Sospensione Condizionale della Pena: Se non la Chiedi, non Puoi Lamentarti
La sospensione condizionale della pena è uno degli istituti più importanti del nostro ordinamento penale, capace di incidere profondamente sul percorso di un condannato. Tuttavia, il suo accesso è subordinato a regole procedurali precise. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda un principio fondamentale: per lamentarsi della mancata concessione di questo beneficio in sede di legittimità, è indispensabile averlo richiesto nei precedenti gradi di giudizio. In caso contrario, il ricorso è destinato all’inammissibilità.
Il Caso in Analisi
Due imputati, dopo essere stati condannati dalla Corte d’Appello, hanno presentato ricorso per cassazione. Tra i motivi del ricorso, vi era la doglianza per la mancata applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Tuttavia, dall’analisi degli atti processuali è emerso un dettaglio cruciale: né nell’atto di appello né durante la discussione finale davanti alla Corte territoriale i due imputati avevano mai avanzato una specifica richiesta in tal senso. Questa omissione si è rivelata fatale per l’esito del loro ricorso.
Il Principio di Diritto sulla Sospensione Condizionale
La Corte di Cassazione, nel dichiarare i ricorsi inammissibili, ha ribadito un orientamento consolidato, espresso in una precedente e fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 22533/2019). Il principio è chiaro: sebbene il giudice d’appello abbia un “potere-dovere” di valutare d’ufficio la possibilità di concedere la sospensione condizionale, l’imputato che non ne faccia richiesta nel corso del giudizio di merito non può successivamente dolersi della sua mancata concessione tramite un ricorso per cassazione.
In pratica, si crea una distinzione tra il dovere del giudice e l’onere della parte. Il giudice deve motivare se, pur in presenza dei presupposti, decide di non applicare il beneficio. Tuttavia, l’imputato ha l’onere di manifestare il proprio interesse a ottenerlo. Se l’imputato rimane silente, perde il diritto di sollevare la questione davanti alla Suprema Corte.
Le motivazioni della Corte
La motivazione dell’ordinanza è lineare e si fonda interamente sul principio di diritto sopra esposto. I giudici di legittimità hanno constatato che i ricorsi erano inammissibili proprio perché la richiesta del beneficio non era mai stata avanzata nelle sedi opportune, ovvero durante il giudizio di merito. La Corte ha sottolineato che emergeva chiaramente dai verbali che la questione non era mai stata sollevata dalla difesa. Di conseguenza, appellarsi a questa mancanza per la prima volta in Cassazione costituisce una violazione delle regole procedurali. La Corte, richiamando la sentenza delle Sezioni Unite, ha confermato che l’inerzia dell’imputato nel giudizio di merito preclude la possibilità di contestare la mancata concessione del beneficio in sede di legittimità. La decisione si conclude con la logica conseguenza dell’inammissibilità: la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame offre una lezione pratica di grande importanza per la strategia difensiva. Dimostra che la fase di merito, in particolare il giudizio d’appello, è il momento cruciale per avanzare tutte le istanze a favore dell’imputato, inclusa la richiesta di sospensione condizionale. Omettere di farlo non è una semplice dimenticanza, ma una scelta processuale che preclude future vie di ricorso su quel punto specifico. Per gli imputati e i loro difensori, la lezione è chiara: è necessario essere proattivi e formulare esplicitamente ogni richiesta utile, senza fare affidamento esclusivo sul potere-dovere del giudice di intervenire d’ufficio. Questa pronuncia rafforza la natura del giudizio di cassazione come controllo di legittimità su ciò che è stato deciso e discusso, e non come una terza istanza di merito dove poter rimediare a omissioni precedenti.
È possibile ottenere la sospensione condizionale della pena senza averla richiesta?
Sebbene il giudice d’appello abbia il dovere di valutare d’ufficio la concessione del beneficio, l’imputato non può lamentare la sua mancata applicazione con un ricorso per cassazione se non ne ha mai fatto richiesta durante il giudizio di merito.
Cosa succede se si presenta un ricorso in Cassazione per un motivo ritenuto inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, come in questa ordinanza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Qual è il ruolo del precedente delle Sezioni Unite citato nell’ordinanza?
La sentenza delle Sezioni Unite (n. 22533 del 2019) ha stabilito il principio di diritto vincolante secondo cui l’imputato ha l’onere di richiedere la sospensione condizionale per potersi poi dolere in Cassazione della sua mancata concessione. L’ordinanza si adegua a tale principio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26322 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26322 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MASSA DI SOMMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/04/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME e COGNOME NOME sono inammissibili non essendo stata proposta richiesta del beneficio della sospensione condizionale né con atto di appello né in occasione della discussione finale come emerge dal verbale. Va ribadito che in tema di sospensione condizionale della pena, fermo l’obbligo del giudice d’appello di motivare circa il mancato esercizio del potere-dovere di applicazione di detto beneficio in presenza delle condizioni che ne consentono il riconoscimento, l’imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito. (Sez. U – , Sentenza n. 22533 del 25/10/2018 Ud. (dep. 22/05/2019 ) Rv. 275376 – 01).
Pertanto, i ricorsi sono inammissibili con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 26.1.2024