Sospensione Condizionale della Pena: Quando il Giudice Dice No
La sospensione condizionale della pena è un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale, ma la sua concessione non è mai automatica. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 992 del 2024, ci offre un chiaro esempio dei criteri che i giudici utilizzano per negare questo beneficio, anche in presenza di un quadro di precedenti penali non particolarmente grave. Analizziamo insieme la decisione per capire quali elementi sono stati decisivi.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna per furto aggravato emessa dal Tribunale di Pisa. La sentenza era stata successivamente confermata dalla Corte di Appello di Firenze. In entrambi i gradi di giudizio, all’imputato era stata negata la concessione della sospensione condizionale della pena. Insoddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando proprio la mancata applicazione di tale beneficio.
Il Ricorso e la questione della sospensione condizionale della pena
L’unico motivo del ricorso si concentrava sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione riguardo al diniego della sospensione condizionale. La difesa sosteneva che i giudici di merito non avessero valutato correttamente la situazione, ma la Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile. Secondo la Suprema Corte, il motivo presentato non era altro che la riproposizione di una censura già esaminata e respinta in appello con una motivazione logica e giuridicamente corretta.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero adeguatamente spiegato le ragioni del loro convincimento. Il punto centrale non era il numero di precedenti penali, ma una valutazione complessiva della personalità e della condotta dell’imputato. Nello specifico, la decisione di negare il beneficio si basava su due elementi chiave:
1. La gravità del fatto: La partecipazione a un furto che aveva generato un “così rilevante profitto” è stata considerata un indice di una certa pericolosità sociale.
2. L’assenza di resipiscenza: I giudici non hanno riscontrato nell’imputato alcun segno di pentimento o di revisione critica del proprio comportamento criminale.
Questi due fattori, valutati insieme, hanno impedito la formulazione di un giudizio prognostico positivo, ovvero la previsione che l’imputato si sarebbe astenuto dal commettere futuri reati. Anche se l’imputato era gravato da una sola precedente condanna per porto d’armi, ciò non è stato sufficiente a convincere i giudici della sua futura buona condotta.
Le Conclusioni: Il Peso del Giudizio Prognostico
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: la sospensione condizionale della pena non è un diritto, ma un beneficio subordinato a una valutazione discrezionale del giudice. Tale valutazione deve fondarsi su un’analisi concreta e non astratta, tenendo conto di tutti gli indicatori disponibili. La gravità del reato commesso e l’atteggiamento post-delittuoso del reo, in particolare la presenza o l’assenza di segni di pentimento, sono elementi determinanti. In assenza di una prognosi favorevole sulla futura condotta, i giudici sono tenuti a negare il beneficio, come correttamente avvenuto in questo caso. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Perché è stata negata la sospensione condizionale della pena in questo caso?
La sospensione è stata negata perché i giudici hanno formulato un giudizio prognostico negativo. Hanno ritenuto che la partecipazione a un furto con un profitto molto rilevante e la totale assenza di segni di pentimento (resipiscenza) non permettessero di prevedere che l’imputato si sarebbe astenuto dal commettere altri reati in futuro.
Avere una sola condanna precedente garantisce la sospensione condizionale?
No. Come dimostra questa ordinanza, anche una sola condanna precedente non è sufficiente per ottenere il beneficio se altri elementi, come la gravità del nuovo reato e l’atteggiamento dell’imputato, portano il giudice a una valutazione negativa sulla sua futura condotta.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione. Di conseguenza, la persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 992 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 992 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a LIVORNO il 28/03/1995
avverso la sentenza del 07/02/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Pisa del 5 aprile 2018 che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di furto aggravato e l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia;
che l’unico motivo di ricorso dell’imputato, che si duole, ai sensi della violazione di legge e del vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., con riferimento alla mancata applicazione della sospensione condizionale della pena è inammissibile perché riproduttivo di un profilo di censura già adeguatamente vagliato e disatteso dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento affermando che, sebbene l’imputato sia gravato da una sola condanna per porto d’armi, la partecipazione ad un furto che ha portato ad un così rilevante profitto in assenza di un qualsiasi elemento di resipiscenza non permette la formulazione di un giudizio prognostico positivo sulla futura astensione dalla commissione di reati;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 13/12/2023.