta non fosse grave e che non si potesse parlare di abitualità. In secondo luogo, e in via principale, eccepiva l’avvenuta prescrizione dei reati, contestando il calcolo del periodo di sospensione legato alla procedura di messa alla prova.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, dichiarandolo infine inammissibile. La parte più rilevante della sentenza riguarda proprio il calcolo del termine di prescrizione in relazione alla messa alla prova.

La questione della sospensione prescrizione e la messa alla prova

Il ricorrente sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel calcolare il dies a quo (il giorno di inizio) della sospensione prescrizione. Secondo la difesa, il periodo di sospensione sarebbe dovuto iniziare solo con l’ordinanza che disponeva la messa alla prova e non con i precedenti rinvii d’udienza richiesti per elaborare il programma.

La Cassazione ha rigettato questa tesi, affermando un principio consolidato. Ai sensi dell’art. 159, comma 1, n. 3 del codice penale, le richieste di rinvio formulate dal difensore per ragioni non legate all’acquisizione di prove o a termini a difesa determinano la sospensione del corso della prescrizione per tutta la durata del rinvio. La richiesta di un termine per predisporre il programma di messa alla prova rientra a pieno titolo in questa casistica. Di conseguenza, il periodo di sospensione era stato correttamente calcolato dai giudici di merito, includendo anche i rinvii preliminari, e il reato non era prescritto.

Il diniego della non punibilità per tenuità del fatto

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato infondato. La Corte di Cassazione ha ritenuto la censura generica, poiché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva motivato in modo logico e coerente il diniego dell’applicazione dell’art. 131-bis c.p., basandosi su due elementi chiave:

1. L’abitualità della condotta: L’imputato aveva precedenti specifici per reati caratterizzati da violenza contro le persone.
2. La non tenuità dell’offesa: La condotta di guida spericolata aveva creato un grave pericolo per l’incolumità delle persone e il danneggiamento all’auto di servizio non era di lieve entità.

La Suprema Corte ha confermato che tale valutazione, essendo ben motivata e priva di vizi logici, non poteva essere riesaminata in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione delle norme processuali. Per quanto riguarda la sospensione prescrizione, i giudici hanno ribadito che l’istituto della messa alla prova, pur essendo favorevole all’imputato, non può essere strumentalizzato per far decorrere inutilmente i termini di prescrizione. Le richieste di rinvio, quando provengono dalla difesa per finalità procedurali proprie, comportano una giusta e necessaria sospensione del processo e, con esso, della prescrizione. In merito alla tenuità del fatto, la decisione riafferma che la valutazione non può limitarsi al solo danno patrimoniale, ma deve considerare la complessiva gravità della condotta e la personalità dell’autore del reato, inclusi i suoi precedenti penali.

Le Conclusioni

La sentenza n. 46339/2024 consolida un principio fondamentale: ogni rinvio richiesto dalla difesa per la predisposizione della messa alla prova sospende il decorso della prescrizione. Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche, poiché chiarisce che il tempo necessario per accedere a questo beneficio non può giocare a favore dell’imputato ai fini della prescrizione. Inoltre, conferma che l’accesso alla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è precluso a chi manifesta un’abitualità nel commettere reati e quando l’offesa, per le sue modalità, non può essere considerata di lieve entità.

La richiesta di rinvio per preparare la messa alla prova sospende la prescrizione?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che le richieste di differimento delle udienze, formulate dal difensore per dare corso alla procedura di messa alla prova, determinano la sospensione del corso della prescrizione per tutta la durata del rinvio, ai sensi dell’art. 159, comma 1, n. 3 del codice penale.

Quando può essere esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Può essere esclusa in presenza di due condizioni: la ravvisata abitualità delle condotte, desunta da precedenti penali per reati della stessa indole (nel caso di specie, reati con violenza contro le persone), e l’esclusa tenuità dell’offesa, valutata in base alla gravità del pericolo creato e all’entità del danno arrecato.

Cosa comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata determinata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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