Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20318 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20318 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
La NOME nato a Palermo il 10/08/1972
avverso la sentenza del 04/07/2024 della Corte d’appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere, NOME COGNOME
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo, in sede di rinvio disposto a seguito di annullamento, pronunciato da questa Corte, sezione Quinta penale, con sentenza n. 9969 -23, del 13 dicembre 2022, relativamente alla sentenza della medesima Corte, del 9 dicembre 2020, ha riformato quest’ultima escludendo la circostanza aggravante di cui all’art. 219 , secondo comma, n. 1 legge fall. contestata a NOME COGNOME (non ricorrente) e NOME COGNOME con rideterminazione della pena irrogata in quella di anni due di reclusione e conferma, nel resto, la sentenza impugnata.
1.1. Il Tribunale in sede, in data 12 settembre 2016, aveva ritenuto il concorso di COGNOME e NOME COGNOME nei reati di bancarotta fraudolenta distrattiva
nonché di bancarotta semplice (così diversamente qualificando quest’ultima fattispecie, rispetto a quella di bancarotta fraudolenta documentale originariamente contestata), in relazione alla società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 18 gennaio 2010.
Secondo i giudici di merito, COGNOME nella qualità di amministratore unico della società, dal 28 febbraio 2007 al 5 dicembre 2008, in concorso con COGNOME, avevano attuato una complessa operazione volta a svuotare la società, privandola del proprio patrimonio e soprattutto del suo core business (vendita al dettaglio di videogiochi), attraverso la cessione del relativo ramo azienda ad altra società, lasciando alla fallita esclusivamente i debiti verso la banca e l’Erario nonché un’attività, di fatto inattiva (quella di riparazione), con un pesantissimo disavanzo economico.
Le quote societarie della RAGIONE_SOCIALE, poi, venivano cedute da RAGIONE_SOCIALE a COGNOME, che acquistava “una scatola vuota”, improduttiva, appesantita da un rilevante passivo e destinata all’inevitabile fallimento.
Il primo giudice riteneva i due imputati responsabili anche del reato di bancarotta semplice, per aver tenuto le scritture contabili in maniera superficiale e frammentaria.
Quindi, concesse le circostanze attenuanti generiche, reputate equivalenti alla circostanza di cui all’art. 219, secondo comma, n. 1 legge fall., entrambi erano stati condannati alla pena principale di anni tre di reclusione, oltre pene accessorie.
1.2. La prima sentenza della Corte territoriale aveva confermato la condanna nei confronti di entrambi gli imputati e, su ricorso per cassazione di La Duca, questa Corte, con la sentenza rescindente, ha annullato senza rinvio la pronuncia di secondo grado limitatamente al reato di bancarotta semplice per intervenuta estinzione per prescrizione, con rinvio per nuovo giudizio quanto alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
1.3. La sentenza impugnata ha escluso l ‘indicata circostanza aggravante di cui all’art. 219 legge fall., rideterminando la pena irrogata in quella di anni due di reclusione, confermando, nel resto, la pronuncia del 9 dicembre 2020.
Avverso il descritto provvedimento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME denunciando, attraverso un unico motivo, inosservanza o erronea applicazione di legge penale, con riferimento alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
La sentenza impugnata ha escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 219, secondo comma, n. 1 legge fall., per effetto della pronunciata prescrizione del reato di bancarotta semplice, rideterminando la pena in una misura che
avrebbe consentito la concessione della sospensione condizionale della pena richiesta nel primo giudizio di appello.
A tal fine, si segnala lo stato di incensuratezza dell’imputato, la desistenza dalla commissione di ulteriori reati, l’indice di bassa caratura delinquenziale dell’odierno ricorrente.
Si osserva, poi, che il fatto non desta grave allarme sociale e che l’imputato non si è mostrato proclive alla reiterazione del reato.
Tali aspetti, in uno alla condotta posta in essere, ormai in epoca risalente avrebbero giustificato la concessione del beneficio che si chiede anche alla Corte di cassazione.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in assenza di tempestiva richiesta di trattazione in pubblica udienza partecipata, ai sensi degli artt. 614, 611 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 11, commi 2, lettere a), b), c) e 3 del d.l. 29 giugno 2024, n. 89, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 120.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1. Va rilevato, in primo luogo, che questa Corte ha affermato il condivisibile principio secondo il quale (Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376 -01), in tema di sospensione condizionale della pena, fermo l’obbligo del giudice d’appello di motivare circa il mancato esercizio del potere-dovere di applicazione di detto beneficio, in presenza delle condizioni che ne consentono il riconoscimento, l’imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito.
Sul punto, di recente si è, altresì, precisato che il giudice d’appello non è tenuto a concedere d’ufficio la sospensione condizionale della pena, né a motivare specificamente sul punto quando l’interessato si limiti, nell’atto di impugnazione e in sede di discussione, a un generico e assertivo richiamo dei benefici di legge, senza indicare alcun elemento di fatto astrattamente idoneo a fondare l’accoglimento della richiesta (Sez. 1, n. 44188 del 20/09/2023, T., Rv. 285413 -01; Sez. 4, n. 1513 del 03/12/2013, Rv. 258487).
1.2. In secondo luogo, si deve osservare che, nel caso al vaglio, la rideterminazione della pena, all’esito del giudizio di rinvio, è intervenuta per effetto della pronunciata estinzione di uno dei reati contestati per intervenuta
prescrizione e dell’esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 219 legge fall.
L’ esame dei motivi di appello, depositati in data 20 gennaio 2017 alla Corte di appello di Palermo evidenziano, quanto alle richieste relative al trattamento sanzionatorio, rivela che queste erano limitate alla concessione del limite edittale minimo, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti (v. p. 12 dell’atto di appello e quarto motivo di gravame).
Né risulta che tale richiesta, supportata dall’indicazione puntuale delle ragioni della concedibilità del beneficio che si invoca, sia stata successivamente devoluta in sede di merito, al giudice del rinvio (v. verbale di udienza del 4 luglio 2024, dove il sostituto processuale del difensore di fiducia, ha concluso riportandosi ai motivi di appello, richiedendo la rideterminazione della pena).
1.3. Infine, va ribadito che il beneficio in parola non può essere concesso in questa sede, implicando una valutazione discrezionale, di merito, inibita a questa Corte alla quale, invero, la questione viene devoluta per la prima volta. È principio generale, infatti, quello secondo il quale non sono deducibili per la prima volta davanti alla Corte di cassazione questioni che presuppongono un’indagine di merito (quale quella della meritevolezza del beneficio della sospensione condizionale della pena), in quanto incompatibili con il sindacato di legittimità (Sez. 5, n. 11099 del 29/01/2015, Rv. 263271 -01).
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 7 marzo 2025