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Sospensione ordine di esecuzione: la Cassazione decide

Un soggetto condannato per un reato di droga con un’aggravante ostativa ha richiesto la sospensione ordine di esecuzione, sostenendo di aver già scontato in presofferto la parte di pena relativa all’aggravante. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che la valutazione va fatta al momento dell’emissione dell’ordine di esecuzione. A quella data, la condizione non era soddisfatta, escludendo di conseguenza la sospensione e rendendo il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sospensione Ordine di Esecuzione e Aggravanti: Quando il Presofferto Non Basta

La sospensione ordine di esecuzione è un istituto fondamentale del nostro ordinamento che consente, a determinate condizioni, di evitare il carcere per pene brevi e accedere a misure alternative. Tuttavia, la presenza di specifiche aggravanti, definite ‘ostative’, complica notevolmente il quadro. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto cruciale: il momento esatto in cui valutare se la parte di pena legata a un’aggravante ostativa sia stata scontata attraverso il presofferto. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato per violazione della legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 4, d.P.R. 309/90) con l’applicazione di un’aggravante specifica (art. 80, comma 2), si è visto notificare un ordine di esecuzione per la carcerazione. L’interessato ha presentato un’istanza al Giudice dell’esecuzione chiedendo la sospensione dell’ordine. La sua tesi si basava su un calcolo preciso: sosteneva di aver già scontato, attraverso la detenzione cautelare (il cosiddetto ‘presofferto’), la quota di pena di sei mesi attribuita specificamente all’aggravante, che era l’elemento ostativo alla sospensione. Di conseguenza, a suo avviso, la pena residua avrebbe dovuto essere sospesa per consentirgli di richiedere misure alternative.

Il Giudice dell’esecuzione, tuttavia, ha respinto la richiesta, sottolineando che al momento dell’emissione dell’ordine di carcerazione, la quota di pena per l’aggravante non risultava ancora espiata.

La Questione Giuridica e la Sospensione Ordine di Esecuzione

L’articolo 656, comma 5, del codice di procedura penale prevede che, per pene detentive inferiori a quattro anni, il Pubblico Ministero emetta l’ordine di carcerazione e contestualmente lo sospenda. Questo meccanismo dà al condannato il tempo di presentare istanza per l’accesso a misure alternative alla detenzione, evitando l’ingresso in carcere.

Esistono però delle eccezioni. La legge esclude questo beneficio per i condannati per reati particolarmente gravi, elencati nell’art. 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario. Nel caso di specie, la condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 4, con l’aggravante dell’art. 80, comma 2, del d.P.R. 309/90, rientra in queste ipotesi ostative. La questione giuridica centrale, quindi, era stabilire se l’avvenuta espiazione della sola parte di pena relativa all’aggravante potesse ‘rimuovere’ l’ostacolo e ripristinare il diritto alla sospensione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e confermando la decisione del Giudice dell’esecuzione. Il principio di diritto affermato è netto: il momento determinante per valutare la sussistenza delle condizioni per la sospensione dell’esecuzione è quello in cui il Pubblico Ministero emette l’ordine di carcerazione.

La Corte ha verificato gli atti e ha constatato che, alla data di emissione dell’ordine (12 novembre 2024), il ricorrente non aveva ancora espiato, neanche parzialmente, la pena inflitta con la sentenza in questione. Di conseguenza, la parte di pena relativa all’aggravante ostativa era ancora interamente da scontare.

Le Motivazioni

La Cassazione ha ribadito che la normativa sulla sospensione ordine di esecuzione, in presenza di reati ostativi, segue una logica rigorosa. Per tali reati, l’esecuzione della pena deve avere inizio. L’eventuale concessione di benefici, come la liberazione anticipata calcolata sul presofferto, può incidere sulla durata della pena, ma non sulla modalità di inizio dell’esecuzione. La legge mira a impedire che chi si è macchiato di reati di particolare allarme sociale possa evitare l’ingresso in istituto penitenziario. La valutazione del Pubblico Ministero non può basarsi su un calcolo futuro o ipotetico, ma deve fondarsi sulla situazione giuridica e fattuale esistente al momento della sua decisione. Poiché in quel preciso istante la pena per l’aggravante non era stata scontata, l’ostacolo alla sospensione era pienamente operativo.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, stabilendo un chiaro punto fermo temporale per la valutazione dei presupposti della sospensione. La decisione chiarisce che il ‘presofferto’ non può essere invocato per neutralizzare un’aggravante ostativa se, al momento dell’emissione dell’ordine di esecuzione, la frazione di pena ad essa relativa non è stata già integralmente scontata. In pratica, non è possibile ‘scindere’ la pena e pretendere una sospensione parziale o condizionata. Per i reati ostativi, la regola generale è l’inizio dell’esecuzione in carcere, e solo successivamente si potranno valutare eventuali benefici o misure alternative.

Quando è esclusa la sospensione dell’ordine di esecuzione di una pena?
La sospensione è esclusa per i condannati per reati considerati ostativi ai sensi dell’art. 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario, come nel caso di specie, dove era presente un’aggravante specifica prevista dalla legge sugli stupefacenti. Per questi reati, l’esecuzione della pena in carcere deve avere inizio.

Il presofferto può essere utilizzato per superare un’aggravante ostativa e ottenere la sospensione?
No, se al momento dell’emissione dell’ordine di esecuzione da parte del Pubblico Ministero la parte di pena relativa all’aggravante ostativa non risulta ancora completamente espiata. La valutazione delle condizioni per la sospensione si cristallizza in quel preciso momento.

Qual è stato il criterio decisivo applicato dalla Corte di Cassazione in questo caso?
Il criterio decisivo è stato quello temporale. La Corte ha stabilito che la verifica dei presupposti per la sospensione va effettuata con riferimento alla data di emissione dell’ordine di esecuzione. Poiché a quella data la pena per l’aggravante non era stata scontata, la sospensione non poteva essere concessa, rendendo il ricorso inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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