Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6967 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6967 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a COSENZA il 05/07/1966 NOME COGNOME nato a COSENZA il 15/07/1985 NOME COGNOME nato il 27/05/1983
avverso la sentenza del 13/09/2023 della CORTE di APPELLO di CATANZARO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi presentati da COGNOME e COGNOME NOME e il rigetto del ricorso presentato da
NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 13 settembre 2023 la Corte d’Appello di Catanzaro, per quel che qui interessa, confermava la sentenza emessa il 30 marzo 2022 dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Cosenza nei confronti degli imputati COGNOME Alfredo e COGNOME con la quale i detti imputati erano stati dichiarati colpevoli dei reati di cui agli artt. 110 e 81 cpv., 56 e 629 in relazione all’art. 628 comma 2 n. 1) c.p. c.p. e
80 e 73 comma 4 del dpr n. 309/1990, loro rispettivamente e in vario concorso ascritti.
Avverso tale sentenza proponevano ricorso per cassazione, con distinti atti, tutti e tre gli imputati.
La difesa di COGNOME articolava due motivi di doglianza.
Con il primo motivo deduceva mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità del COGNOME in relazione ai delitti di estorsione contestati, assumendo, in particolare, che la stessa persona offesa COGNOME NOME aveva escluso di conoscere il COGNOME e che l’utenza telefonica attraverso la quale erano state veicolate le minacce di morte non era quella intestata al COGNOME bensì quella in uso al coimputato COGNOME.
Con il secondo motivo deduceva inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione in relazione alla mancata riqualificazione del fatto commesso in danno del Garofalo nel reato di cui all’art. 610 cod. pen., considerato che non vi era prova del fatto che la richiesta rivolta alla parte offesa fosse riconducibile a un pregresso debito di droga.
La difesa di COGNOME NOME articolava un unico motivo con il quale deduceva violazione della legge penale, assumendo che la condanna si fondava esclusivamente su conversazioni captate nel corso delle quali non si faceva mai riferimento alla compravendita di sostanza stupefacente.
La difesa di COGNOME articolava un unico motivo con il quale deduceva inosservanza della legge penale e vizio di motivazione con riferimento all’art. 460 cod. pen. e agli artt. 163 e 164 cod. proc. pen., assumendo che ingiustificatamente la Corte territoriale aveva negato il beneficio della sospensione condizionale della pena affermando che l’imputato ne aveva goduto già per due volte, considerato che si trattava di condanne derivanti da due decreti penali di condanna non opposti e che la contravvenzione di cui al decreto penale divenuto esecutivo il 25 marzo 2016 doveva essere ritenuta estinta in forza del disposto di cui all’art. 460 comma 5 c.p.p., considerato che nei due anni successivi alla data di esecutività del decreto l’imputato non aveva commesso alcun reato.
La difesa di COGNOME depositava, inoltre, nelle date 29 ottobre 2024 e 30 ottobre 2024, due memorie illustrative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Si esaminano dapprima i motivi dedotti con il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME.
Il primo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato, se si considera che la Corte territoriale, nel trattare della responsabilità del COGNOME in relazione ai delitti di estorsione contestati, menziona congruamente una molteplicità di conversazioni tra quest’ultimo (che utilizza l’utenza cellulare a lui stesso intestata, come verificato dagli agenti di polizia giudiziaria operanti) e la parte offesa, conversazioni che evidenzia essere di tenore inequivoco quanto alle minacce di morte proferite e al pregresso debito derivante dalla cessione di sostanza stupefacente del quale il COGNOME chiede l’adempimento; si vedano in particolare le pagine 2 e 3 della sentenza impugnata, che al riguardo fa anche richiamo alla sentenza di primo grado, con una motivazione che appare immune dai vizi denunciati in quando argomenta in maniera coerente in merito al contenuto dei dialoghi intercettati.
Parimenti inammissibile, in quanto manifestamente infondato, è il secondo motivo, con il quale si lamenta la mancata riqualificazione del fatto nel reato di violenza privata, dovendosi evidenziare, in proposito, che la Corte d’Appello ha congruamente richiamato il chiaro contenuto dei dialoghi intercettati, nel corso dei quali era palese il riferimento al sottostante “debito di droga”.
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME è parimenti inammissibile in quanto generico e teso a una non consentita nuova interpretazione dei dialoghi intercettati, peraltro menzionati nel ricorso in maniera generica e cumulativa, ciò a fronte della puntuale e compiuta analisi degli stessi effettuata dal giudice di primo grado e richiamata dalla Corte territoriale, analisi con la quale il ricorrente omette del tutto di confrontarsi.
Diversamente, è fondato il ricorso depositato nell’interesse di Cvetanov.
Il ricorrente si duole del mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, deducendo che le due precedenti sospensioni delle quali aveva beneficiato concernevano due decreti penali di condanna, uno dei quali relativo a una contravvenzione che doveva considerarsi estinta, essendo decorsi due anni senza che il Cvetanov avesse commesso nuovi reati, ai sensi dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen., a tenore del quale la contravvenzione è estinta se nel termine di due anni il condannato non
commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole, e in questo caso si estingue ogni effetto penale e la condanna non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena.
La consultazione del certificato del casellario giudiziale agli atti del processo consente di apprezzare che in effetti la contravvenzione accertata con decreto penale emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza in data 9 settembre 2015, esecutivo il 25 marzo 2016 risulta estinta, considerato che risultano decorsi oltre due anni senza che il condannato abbia commesso nuovi reati.
Pertanto la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di NOME COGNOME limitatamente al beneficio della sospensione condizionale, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’Appello di Catanzaro.
Devono, diversamente, essere dichiarati inammissibili i ricorsi di COGNOME e COGNOME NOME, i quali, per l’effetto, devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME limitatamente al beneficio della sospensione condizionale con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di’ Catanzaro. Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME e COGNOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07/11/2024