Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3597 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3597 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/03/2023 del TRIBUNALE di AREZZO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Arezzo ha dichiarato NOME colpevole della contravvenzione di cui all’art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110 e, per l’effetto, lo ha condannato alla pena di euro 667,00 di ammenda, oltre che al pagamento delle spese processuali; con pena sospesa e non menzione.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, lamentando violazione ed erronea applicazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) cod., prpc. pen, in relazione agli artt. 163 e 164 cod. pen. La difesa si duole della concessione della sospensione condizionale della pena, mai invocata dall’imputato e tale da cagionare una lesione alla sfera giuridica dell’interessato, soggetto incensurato e privo anche di precedenti di polizia. Tale beneficio, infatti, potrebbe in futuro rivela pregiudizievole, inibendo una eventuale nuova concessione del medesimo beneficio.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse, anzitutto in quanto la condanna a pena pecuniaria per contravvenzione, ai sensi dell’art. 164, comma 1, lett. a) cod. pen., non è impeditiva di una eventuale nuova concessione del medesimo beneficio. La difesa, inoltre, non allega o documenta e nemmeno deduce – la sussistenza di interessi giuridicamente valutabili, in quanto correlati alla funzione stessa della sospensione condizionale, consistente nella “individualizzazione” della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato, arrestandosi alla semplice prospettazione di motivi di mera opportunità, come quello di riservare il beneficio per eventuali condanne a pene più gravi. Si richiama, sul punto specifico, il principio d i diritto espresso, tante, da Sez. 1, n. 43217 del 09/02/2018, COGNOME, Rv. 274410, a mente della quale: «È ammissibile l’impugnazione proposta dall’imputato avverso una sentenza di condanna a pena pecuniaria che sia stata condizionalmente sospesa senza sua richiesta, purché il medesimo alleghi e, se necessario, documenti un interesse giuridicamente apprezzabile correlato alla funzione stessa della sospensione condizionale» (nello stesso senso Sez. 3, n. 46586 del 03/10/2019, COGNOME, Rv. 277280; Sez. 3, n. 17384 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 281539; si veda, altresì, Sez. 1, n. 35315 del 25/03/2022, COGNOME, Rv. 283475, che – in una fattispecie relativa alla applicazione “ex officio” del beneficio del sospensione condizionale della pena per condanna alla sola ammenda, ha escluso la sussistenza di un interesse a ricorrere dell’imputato, in quanto l’estinzione dopo un biennio della pena pecuniaria sospesa, ex art. 163 cod. pen., determina una
situazione a lui più favorevole, rispetto a quella che consegue all’eliminazione della iscrizione della condanna decorso un decennio dal pagamento).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P. Q.M .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 07 dicembre 2023.