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Sospensione condizionale: quando non si può ottenere

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso riguardante la mancata concessione della sospensione condizionale della pena. La Corte chiarisce che, in caso di concordato in appello, tale beneficio deve essere parte integrante dell’accordo tra le parti o la questione deve essere esplicitamente devoluta al giudice. In assenza di tali condizioni, il giudice non può concederla d’ufficio.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sospensione Condizionale della Pena: quando non è un diritto

L’istituto della sospensione condizionale della pena rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento, finalizzato a evitare il carcere a chi viene condannato a pene detentive brevi. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e segue regole procedurali precise, soprattutto nell’ambito dei riti alternativi come il concordato in appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 23908/2024) fa luce sui limiti del potere del giudice in questi contesti, chiarendo quando la richiesta di tale beneficio può essere considerata inammissibile.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per reati fiscali, riciclaggio e autoriciclaggio. In secondo grado, le parti avevano raggiunto un accordo sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale (c.d. concordato in appello). La Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva rideterminato la pena finale in 2 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione, oltre a una multa.

Contro questa decisione, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla concessione della sospensione condizionale della pena, nonostante, a suo dire, fosse stata richiesta nei motivi di appello e rientrasse comunque nei poteri decisori del giudice, anche d’ufficio.

Il Ruolo della Sospensione Condizionale della Pena nel Ricorso

Il fulcro del ricorso si basava sull’idea che il giudice d’appello avesse il dovere di valutare la concessione del beneficio, a prescindere dalla sua inclusione esplicita nell’accordo tra le parti. La difesa sosteneva che le condizioni per il riconoscimento della sospensione sussistessero e che la mancata pronuncia sul punto costituisse un errore di diritto che viziava la sentenza.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione chiara e basata su tre punti fondamentali.

1. Mancanza di Richiesta nell’Accordo: In primo luogo, la richiesta di sospensione condizionale non era stata inclusa nell’accordo stipulato tra le parti in appello. Questo è un punto cruciale: il concordato sui motivi di appello definisce l’oggetto della decisione del giudice, che non può andare oltre quanto pattuito.

2. Mancanza di Richiesta nei Motivi di Appello: La Corte ha inoltre rilevato che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la richiesta non risultava nemmeno essere stata formalizzata nei motivi di appello originari. Questa doppia mancanza ha privato la questione di qualsiasi fondamento processuale.

3. Il Principio Giurisprudenziale Consolidato: Richiamando un proprio precedente (Ord. n. 46053/2019), la Cassazione ha ribadito un principio di diritto fondamentale: nel contesto del concordato in appello, la sospensione condizionale della pena può essere concessa solo a due condizioni. O è parte integrante dell’accordo tra le parti, oppure la questione deve essere esplicitamente e specificamente devoluta da entrambe le parti al potere discrezionale del giudice. Poiché nessuna di queste condizioni si era verificata nel caso di specie, la Corte d’Appello non aveva né il potere né il dovere di pronunciarsi sul punto.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: nei procedimenti basati su un accordo tra le parti, come il patteggiamento in appello, ogni richiesta, inclusa quella relativa ai benefici di legge come la sospensione condizionale, deve essere esplicitamente formalizzata. Non si può fare affidamento su un intervento d’ufficio del giudice. La natura ‘pattizia’ del rito limita il campo di azione del giudicante a quanto concordato. Pertanto, è onere della difesa assicurarsi che tutte le istanze a favore del proprio assistito siano inserite chiaramente e tempestivamente negli atti processuali pertinenti, in primis nell’accordo stesso. In caso contrario, come dimostra questa vicenda, il ricorso successivo risulterà inevitabilmente inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando si può ottenere la sospensione condizionale della pena in caso di concordato in appello?
La si può ottenere solo se il beneficio è parte integrante dell’accordo tra le parti oppure se la questione viene esplicitamente e specificamente devoluta da entrambe le parti al potere discrezionale del giudice.

Cosa ha stabilito la Corte riguardo alla richiesta del beneficio non inserita nell’accordo?
La Corte ha stabilito che l’impugnazione è inammissibile. Il giudice non può concedere d’ufficio la sospensione condizionale se questa non è stata prevista nell’accordo o se la decisione non gli è stata espressamente demandata dalle parti.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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