Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 36919 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 36919 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME I nato al
GLYPH omissis avverso l’ordinanza del 29/04/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 29 aprile 2024, la Corte di appello di Roma ha respinto l’istanza di GLYPH B.A. GLYPH , condannato in via definitiva con sentenza irrevocabile il 29/02/2024 per i reati di cui agli articoli 73, 80 e 74 d.P.R. n. 309/9 alla pena di anni sette e mesi quattro di reclusione, volta ad ottenere la declaratoria di inefficacia del titolo esecutivo.
Secondo la Corte di appello, correttamente il Procuratore Generale non aveva accolto l’istanza avanzata ai sensi dell’art. 94 d.P.R. n. 309/90 per la sospensione dell’ordine di esecuzione e l’affidamento in prova nei casi particolari in favore di persona tossicodipendente o alcoldipendente che abbia in corso un programma di recupero e quando la condanna sia a pena residua non superiore ai sei anni o ai quattro anni se relative a titoli comprendenti uno dei reati di cui all’art. 4 bis O.P.
E difatti il NOME era stato condannato anche per il reato di cui all’art. 74 d.P.R.
n. 309/90, che rientra tra i delitti di cui all’art. 4 bis 0.P., e il comma 9 dell’art.
656 cod. proc. pen. esclude che la sospensione possa essere concessa in questi casi, salvo che per coloro che siano agli arresti domiciliari e nei loro confronti sia in corso un programma terapeutico; B.A. al momento dell’esecuzione della sentenza era libero e non si trovava agli arresti domiciliari presso la comunità terapeutica dove stava sottoponendosi al percorso riabilitativo.
Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore di B.A. denunciando, con unico motivo, la nullità dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione alla violazione degli articoli d.P.R. n. 309/90 e 656 cod. proc. pen. e contestualmente sollevando questione di legittimità costituzionale.
La Corte di appello di Roma aveva posto una netta distinzione tra imputato libero e imputato detenuto, seppure entrambi sottoposti a programma terapeutico, in base alla quale solo per il secondo opera il beneficio della sospensione del titolo esecutivo.
Tale affermazione si basa sull’interpretazione letterale dell’art. 656, comma 9 lett. a), cod. proc. pen., non costituzionalmente orientata.
Il difensore ha quindi sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 94 d.P.R. n. 309/90 e 656 cod. proc. pen. per contrasto con gli articoli 3, 24 e 27 Cost. nella parte in cui non prevede che l’esecuzione della pena non possa essere disposta nei confronti dei soggetti liberi sottoposti a programma terapeutico da tossicodipendenza o alcoldipendenza in corso al momento del passaggio in giudicato della sentenza. La norma sospettata di incostituzionalità determinerebbe, difatti, una irragionevole disparità di trattamento, favorendo solo gli imputati agli arresti domiciliari ai sensi dell’art. 89 d.P.R. n. 309/90 contrasterebbe con il principio di ragionevolezza una disciplina che impedisca ad un soggetto libero, che ha già intrapreso un adeguato percorso terapeutico di recupero, di proseguirlo per il sopravvenire di un titolo restrittivo intramurario.
Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso, precisando che la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal ricorrente, doveva considerarsi manifestamente infondata perché la disciplina sospettata di incostituzionalità distingue, in realtà, situazioni tra loro non assimilabili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.
Il ricorso si duole, con un motivo articolato in due subordinate richieste,
del fatto che il giudice dell’esecuzione avrebbe deciso sull’istanza di B.A. di sospensione dell’ordine di esecuzione e di affidamento in prova nei casi particolari in favore di persona tossicodipendente o alcoldipendente che abbia in corso un programma di recupero, respingendole entrambi in conseguenza di un’interpretazione letterale dell’art. 656, comma 9 lett. a), cod. proc. pen., non conforme a Costituzione, poiché lo stesso’ B.A. [si trovava presso una comunità di recupero senza tuttavia essere sottoposto a misura cautelare degli arresti domiciliari.
Pertanto ha lamentato in via principale che il giudice dell’esecuzione non ha dato della norma un’interpretazione estensiva in favore del B.A. ; in subordine ha sollevato con il ricorso questione di legittimità costituzionale degli articoli 9 d.P.R. n. 309/90 e 656 cod. proc. pen. per contrasto con gli articoli 3, 24 e 27 Cost. nella parte in cui non prevede che l’esecuzione della pena non possa essere disposta nei confronti dei soggetti liberi sottoposti a programma terapeutico da tossicodipendenza o alcoldipendenza in corso al momento del passaggio in giudicato della sentenza. Secondo il difensore, tale disposizione nella sua formulazione letterale comporta una irragionevole disparità di trattamento, favorendo solo gli imputati agli arresti domiciliari ai sensi dell’art. 89 d.P.R. n. 309/90, e viola il principio di ragionevolezza perché impedisce ad un soggetto libero, che ha già intrapreso un adeguato percorso terapeutico di recupero, di proseguirlo a causa dell’ordine di carcerazione.
Va ricordato che il ricorso per cassazione può avere ad oggetto esclusivo la riproposizione di una questione di legittimità costituzionale dichiarata manifestamente infondata o priva di rilevanza in sede di merito (v. Sez. I, n. 45511 del 11.11.2009, Rv 245509).
Nel caso di specie, poiché il ricorrente propone in via principale un motivo di ricorso inerente la violazione di legge lamentando che il giudice di merito non ha interpretato l’art. 656, comma 9 lett. a), cod. proc. pen. come richiesto con l’istanza di sospensione dell’ordine di esecuzione, il fatto che la questione di legittimità costituzionale venga sollevata in via subordinata rende irrilevante la sua mancata proposizione nel precedente grado di giudizio.
2.1 Va innanzitutto affermato che l’applicazione della disposizione contenuta nell’art. 656, comma 9 lett. a), cod. proc. pen. da parte del giudice di merito è corretta perché aderente all’insuperabile dato testuale di una disposizione di stretta interpretazione e di chiara formulazione; per i delitti di cui all’art. 4bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e quindi anche per gli illeciti di cui agli artt. 80 e 74 d.P.R. n. 309/90, inseriti nell’elenco dei reati ost la sospensione dell’esecuzione non può essere disposta, fatta espressa e limitata
eccezione per coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti nel corso del procedimento e prima del passaggio in giudicato della sentenza ai sensi dell’art. 89 d.P.R. n. 309/90.
Si tratta della condizione di sottoposizione alla specifica misura cautelare d arresti domiciliari, disposta quando imputata è una persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso o abbia deciso di intraprendere un programma terapeutico di recupero presso i servizi pubblici per l’assistenza ai tossicodipendenti, ovvero nell’ambito di una struttura privata autorizzata ai sensi dell’articolo 116 d.P.R. n. 309/90.
Tale misura viene applicata in luogo di quella più restrittiva della custodia cautelare in carcere, sempreché non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando la persona tossicodipendente stia svolgendo già un programma terapeutico e l’interruzione può pregiudicare il suo recupero (art. 89, comma 1, d.P.R. n. 309/90) o quando la persona tossicodipendente, già sottoposta alla custodia cautelare in carcere, ne faccia istanza al fine di sottoporsi ad un programma di recupero (art. 89, comma 2, cit.).
In tali casi il giudice verifica le condizioni di sottoposizione al programma e la disponibilità del servizio pubblico di assistenza o della struttura privata autorizzata; stabilisce i controlli necessari per accertare che il tossicodipendente o l’alcooldipendente prosegua il programma di recupero; indica gli orari ed i giorni nei quali lo stesso può assentarsi per l’attuazione del programma; dispone la custodia cautelare in carcere o ne dispone il ripristino quando accerta che la persona ha interrotto l’esecuzione del programma, ovvero mantiene un comportamento incompatibile con la corretta esecuzione, o quando accerta che la persona non ha collaborato alla definizione del programma o ne ha rifiutato l’esecuzione (art. 89, comma 3, cit.).
A questo si aggiunga che quando si procede per uno dei delitti di cui all’art. 4bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, in forza dell’art. 89, comma 4 d.P.R. n. 309/90, le disposizioni di favore per concedere gli arresti domiciliari di cui ai commi 1 e 2 dello stesso articolo non si applicano; come ha affermato Sez. 5, n. 33863 del 30/06/2021, Rv 281703-01, «ai fini della sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti donniciliari nei confronti di soggetto tossicodipendente che intenda sottoporsi ad un programma di recupero, il giudice, qualora il richiedente sia imputato di uno dei delitti previsti dall’art. 4bis della legge n 26 luglio 1975, n. 354 (nella specie, associazione di tipo mafioso), deve valutare l’esistenza delle esigenze cautelari secondo gli ordinari criteri di cui agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., compresa la presunzione assoluta di adeguatezza esclusiva della custodia cautelare, non essendo applicabile il più favorevole regime previsto dall’art. 89 del d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, in base al quale sono ostative alla concessione degli arresti domiciliari soltanto le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza».
Sicchè l’ipotesi in cui l’ordine di esecuzione debba essere sospeso, nonostante si proceda per uno dei reati di cui all’art. 4bis più volte citato, risulta estremamente circoscritta dal richiamo di norme sin qui passate in rassegna e non appare suscettibile di alcuna interpretazione estensiva.
2.2 Occorre quindi valutare la denunciata illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 94, comma 1, d.P.R. n. 309/90 e 656, comma 9 lett. a), cod. proc. pen. per contrasto con gli articoli 3, 24 e 27 Cost. La questione certamente rilevante nel caso di specie è tuttavia manifestamente infondata alla luce degli orientamenti giurisprudenziali già formatisi in ordine ad altra questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 94 d.P.R. n. 309/90, che denunciava la disparità di trattamento tra condannati che devono espiare una pena superiore ai quattro anni per titolo esecutivo comprendente reato di cui all’articolo 4bis I. n. 354/75 e condannati che devono espiare una pena inferiore a quella soglia per analogo titolo esecutivo (cfr. Sez. 1, n. 20702 del 16/06/2020, Rv 279376-02).
In relazione a tale questione la Corte di Cassazione ha avuto modo di sottolineare come l’art. 94 d.P.R. n. 309/90 stabilisce, in relazione a situazioni diverse, un diverso requisito di accesso all’affidamento in prova terapeutico per coloro che debbano scontare un residuo di pena riferito a reato ostativo previsto dall’art. 4b/s, cit.; non stabilisce alcun automatismo legislativo né alcuna preclusione assoluta fondata su una non vincibile etichetta di pericolosità sociale del richiedente, ma regola le modalità di accesso al beneficio con delle differenziazioni giustificate dalla gravità dei reati ostativi inclusi nel ti esecutivo, indicativi di una maggiore pericolosità sociale del detenuto.
La ratio della norma esprime la valutazione del legislatore riguardo la necessità di un più ampio periodo di osservazione inframuraria lì dove all’interno del cumulo sia ricompreso uno dei reati di cui all’art.4bis citato. E certamente il legislatore può nella sua discrezionalità ritenere necessario un più approfondito controllo del magistrato di sorveglianza anche attraverso periodi di osservazione intramuraria, prima di concedere l’affidamento speciale, a seconda della maggiore gravità della pena.
Tale medesima esigenza giustifica il diverso trattamento delle differenti situazioni nelle quali versano da un lato una persona tossicodipendente che, ai sensi dell’art. 89 d.P.R. 309/90 e alle condizioni sopra ricordate, sta proseguendo un programma di recupero già sottoposto al controllo dell’autorità giudiziaria che ha concesso gli arresti domiciliari e ha vigilato sull’osservanza delle prescrizioni, e dall’altro una persona tossicodipendente che pure ha avviato in stato di libertà un
A
programma di recupero, ma che non è stato sottoposto alle verifiche e alla vigilanza previste per chi sia sottoposto a misura cautelare.
A fronte della particolare gravità dei reati inseriti nel titolo esecutivo riconducibili all’elenco di cui al più volte citato art. 4bis I.n. 354/75, escludere la sospensione dell’ordine di esecuzione per il tossicodipendente che si sia sottoposto a programma di recupero in stato di libertà si rende necessario per la sostanziale differenza tra la sua posizione e quella di chi in regime di arresti domiciliari abbia avviato lo stesso percorso sotto l’osservazione del giudice della cautela, che ha potuto così verificare la reale disponibilità ad aderire al programma e ad osservare le prescrizioni connesse.
L’interesse del condannato a proseguire il trattamento, stante la gravità dei fatti commessi, deve essere contemperato con la necessità di assicurare le indispensabili verifiche da parte di un’autorità giudiziaria, che in tal caso sarà i magistrato di sorveglianza. E l’esecuzione del titolo esecutivo per un verso consentirà la prima attività di osservazione sul condannato e per altro verso non gli impedirà comunque di accedere al programma di recupero che aveva inteso già intraprendere.
La questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente è manifestamente infondata e il provvedimento del giudice dell’esecuzione che ha respinto le sue richieste appare legittimo e conforme alla legge.
Il ricorso deve essere quindi respinto e la sua reiezione importa, a norma dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs.n. 196/03 in quanto imposto dall legge.
Così depiso, 1’11 luglio 2024
Il Consigl . re estensore GLYPH
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Il Presidente
, 7″PREMA 01 CASSAZIONE
NOME COGNOME
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Depositata in Canceiiena oggi
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