Sospensione condizionale della pena: la disoccupazione non sempre giustifica il mancato pagamento
La sospensione condizionale della pena rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale, finalizzato a favorire il reinserimento sociale del condannato evitando gli effetti desocializzanti del carcere. Tuttavia, tale beneficio è spesso subordinato all’adempimento di specifici obblighi, come il risarcimento del danno. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti entro cui l’impossibilità economica, come lo stato di disoccupazione, può giustificare l’inadempimento e impedire la revoca del beneficio.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una persona condannata la cui pena era stata sospesa a condizione che versasse una provvisionale di 3.000 euro alla parte lesa. Non avendo adempiuto a tale obbligo entro i termini stabiliti, il Tribunale di merito ne aveva revocato il beneficio. La condannata ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di non aver potuto pagare a causa della sua condizione di disoccupazione, che configurerebbe una causa di impossibilità di adempimento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: l’inosservanza degli obblighi imposti con la sospensione condizionale non comporta automaticamente la revoca del beneficio. Il condannato ha la facoltà di dimostrare una “assoluta impossibilità” di adempiere. Tuttavia, spetta a lui fornire una prova convincente di tale impossibilità.
Le motivazioni della decisione sulla sospensione condizionale della pena
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la condannata non avesse fornito elementi sufficienti. La semplice condizione di disoccupazione, secondo gli Ermellini, non è di per sé idonea a dimostrare un’impossibilità di carattere assoluto. La motivazione della Corte si fonda su due punti cruciali:
1. Mancanza di prova di una ricerca attiva di lavoro: La ricorrente si era iscritta al centro per l’impiego solo dopo la richiesta di revoca da parte del Pubblico Ministero. Questo comportamento è stato interpretato come una mancanza di diligenza nel cercare di superare la propria condizione economica per adempiere all’obbligo.
2. Assenza di qualsiasi tentativo di adempimento: La condannata non ha dimostrato di aver compiuto alcun tentativo, neppure parziale, di versare la somma dovuta. Questo ha rafforzato la convinzione della Corte che non vi fosse una reale e assoluta impossibilità, ma piuttosto un’inerzia colpevole.
In sostanza, per evitare la revoca della sospensione condizionale della pena, non basta allegare una difficoltà economica; è necessario dimostrare attivamente e concretamente di aver fatto tutto il possibile per superare tale difficoltà e adempiere, anche solo in parte, a quanto stabilito dal giudice.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia rafforza l’idea che la sospensione condizionale della pena non è un diritto incondizionato, ma un beneficio concesso sulla base di un patto di fiducia tra lo Stato e il condannato. La decisione sottolinea che l’onere della prova dell’impossibilità di adempiere grava interamente sul condannato, il quale deve fornire prove concrete e non limitarsi a dichiarazioni generiche sul proprio stato economico. Per i professionisti legali, ciò significa dover istruire i propri assistiti sulla necessità di documentare scrupolosamente ogni sforzo compiuto per rispettare gli obblighi imposti, come la ricerca di un lavoro o offerte di pagamento parziale, al fine di costruire una solida difesa in caso di contestazione.
La mancata osservanza degli obblighi legati alla sospensione condizionale della pena comporta sempre la revoca automatica del beneficio?
No, la revoca non è automatica. L’interessato può evitare la revoca dimostrando la comprovata e assoluta impossibilità di adempiere agli obblighi imposti, come il pagamento di una somma di denaro.
Essere disoccupati è una giustificazione sufficiente per non pagare una provvisionale e mantenere la sospensione condizionale della pena?
No, secondo la Corte la sola condizione formale di disoccupazione non è sufficiente. È necessario che il condannato dimostri con elementi concreti di aver cercato attivamente un lavoro e di aver tentato, anche solo parzialmente, di adempiere all’obbligo, provando così una “assoluta impossibilità” di pagamento.
Cosa succede se un ricorso contro la revoca della sospensione condizionale viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, qualora venga ravvisata una colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27046 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27046 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SGIBNEVA NOME NOME NOME DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/12/2023 del TRIBUNALE di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso proposto da NOME COGNOME;
Considerato che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che «Nell’ipotesi di subordinazione della sospensione condizionale della pena all’adempimento di determinati obblighi, l’inosservanza di questi da parte del condanNOME non comporta la revoca automatica del beneficio, potendo l’interessato allegare la comprovata impossibilità dell’adempimento» (Sez. 2, n. 1656 del 06/03/1998, Fontana, Rv. 211917 – 01), e che, per converso, solo la dimostrazione, da parte del condanNOME, dell’assoluta impossibilità di provvedere, preclude l’adozione, in sede esecutiva, dell’ordinanza di revoca (Sez. 1, n. 43905 del 14/10/2013, Bullo, Rv. 257587 – 01);
Rilevato che il provvedimento impugNOME nel disporre la revoca della sospensione condizionale della pena per il mancato pagamento – entro il termine fissato in sede di cognizione – della provvisionale di euro 3.000 da parte, ha osservato, con motivazione adeguata e non contraddittoria, che la condannata non aveva dedotto condizioni utili a dimostrare convincentemente la sua assoluta impossibilità di adempimento. Tale non poteva essere considerata la formale condizione di disoccupazione, in sé non idonea a configurare un impedimento di carattere assoluto in assenza di allegazioni sulla ricerca da parte dell’interessata di attività lavorativa (la condannata si era iscritta al centro per l’impego solo dopo la richiesta del AVV_NOTAIO ministero di revoca del beneficio) e di qualsiasi tentativo di adempiere (anche in modo parziale) all’obbligo impostole
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 6 giugno 2024.