Sospensione Condizionale della Pena: Perché i Giudici Possono Negarla?
La sospensione condizionale della pena è uno degli istituti più noti del nostro ordinamento penale, ma la sua concessione non è mai automatica. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce che la valutazione del giudice va ben oltre la semplice gravità del reato, concentrandosi sulla personalità dell’imputato e sulla sua concreta propensione a commettere nuovi illeciti. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello. La Corte territoriale aveva negato all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena. L’imputato ha quindi deciso di impugnare tale decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che il diniego costituisse una violazione di legge.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo “manifestamente infondato” e quindi inammissibile. Secondo gli Ermellini, la decisione dei giudici di merito era basata su argomentazioni “logiche e ineccepibili”. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: La Sospensione Condizionale della Pena e la Personalità del Reo
Il punto centrale della decisione risiede nelle motivazioni che hanno spinto i giudici a negare il beneficio. La Corte di Cassazione ha sottolineato che la valutazione non si è limitata a un giudizio sulla gravità astratta del reato, ma ha approfondito l’analisi della personalità dell’imputato.
I giudici hanno espresso un giudizio di “prognosi sfavorevole” sulla futura astensione dell’imputato dal commettere reati. Questa prognosi negativa non era arbitraria, ma fondata su elementi concreti:
1. La reiterazione della condotta illecita: L’imputato aveva commesso ripetutamente reati di truffa, dimostrando una continuità nel comportamento criminale.
2. La modalità dell’azione: I reati erano stati perpetrati sfruttando una situazione di “minorata difesa” delle vittime, un fattore che rivela una maggiore pericolosità sociale e una spiccata “capacità a delinquere”.
Questi aspetti soggettivi, secondo la Corte, dimostravano una “rilevante propensione a delinquere” che giustificava ampiamente il diniego della sospensione condizionale della pena.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la concessione della sospensione condizionale della pena è una decisione discrezionale del giudice, che deve basarsi su una valutazione complessiva e approfondita della personalità del condannato. Non è sufficiente che la pena rientri nei limiti di legge; è necessario che il giudice si convinca, sulla base di elementi concreti, che il soggetto si asterrà dal commettere futuri reati. La storia criminale di una persona, le modalità con cui ha agito e la sua generale inclinazione a infrangere la legge sono fattori determinanti che possono legittimamente portare a negare un beneficio che, altrimenti, potrebbe apparire scontato.
Quando può essere negata la sospensione condizionale della pena?
Può essere negata quando il giudice, sulla base di elementi concreti, formula una prognosi sfavorevole sul futuro comportamento del condannato. Elementi come la reiterazione di reati e una spiccata propensione a delinquere possono giustificare il diniego del beneficio.
Cosa significa “prognosi sfavorevole” nella valutazione di un imputato?
Significa che il giudice prevede che l’imputato, in futuro, non si asterrà dal commettere nuovi reati. Questa previsione si basa sull’analisi della sua personalità, del suo passato criminale e delle modalità con cui ha commesso il reato per cui è stato condannato.
La ripetizione di reati simili impedisce sempre la concessione del beneficio?
Secondo questa ordinanza, la reiterazione di condotte illecite, specialmente se dimostra una propensione a delinquere (come nel caso di truffe ripetute), è un elemento fondamentale e logico che la Corte utilizza per negare la sospensione condizionale, in quanto orienta verso una prognosi sfavorevole.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33606 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33606 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ANZIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/12/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione di legge in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, è manifestamente infondato;
che la sentenza impugnata ha posto a base del rigetto della richiesta di applicazione del beneficio argomentazioni logiche e ineccepibili (la reiterazione nel tempo della condotta illecita e la commissione di ulteriori fatti illeciti, p astrattamente compatibili con l’applicazione del beneficio) esprimendo un giudizio di prognosi sfavorevole sulla futura astensione dalla commissione di reati, secondo un giudizio tipicamente di merito che non scade nell’illogicità quando, come nel caso in esame, la valutazione del giudice non si esaurisca nel giudizio di astratta gravità del reato, ma esamini l’incidenza dell’illecito sulla capacità a delinquere dell’imputato e, quindi, evidenzi aspetti soggettivi della personalità dell’imputato che ne hanno orientato la decisione (si veda, in particolare, pagina 6 della sentenza impugnata, ove si valorizza la rilevante propensione a delinquere del ricorrente, oggettivamente dimostrata dalla reiterazione dei reati di truffa e dalle modalità dell’azione, commessa anche facendo leva su una situazione di minorata difesa);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 12 settembre 2025.