Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24915 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24915 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 12/05/1980
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del P.G., NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 21 marzo 2025 il Tribunale di Torre Annunziata, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza del condannato NOME COGNOME di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena inflitta con sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del 25 luglio 2018, irrevocabile il 13 novembre 2018, di condanna alla pena di 2 anni di reclusione e 600 euro di multa.
In particolare, il condannato aveva chiesto la concessione della sospensione condizionale della pena in executivis perchØ essa era stata negata dal giudice della cognizione a causa di una precedente pena sospesa che era stata concessa per un reato abrogato; il giudice dell’esecuzione ha respinto l’istanza rilevando che il beneficio non poteva essere concesso perchØ la pena inflitta superava i due anni, calcolando sia la pena detentiva che quella pecuniaria, e perchŁ al momento dell’emissione della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata il reato di cui al precedente ostativo era stato già depenalizzato con d. lgs. 15 gennaio 2016, per cui il giudicato si era già cristallizzato non essendo stato proposto gravame contro la denegata concessione della pena sospesa.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo in cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione perchØ nel caso in cui sia inflitta pena congiunta che supera i limiti dei due anni può essere concessa la sospensione condizionale anche della sola pena detentiva, come da art. 163, comma 1, ultimo periodo, cod. pen.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il ricorso Ł inammissibile.
L’ordinanza impugnata Ł retta da doppia motivazione, tecnica argomentativa legittima che comporta l’onere per il ricorrente di attaccare entrambe le motivazioni a pena di aspecificità dell’impugnazione (Sez. 1, Sentenza n. 38881 del 14/07/2023, COGNOME, n.m.), ed il ricorso attacca soltanto la prima delle due motivazioni (ovvero quella del superamento del limite dei due anni), ma non si confronta con la seconda motivazione, relativa alla impossibilità di concedere la sospensione condizionale della pena in executivis perchØ l’abrogazione del reato di cui al precedente ostativo era antecedente alla data della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata e quindi doveva essere contestata mediante impugnazione della sentenza, senza la possibilità di recuperare mediante incidente di esecuzione la mancata impugnazione del capo della decisione sulla mancata concessione della pena sospesa.
1.1. La ricostruzione del sistema processuale del giudice del merito Ł corretta, perchØ al caso in esame non Ł applicabile l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui ‘il giudice dell’esecuzione, qualora, in applicazione dell’art. 673 cod. proc. pen., pronunci per intervenuta “abolitio criminis” ordinanza di revoca di precedenti condanne, le quali siano state a suo tempo di ostacolo alla concessione della sospensione condizionale della pena per altra condanna, può, nell’ambito dei “provvedimenti conseguenti” alla suddetta pronuncia, concedere il beneficio, previa formulazione del favorevole giudizio prognostico richiesto dall’art. 164, comma primo, cod. pen., sulla base non solo della situazione esistente al momento in cui era stata pronunciata la condanna in questione, ma anche degli elementi sopravvenuti’ (Sez. U, n. 4687 del 20/12/2005, dep. 2006, Catanzaro, Rv. 232610 – 01).
L’applicazione del principio di diritto della pronuncia Catanzaro Ł, infatti, condizionata alla circostanza che la abrogazione del reato sia successiva alla decisione del giudice della cognizione che ha denegato la pena sospesa.
Che la pronuncia Catanzaro abbia dettato un principio applicabile al solo caso in cui la abrogazione sia successiva alla decisione del giudice della cognizione Ł evidente alla lettura del testo della stessa che parla di ‘revoca della sentenza per sopravvenuta abolitio criminis a norma dell’art. 673 c.p.p.’ e di ‘elementi divenuti determinanti, alla luce del diritto sopravvenuto’.
1.2. E’ vero che un pronunciamento successivo, sempre delle Sezioni Unite, ha sostenuto che ‘il giudice dell’esecuzione può revocare, ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen., una sentenza di condanna pronunciata dopo l’entrata in vigore della legge che ha abrogato la norma incriminatrice, allorchØ l’evenienza di abolitio criminis non sia stata rilevata dal giudice della cognizione’ (Sez. U, n. 26259 del 29/10/2015, dep. 2016, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 266872 – 01), ed ha, quindi, ammesso, a certe condizioni, la revoca ex art. 673 cod. proc. pen. anche per il caso in caso in cui la abrogazione sia antecedente alla sentenza di cognizione.
Però, nel caso in esame, che riguarda una ipotesi in cui il reato abrogato non Ł quello per cui Ł stata pronunciata condanna, ma quello che nella motivazione della pronuncia di condanna Ł stato considerato ostacolo alla concessione della pena sospesa, vi Ł una questione in piø che impedisce che dalla previsione dell’art. 673 cod. proc. pen. si possa ricavare, invia consequenziale, la possibilità di applicazione in executivis della pena sospesa, e che attiene ai limiti del potere del giudice dell’esecuzione di interpretazione del giudicato.
1.3. Infatti, nelle ipotesi in cui il precedente penale non Ł di per sØ normativamente ostativo alla concessione della pena sospesa, per non esondare dai limiti del potere-dovere di interpretazione del
giudicato che gli spetta (su cui v., a diversi effetti, Sez. 5, Sentenza n. 12788 del 24/01/2023, COGNOME, Rv. 284264 – 01; Sez. 1, n. 14984 del 13/03/2019, COGNOME, Rv. 275063 – 01), il giudice dell’esecuzione deve ritenere, che, quando la sentenza cita tale precedente nel percorso logico della motivazione che ha negato l’applicazione del beneficio, essa considera il fatto storico che Ł stato giudicato con la precedente sentenza di condanna per reato che Ł stato abrogato quale elemento, o coelemento, di valutazione della non meritevolezza del beneficio nell’ambito del complessivo giudizio che gli spetta ex art. 163 cod. pen.
Come Ł stato ritenuto in un precedente esattamente in termini da questa Sezione, infatti, ‘l’interpretazione di tale valutazione non come un’affermazione di ostatività derivante da precedenti condanne, ma come un giudizio di meritevolezza, Ł corretto, in quanto logico e conforme al testo letterale di quella decisione. Infatti, all’epoca di emissione di detta sentenza, il reato di cui all’art. 527 cod. pen. era stato già depenalizzato da tempo, in quanto la sua depenalizzazione era stata disposta dall’art. 2, d.lgs. n. 8 del 15/01/2016 (Sez. 1, n. 47561 del 29/11/2024, T., n.m.). Con il riferimento al precedente deve ritenersi, pertanto, si sia fatto riferimento ‘alle condotte precedenti, anche se non piø costituenti reato’ (sempre sentenza n. 47561 citata).
In definitiva, nelle ipotesi in cui il precedente penale, per reato che era stato già abrogato nel momento della decisione, non era di per sØ normativamente ostativo alla concessione della pena sospesa, il giudice della esecuzione, nel suo potere-dovere di interpretazione del giudicato, deve ritenere che, negando la pena sospesa a causa dell’esistenza del precedente per reato abrogato, la sentenza di cognizione abbia espresso un giudizio di non meritevolezza del beneficio alla luce delle condotte precedenti, anche se non piø costituenti reato, giudizio di non meritevolezza che non può essere rivisto in sede esecutiva.
1.4. Il ricorso non prende posizione su questo complesso tema dei rapporti con il giudicato, e con l’interpretazione dello stesso, che era contenuto nel provvedimento impugnato, ed esso, pertanto, Ł inammissibile per mancanza di specificità del motivo (Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916, nonchØ, in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823).
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonchØ al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 28/05/2025 Il Consigliere estensore
CARMINE RUSSO
Il Presidente NOME COGNOME