Sospensione Condizionale Pena: Perché la Cassazione ha detto No?
La sospensione condizionale pena è uno dei benefici più noti nel nostro ordinamento penale, ma la sua concessione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come il comportamento dell’imputato e i suoi precedenti penali possano portare a un diniego. Analizziamo il caso di un uomo condannato per ricettazione di un carnet di assegni, il cui ricorso è stato giudicato inammissibile proprio perché la sua condotta è stata ritenuta ostativa alla concessione del beneficio.
I Fatti del Caso: La Ricettazione di Assegni
Il caso in esame riguarda un soggetto condannato per il reato di ricettazione. L’imputato era entrato in possesso di un carnet contenente dieci assegni di provenienza illecita. Anziché limitarsi a un singolo episodio, ha utilizzato tali assegni in modo continuativo per un periodo di circa due mesi. Questa condotta ha portato i giudici di merito a negargli i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel casellario giudiziale. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge.
La Valutazione della Cassazione sulla Sospensione Condizionale Pena
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo “manifestamente infondato”. I giudici supremi hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, sottolineando come la valutazione negativa sulla concessione dei benefici fosse ampiamente motivata e logica.
L’Intensità del Dolo e la Pervicacia della Condotta
Un punto centrale della decisione riguarda l’analisi della condotta dell’imputato. Il fatto che l’utilizzo degli assegni rubati si sia protratto per circa due mesi non è stato considerato un dettaglio di poco conto. Al contrario, è stato interpretato come un chiaro sintomo:
1. Dell’intensità del dolo: ovvero della piena coscienza e volontà di commettere il reato.
2. Della pervicacia: cioè della determinazione e dell’ostinazione nel proseguire l’attività illecita.
Secondo la Corte, una condotta così reiterata nel tempo dimostra una maggiore pericolosità sociale e rende difficile formulare un giudizio prognostico favorevole, elemento indispensabile per la concessione della sospensione condizionale pena.
Il Ruolo dei Precedenti Penali
Un altro elemento decisivo è stato il precedente penale dell’imputato. La Corte ha rilevato che, a causa di questo precedente, l’imputato non avrebbe comunque potuto beneficiare della non menzione della condanna, come previsto dall’articolo 175 del codice penale. Questo fattore, unito alla valutazione sulla condotta, ha rafforzato la prognosi negativa dei giudici.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si basano su un’applicazione rigorosa degli articoli 133 e 163 del codice penale. L’articolo 133 elenca i criteri che il giudice deve considerare per valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. Tra questi, vi sono le modalità dell’azione e l’intensità del dolo. La Corte d’Appello ha correttamente utilizzato questi criteri per fondare il suo giudizio prognostico negativo. La Cassazione ha ritenuto tale motivazione né illogica né in contrasto con la normativa, confermando che una condotta criminosa ripetuta e protratta nel tempo è un elemento valido per negare la sospensione della pena.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la sospensione condizionale pena non è un diritto, ma un beneficio concesso sulla base di una valutazione discrezionale del giudice. Tale valutazione deve fondarsi su elementi concreti che inducano a ritenere che il condannato si asterrà dal commettere futuri reati. La persistenza e la durata della condotta illecita, insieme a eventuali precedenti penali, sono fattori determinanti che possono legittimamente portare a un giudizio prognostico negativo e, di conseguenza, al diniego del beneficio.
Perché la Corte ha negato la sospensione condizionale della pena?
La Corte ha negato il beneficio perché la condotta dell’imputato, che ha utilizzato assegni rubati per circa due mesi, è stata ritenuta sintomo di un’elevata intensità di dolo e di pervicacia. Questo ha portato a un giudizio prognostico negativo sulla sua futura condotta.
Quale importanza ha la durata della condotta illecita nella valutazione del giudice?
La durata della condotta è fondamentale. Nel caso specifico, il protrarsi dell’illecito per due mesi è stato considerato un indicatore chiave della determinazione criminale dell’imputato, giustificando una valutazione più severa e il diniego dei benefici.
Un precedente penale impedisce sempre di ottenere la non menzione della condanna?
Sì, secondo quanto emerge dall’ordinanza, la presenza di un precedente penale è ostativa alla concessione del beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale, in base a quanto previsto dall’articolo 175 del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10642 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10642 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a L’AQUILA il 16/12/1959
avverso la sentenza del 16/05/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che lamenta violazione di legge in ordine al diniego dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione in relazione al reato di ricettazione di un carnet di dieci assegni di provenienza illecita, è manifestamente infondato perché la Corte ha motivato il giudizio prognostico negativo ostativo alla concessione del beneficio di cui all’art. 163 cod.pen., in relazione alla condotta di utilizzo degli assegni protrattasi per un periodo di tempo di circa due mesi, sintomatico dell’intensità del dolo e della pervicacia con cui ha reiterato le condotte illecite.
Che tali considerazioni non appaiono manifestamente illogiche e risultano conformi al dettato normativo, in quanto fondano la prognosi negativa su elementi di cui all’art.133 cod.pen. ;
Rilevato che l’imputato ha un precedente penale sicchè non avrebbe potuto fruire del beneficio della non menzione di cui all’art. 175 cod.pen. ;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 18 febbraio 2025.