Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5499 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 5499  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Paternò (Pa) il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Catania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/7/2023 del Tribunale di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiarare inammissibili i ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18/7/2023, il Tribunale di Catania rigettava l’istanza presentata da NOME COGNOME e NOME COGNOME per ottenere la sospensione dell’ordine di demolizione di cui alla sentenza del Tribunale di Catania n. 87/2011, emessa nei confronti di NOME COGNOME con riguardo a violazioni urbanistiche.
 Propongono congiunto ricorso per cassazione COGNOME e la COGNOME, deducendo – con unico motivo – l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge
penale. Il Giudice non avrebbe considerato che i ricorrenti, assolti dalla contestazione penale nel 2017, avrebbero riacquistato la titolarità dell’area e del fabbricato soltanto a seguito della sentenza del Tar Catania n. 2114 del 28/7/2022, irrevocabile il 26/2/2023, e che di lì a poco – il 19/5/2023 – avrebbero presentato domanda di regolarizzazione urbanistica del fabbricato, sulla quale l’RAGIONE_SOCIALE Paternò avrebbe manifestato l’interesse della collettività all’accoglimento. Il Giudice, pertanto, avrebbe dovuto sospendere l’ordine di demolizione in attesa delle determinazioni urbanistiche del Comune interessato, unico titolare dell’ordine urbanistico (e prontamente intervenuto), peraltro senza alcun pregiudizio per l’interesse dello Stato alla demolizione, specie a 12 anni dalla sentenza di condanna. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.  I ricorsi risultano infondati.
Il Giudice dell’esecuzione, in primo luogo, ha correttamente sottolineato che i ricorrenti avevano presentato domanda di sanatoria edilizia (rectius: di permesso di costruire) soltanto il 19/5/2023, a circa sei anni dalla pronuncia della Corte di appello che aveva reso definitiva la condanna del COGNOME per gli abusi edilizi, e quando il procedimento per la demolizione era già iniziato da tempo; una domanda, dunque, ritenuta dal Giudice “più che altro” finalizzata ad evitare che il procedimento stesso giungesse a compimento. Sul punto, peraltro, appare soltanto suggestiva la tesi della difesa secondo cui i ri orrenti avrebbero agito in tal senso solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza amministrativa (febbraio 2023) che aveva annullato il provvedimento di acquisizione gratuita del manufatto e del fondo al patrimonio disponibile del Comune; se, per un verso, tale sequela cronologica può essere riscontrata (l’ordinanza RAGIONE_SOCIALE, peraltro, era stata annullata solo con riguardo alla misura dell’area acquisita, rispetto a quella oggetto dell’abuso), per altro verso risulta certo – così come afferma l’ordinanza impugnata – che l’immobile non è stato ancora sanato e che, lungo i sei anni citati, non è stata adottata dai ricorrenti alcuna iniziativa in tal senso, pur a fronte di un ordine di demolizione ritualmente irrogato ed oggetto di pronuncia ormai irrevocabile.
4.1. A questo riguardo, peraltro, il Collegio osserva che – contrariamente a quanto affermato nell’impugnazione – i ricorrenti non erano stati “assolti” dalla contestazione loro mossa ai sensi del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380: condannati in primo grado, con ordine di demolizione dell’abuso edilizio, gli stessi erano stati infatti prosciolti in appello per intervenuta prescrizione, con conferma dell’ordine stesso, cui non avevano mai adempiuto.
Sotto altro profilo, poi, il Giudice dell’esecuzione ha correttamente richiamato i presupposti – fissati da questa Corte – in presenza dei quali l’ordine di demolizione è suscettibile di revoca, evidenziandone la radicale assenza nel caso in esame. In particolare, deve essere ribadito che in tema di reati edilizi, il giudice dell’esecuzione investito della richiesta di revoca o di sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive di cui all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è tenuto a esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare: a) il prevedibile risultato dell’istanza e la sussistenza di eventuali caus ostative al suo accoglimento; b) la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell’esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento (Sez. 3, n. 47263 del 25/9/2014, COGNOME, Rv. 261212. Successivamente, tra le molte, Sez. 3, n. 32490 del 3/7/2023, COGNOME; Sez. 3, n. 20678 del 21/2/2023, COGNOME, non massimate). Ebbene, l’ordinanza impugnata ha fatto buon governo di questi principi e ha rigettato l’istanza di sospensione osservando – con argomento non manifestamente illogico – che la procedura di sanatoria non aveva prodotto, allo stato, alcun apprezzabile esito, così che non era prevedibile, né prospettabile, l’emissione in tempi brevi – o comunque individuabili con accettabile precisione – di un provvedimento di sanatoria.
I ricorsi, pertanto, debbono essere rigettati, ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2024
Il C e, si! Here estensore
Il Presidente