Sospensione Prescrizione COVID: La Cassazione Annulla Condanna per Errato Calcolo
La corretta applicazione delle norme sulla sospensione prescrizione COVID continua a essere un tema centrale nelle aule di giustizia. Con la recente sentenza n. 46115/2024, la Corte di Cassazione è intervenuta per annullare una condanna, fornendo chiarimenti decisivi su come calcolare i periodi di sospensione legati alla legislazione emergenziale. La pronuncia sottolinea che tali sospensioni non possono essere applicate in modo automatico o forfettario, ma devono essere ancorate a concrete esigenze processuali, nel pieno rispetto del principio di legalità.
Il caso: un ricorso basato sul calcolo dei termini
Il caso trae origine dal ricorso di un’imputata contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma. La difesa contestava l’erronea applicazione delle norme sulla sospensione dei termini di prescrizione, in particolare l’art. 83 del D.L. n. 18/2020. La Corte territoriale aveva computato un periodo di sospensione di 124 giorni, includendo anche 64 giorni relativi al primo lockdown (8 marzo – 11 maggio 2020), nonostante in tale intervallo non fosse prevista alcuna udienza o attività processuale per il caso di specie. Secondo la ricorrente, questo calcolo aveva artificialmente allungato i termini, impedendo la declaratoria di estinzione del reato.
La sospensione prescrizione COVID secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Analizzando gli atti processuali, i giudici hanno verificato che il processo aveva subito due distinti periodi di sospensione:
1. Una prima sospensione di 60 giorni, dovuta all’adesione dei difensori a un’astensione dalle udienze proclamata dalle associazioni di categoria.
2. Una seconda sospensione legata alla normativa COVID, ma limitata al periodo in cui il processo era stato effettivamente rinviato. L’udienza, già fissata per il 9 giugno 2020, era stata differita d’ufficio. La Corte ha ritenuto che la sospensione potesse operare solo per questo rinvio, calcolandola in 21 giorni (dal 9 al 30 giugno 2020).
La Cassazione ha quindi escluso dal computo il periodo di 64 giorni del primo lockdown, poiché in quel lasso di tempo non vi era alcuna attività processuale da rinviare. Il totale dei giorni di sospensione è stato così rideterminato in 81 giorni (60 + 21), e non 124 come erroneamente calcolato in appello.
Il richiamo alla Corte Costituzionale e il principio di legalità
A sostegno della propria decisione, la Cassazione ha richiamato un principio fondamentale, già sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 140/2021. Tale pronuncia aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale di una parte dell’art. 83, comma 9, del D.L. 18/2020, proprio perché prevedeva una sospensione generalizzata della prescrizione in contrasto con il principio di legalità (art. 25, secondo comma, Cost.).
Secondo la Consulta, una norma che estende la durata della prescrizione deve essere sufficientemente determinata e non retroattiva. La sospensione non può derivare da una previsione vaga, ma deve essere collegata a cause specifiche e tassative. La decisione della Cassazione si allinea perfettamente a questo orientamento, ribadendo che non si può estendere il termine di prescrizione in assenza di un effettivo ostacolo allo svolgimento del processo.
Le motivazioni della decisione
Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su una rigorosa interpretazione delle norme e dei principi costituzionali. Il ricalcolo del termine di prescrizione, basato sull’effettiva sospensione di 81 giorni, ha portato a stabilire che il reato contestato si era già estinto prima della pronuncia della sentenza d’appello. Di conseguenza, non essendo emerse cause di proscioglimento nel merito di immediata evidenza, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza
Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: la sospensione prescrizione COVID non è un meccanismo automatico. La sua applicazione richiede un’analisi puntuale del singolo caso per verificare se, nel periodo indicato dalla normativa emergenziale, fosse effettivamente prevista un’attività processuale poi rinviata. Questa pronuncia rafforza la tutela del principio di legalità e del diritto dell’imputato a una ragionevole durata del processo, impedendo che i termini di prescrizione vengano dilatati in modo ingiustificato. Per gli operatori del diritto, ciò significa dover prestare la massima attenzione al calcolo dei termini, documentando con precisione le cause di ogni singolo rinvio.
La sospensione della prescrizione per l’emergenza COVID-19 si applica automaticamente a tutti i processi?
No, la sentenza chiarisce che la sospensione si applica solo in relazione a udienze o attività processuali effettivamente rinviate a causa della normativa emergenziale. Non opera ‘a prescindere’ se in un dato intervallo di tempo non era prevista alcuna attività.
Come ha ricalcolato la Cassazione il periodo di sospensione in questo caso?
La Corte ha considerato validi solo i 60 giorni per l’astensione dei difensori e 21 giorni per il rinvio effettivo di un’udienza nel periodo emergenziale (dal 9 al 30 giugno 2020), escludendo un calcolo forfettario non legato a specifiche attività processuali.
Qual è il ruolo della sentenza della Corte Costituzionale n. 140/2021 citata nel provvedimento?
Quella sentenza ha dichiarato incostituzionale la norma (art. 83, comma 9, d.l. 18/2020) che prevedeva una sospensione generalizzata della prescrizione per rinvii d’ufficio, perché violava il principio di legalità per insufficiente determinatezza, rafforzando la necessità di un legame diretto tra il rinvio e la causa di sospensione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46115 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 7 Num. 46115 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ROMA il 07/05/1971
avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è ammissibile (in quanto attiene alla violazione di norme di natura sostanziale, che disciplinano l’istituto della prescrizione ed in particolare le cause che determinano la sospensione del corso dei relativi termini) e fondato.
1.1. Con esso la ricorrente contesta l’inosservanza o l’erronea applicazione dell’art. 83, co. 4, D.L. n. 18/2020, quanto all’erroneo calcolo del termine di prescrizione del reato di cui al capo e) dell’imputazione (computato dalla Corte territoriale in 124 gg. anziché in 60 gg., come sostenuto dalla difesa, che obietta non potersi operare la sospensione di giorni 64 per il periodo che corre dall’8 marzo 2020 all’il maggio successivo, non essendosi svolto in detto intervallo alcuna udienza o altra attività processuale).
1.2. Dagli atti compulsati dal Collegio in ragione del vizio denunziato si evince che il processo è rimasto effettivamente sospeso in primo grado per 60 giorni, per adesione dei difensori all’astensione proclamata dalle associazioni di categoria; mentre non risulta alcuna valida ragione di sospensione nel primo periodo di vigenza del citato decreto legge, atteso che la trattazione del processo di primo grado, con udienza fissata al novembre 2019, era differita al 9 giugno 2020; in detto secondo periodo (successivo all’il maggio 2020) la trattazione del processo era ancora differita (con provvedimento presidenziale emesso fuori udienza) al 15 giugno successivo e poi a(24 novembre 2020, ove veniva definito con sentenza. Talché può legittimamente tenersi conto solo della sospensione della prescrizione dal 9 al 30 giugno del 2020, per complessivi 21 giorni, che sommati ai 60, già efficacemente calcolati dalla Corte di merito, portano a differire il dies ad quem del termine di prescrizione, che cadeva il 3 settembre 2024, al 23 novembre 2024 (giorno precedente la decisione impugnata). Il reato per cui si procede era dunque già prescritto prima della decisione della sentenza di appello qui impugnata.
1.3. La Corte costituzionale, con sentenza n. 140/2021 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83, comma 9, (d.l. cit.) nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione per il tempo in cui i procedimenti penali sono rinviati ai sensi del precedente comma 7, lettera g), e in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020. Detta disposizione, infatti, contrasta con il principio di legalità ex art. 25, secondo comma, Cost. a causa dell’insufficiente determinatezza della fattispecie legale dalla quale consegue la sospensione della durata del termine di prescrizione dei reati. Il rispetto del principio di legalità richiede, quindi, che la norma, la quale in ipotesi ampli la durata del termine di prescrizione (art. 157 cod. pen.), ovvero ne preveda il prolungamento come
90-24227/2024
conseguenza dell’applicazione di una regola processuale, sia sufficientemente determinata e, se tale, sia anche non retroattiva e pertanto applicabile sol reati commessi successivamente alla data della sua entrata in vigore.
Va pertanto dichiarata, in assenza di cause di proscioglimento nel mento d immediata evidenza, l’estinzione del reato contestato al capo E, per intervenuta prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato Iffl39~1:1JV è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 novembre 2024.