Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7222 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4   Num. 7222  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a RIETI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 del GIP TRIBUNALE di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sulle conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Sassari con sentenza del 6 luglio 2023 ha applicato ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. a NOME COGNOME, imputato del reato di guida in stato di ebrezza (art. 186, comma 2, lett. c, del d. Igs. 30 aprile 1992, n. 285: tasso alcolemico pari a 1,61 grammi/litro), fatto commesso il 21 giugno 2022 in ora notturna, la pena dallo stesso concordata con il P.M., pena convertita in lavoro di pubblica utilità; ha inoltre disposto «la sospensione della patente di guida per anni 2 sospendendone l’efficacia fino al compimento dei lavori di pubblica utilità» (così alla p. 2 della sentenza impugnata).
 Ricorre per la cassazione della sentenza NOME COGNOME, tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un solo motivo con cui denunzia violazione di legge sotto il profilo della carenza assoluta di motivazione circa la scelta della durata della sanzione accessoria, fissata dal decidente nella misura massima, senza giustificazione, in difformità dai principi fissati dalla Corte di legittimità richiamano al riguardo i precedenti di Sez. 4, n. 37628 del 30/09/2021 e di Sez. 4, n. 35839 del 02/09/2013).
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla determinazione della durata della sospensione della patente.
 Il Procuratore Generale nella requisitoria scritta dell’E; ottobre 2023 ha chiesto annullarsi la sentenza limitatamente alla durata della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente infondato, per le seguenti ragioni.
2.E’ in effetti principio consolidato quello secondo il quale «In tema di guida in stato di ebbrezza, il giudice, nel caso in cui intende fissare la durata della sospensione della patente di guida in misura notevolmente superiore al minimo o addirittura nel massimo, deve, anche in una sentenza di “patteggiamento”, congruamente motivare l’esercizio del suo potere discrezionale sul punto» (Sez. 4, n. 35839 del 12/03/2013, Rossetti, Rv. 256956; nello stesso senso v. già Sez. 4, n. 21194 del 27/03/2012, Tiburzi, Rv. 252738; Sez. 4, n. 2278 del 20/01/1998, COGNOME, Rv. 210395; Sez. 4, n. 2531 del 09/02/1996, COGNOME, Rv. 204587).
Del resto, anche recentemente si è ribadito che «In tema di sospensione della patente di guida applicata con la sentenza di patteggiamento, il giudice deve fornire una motivazione solo quando la misura si discosti dal minimo edittale e non anche quando essa vi coincida, se ne allontani di poco o sia molto più vicina al minimo che al massimo, essendo sufficiente, in tali casi, la motivazione implicita. (Fattispecie in cui /a Corte ha annullato la sentenza limitatamente alla durata della sanzione accessoria, avendo il giudice ritenuto “equa” la durata della sospensione nella misura massima facendo generico riferimento alle modalità, non descritte, di realizzazione della condotta)» (Sez. F, n. 24023 del 20/08/20220, COGNOME NOME, Rv. 279635-02).
3.Ciò posto, il ricorso non è autosufficiente, in quanto assume avere il decidente applicato il massimo della sanzione accessoria (cioè la sospensione della patente di guida nella misura di due anni), sottintendendo che si verta nell’ipotesi in cui l’imputato era alla guida della propria auto, senza tuttavia confrontarsi con la circostanza che la misura di tale sanzione costituisce il minimo edittale ove il contravventore conduca l’automobile di altri (emergendo, peraltro, dai verbali della polizia giudiziaria che la proprietà della vettura è NOME COGNOME).
Essendo, dunque, il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria nella misura, che si stima conforme a diritto ed equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21/11/2023.