Sospensione Patente per Omicidio Stradale: la Gravità del Fatto è il Criterio Decisivo
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della durata della sospensione patente come sanzione accessoria per il reato di omicidio stradale. La Suprema Corte ha chiarito che, una volta stabilita la responsabilità penale, la determinazione della durata della sospensione si basa principalmente sulla gravità oggettiva della condotta, rendendo molto difficile contestare la decisione del giudice di merito se questa è ben motivata.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da un tragico incidente stradale. Un automobilista, a seguito di grave distrazione e imprudenza, invadeva la corsia opposta a velocità non consentita, travolgendo un ciclomotore. L’impatto causava la morte di una persona e il ferimento di un’altra. Inizialmente, al conducente era stata revocata la patente di guida.
Successivamente, in sede di rinvio, la sanzione è stata modificata: il Giudice dell’Udienza Preliminare (G.U.P.) ha applicato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione patente per la durata di due anni. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione.
Il Ricorso e la Tesi Difensiva
Il ricorrente, tramite il suo difensore, ha contestato la decisione del G.U.P. lamentando un vizio di motivazione. Secondo la difesa, la determinazione della durata della sospensione era stata disposta con una motivazione ‘apodittica e insufficiente’. In particolare, si contestava il fatto che il giudice non avesse tenuto in considerazione il corretto comportamento tenuto dall’imputato subito dopo la verificazione dei fatti, un elemento che, a detta della difesa, avrebbe dovuto mitigare la sanzione.
La Valutazione della Corte sulla sospensione patente
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno stabilito che il motivo del ricorso non era proponibile in sede di legittimità, in quanto mirava a una rivalutazione dei fatti già compiuta dal giudice di merito.
La Suprema Corte ha sottolineato come il G.U.P. avesse, al contrario, adempiuto correttamente al suo onere motivazionale. La decisione di applicare una sospensione patente di due anni era stata fondata su una motivazione logica e congrua, immune da vizi.
Le Motivazioni della Cassazione
Il fulcro della decisione della Cassazione risiede nella correttezza del ragionamento del giudice di merito. Quest’ultimo ha giustificato la durata della sanzione evidenziando la ‘particolare gravità della violazione stradale perpetrata’. Gli elementi chiave considerati sono stati:
1. Grave distrazione e imprudenza: la condotta di guida non è stata un errore lieve, ma una palese negligenza.
2. Violazione di plurime disposizioni: l’automobilista ha infranto diverse norme del codice della strada, tra cui l’invasione della corsia opposta e la velocità non consentita.
3. Conseguenze tragiche: la condotta ha cagionato la morte di una persona e il ferimento di un’altra.
La Corte ha ritenuto che questa motivazione fosse più che sufficiente a giustificare la sanzione inflitta. Il tentativo del ricorrente di introdurre una diversa valutazione dei fatti, come il comportamento post-incidente, è stato considerato un’ingerenza nel giudizio di merito, che non compete alla Corte di Cassazione. In sostanza, il giudice di merito ha esercitato la sua discrezionalità in modo corretto, ancorando la sua decisione a elementi oggettivi e gravi.
Le Conclusioni: quali implicazioni pratiche?
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel determinare la durata della sospensione patente per reati stradali gravi, il criterio principale è la gravità oggettiva della condotta che ha causato l’evento. Una motivazione del giudice che lega in modo chiaro e logico la durata della sanzione alla serietà delle violazioni commesse e alle loro conseguenze è difficilmente attaccabile in Cassazione. Per gli automobilisti, ciò significa che il comportamento tenuto dopo l’incidente, sebbene possa avere rilevanza in altri contesti, difficilmente potrà mitigare una sanzione accessoria quando la condotta alla guida è stata di eccezionale gravità.
Quando è possibile contestare in Cassazione la durata della sospensione della patente?
È possibile contestarla solo se la motivazione del giudice è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, ovvero se si basa su un errore di diritto. Non è possibile chiederne una nuova valutazione basata su una diversa interpretazione dei fatti.
Quali sono gli elementi principali che un giudice considera per stabilire la durata della sospensione della patente in caso di omicidio stradale?
Il giudice valuta principalmente la gravità oggettiva della violazione del Codice della Strada. Elementi come la grave imprudenza, la distrazione, la violazione di più norme contemporaneamente e, soprattutto, le conseguenze dannose per le persone (morte o lesioni) sono decisivi per determinare l’entità della sanzione.
Il comportamento tenuto dall’imputato dopo l’incidente può ridurre la durata della sospensione?
Secondo questa ordinanza, il comportamento post-fatto non è stato ritenuto un elemento sufficiente a invalidare la decisione del giudice, il quale ha basato la sua valutazione sulla gravità estrema della condotta di guida che ha causato la tragedia. La motivazione incentrata su tale gravità è stata considerata completa e adeguata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13255 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13255 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LICATA il 17/02/1969
avverso la sentenza del 21/10/2024 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di
AGRIGENTO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 21 ottobre 2024 il G.U.P. del Tribunale di Agrigento decidendo in sede di rinvio a seguito di annullamento, limitatamente alla statuizione concernente la revoca della patente di guida, di una precedente sentenza di applicazione della pena pronunciata in relazione al reato di omicidio stradale – ha applicato a COGNOME la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anni due.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in punto di applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, in quanto disposta con motivazione apodittica e insufficiente, senza tener conto del corretto comportamento avuto dall’imputato subito dopo la verificazione dei fatti.
Il difensore ha depositato successiva memoria scritta con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
L’eccepita censura, infatti, non si confronta adeguatamente con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte di appello che, in maniera esente da ogni vizio logico o contraddizione, ha debitamente rappresentato le ragioni della ritenuta esigenza di applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida nella misura di anni due (cfr. p. 4 della sentenza impugnata).
Il giudice di merito, in particolare, ha correttamente adempiuto al previsto onere motivazionale esplicando, con motivazione logica e congrua, non sindacabile in questa sede di legittimità, come la durata della sospensione della patente di guida fosse stata determinata dalla particolare gravità della violazione stradale perpetrata da parte dell’imputato, che aveva travolto, per grave distrazione e imprudenza, un ciclomotore invadendo la relativa sede stradale a velocità non consentita, con violazione di plurime disposizioni del codice della strada, così cagionando la morte di una persona e le lesioni personali riportate da parte di un’altra vittima.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 19 febbraio 2025