Sospensione condizionale della pena: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile?
La concessione della sospensione condizionale della pena è uno dei benefici più significativi nel diritto penale, ma la sua applicazione è subordinata a una valutazione discrezionale del giudice basata su una prognosi favorevole circa il futuro comportamento del reo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Sez. 7, Num. 109/2024) ha ribadito i confini del controllo di legittimità su tale valutazione, dichiarando inammissibile un ricorso che contestava il diniego del beneficio.
I fatti del caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’appello di Napoli. Il ricorrente contestava la decisione dei giudici di merito su due punti fondamentali: il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e, soprattutto, il diniego della sospensione condizionale della pena. Il motivo del ricorso si concentrava su un presunto vizio motivazionale della sentenza d’appello, sostenendo che le argomentazioni della Corte territoriale fossero inadeguate.
La valutazione della Corte di Cassazione sul diniego dei benefici
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. L’analisi dei giudici di legittimità si è soffermata distintamente sui due aspetti contestati, delineando con chiarezza i limiti del proprio sindacato.
Per quanto riguarda le circostanze attenuanti generiche, la Cassazione ha sottolineato che la Corte d’appello aveva fornito una motivazione adeguata. La valutazione degli elementi per la concessione di tali attenuanti rientra in un giudizio di fatto, che, se correttamente motivato, non può essere riesaminato in sede di legittimità.
Il punto cruciale, tuttavia, riguarda il diniego della sospensione condizionale della pena. Anche in questo caso, la Corte ha ritenuto la decisione dei giudici di merito incensurabile.
Le motivazioni della decisione
La motivazione della Corte di Cassazione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la distinzione tra giudizio di fatto e giudizio di legittimità. La Corte d’appello aveva negato il beneficio della sospensione condizionale dopo aver valutato la condotta processuale dell’imputato. Da tale condotta, i giudici di merito avevano tratto una prognosi sfavorevole riguardo alla sua futura astensione dal commettere ulteriori reati.
Secondo la Cassazione, questa valutazione, basata su un’argomentazione logica e coerente, costituisce un apprezzamento di merito che non può essere messo in discussione davanti alla Suprema Corte. Il compito della Cassazione non è quello di riesaminare i fatti e sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo di verificare che la motivazione sia esente da vizi logici o giuridici evidenti. Poiché la motivazione della Corte d’appello era stata ritenuta logica e coerente, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio nel merito. La valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche o della sospensione condizionale della pena è una prerogativa del giudice di merito. Se tale valutazione è supportata da una motivazione logica, non contraddittoria e giuridicamente corretta, essa diventa insindacabile in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, a conferma della definitività della decisione impugnata.
Perché il ricorso contro il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto inammissibile?
Perché la Corte d’appello aveva motivato la sua decisione in modo adeguato, e tale valutazione rappresenta un giudizio di fatto che non può essere riesaminato dalla Corte di Cassazione in sede di legittimità.
Qual è stata la ragione principale per cui è stata negata la sospensione condizionale della pena?
La Corte d’appello ha ritenuto che la condotta processuale dell’imputato indicasse una prognosi sfavorevole, ovvero un concreto rischio che egli potesse commettere altri reati in futuro. Questa valutazione, essendo logica e coerente, non è stata considerata viziata.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende, oltre alla conferma definitiva della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 109 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 109 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NASCIMENTO NOMECOGNOME nato a Santo Anta° (Capo Verde) il 24/07/1981 il
avverso la sentenza del 10/01/2023 della Corte d’appello di Napoli
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta il vizio motivazionale, in relazione agli artt. 62-bis, 133, 163 e 164 cod. pen., con riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena è manifestamente infondato poiché: quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, la Corte d’appello ha motivato in modo adeguato al riguardo, esprimendo un giudizio di fatto non sindacabile in questa sede di legittimità (si veda, in particolare, la quinta pagina della sentenza impugnata); quanto al diniego della sospensione condizionale della pena, la stessa Corte d’appello, con un’argomentazione logica e coerente, incensurabile nel merito, ha ritenuto di non concedere il suddetto beneficio dopo avere valutato che la condotta processuale dell’imputato inducesse a una prognosi sfavorevole in ordine alla sua futura astensione dalla commissione di ulteriori reati (si veda, in particolare, la quinta pagina della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 21 novembre 2023.