Sospensione Condizionale Pena: La Cassazione Conferma il Diniego per Gravità dei Fatti
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del sindacato della Corte di Cassazione in materia di sospensione condizionale della pena. Quando un giudice nega questo beneficio, quali sono i margini per contestare la decisione? La Suprema Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la logicità e la coerenza della motivazione del provvedimento impugnato. Analizziamo insieme questa pronuncia per capire meglio i principi applicati.
I Fatti del Caso
Un soggetto condannato presentava ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza del Giudice dell’Esecuzione, con la quale gli era stata negata la concessione della sospensione condizionale della pena. Il ricorrente lamentava una violazione di legge e un difetto di motivazione da parte del giudice, ritenendo ingiusto il diniego del beneficio.
La Valutazione sulla Sospensione Condizionale della Pena
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella natura del controllo di legittimità. La Corte ha sottolineato che il suo compito non è quello di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma di limitarsi a verificare l’esistenza di un apparato argomentativo logico e coerente.
Citando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, i giudici hanno ribadito che il sindacato della Cassazione è circoscritto. Non è possibile verificare se la motivazione del giudice di merito corrisponda alle acquisizioni processuali, ma solo se essa sia immune da vizi logici o da errata applicazione della legge.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto la motivazione dell’ordinanza impugnata congrua e logica, e quindi incensurabile in sede di legittimità. Il giudice dell’esecuzione aveva fondato il diniego della sospensione condizionale della pena su due pilastri fondamentali:
1. La mancanza di resipiscenza: Il giudice di merito non aveva ravvisato nel condannato un effettivo pentimento o una revisione critica del proprio comportamento criminale.
2. L’oggettiva gravità dei fatti: I reati commessi erano stati inseriti in un contesto di alta pericolosità sociale, specificamente riconducibili a uno scontro tra clan camorristici contrapposti.
Secondo la Cassazione, questa doppia valutazione, basata sia su un elemento soggettivo (l’atteggiamento del reo) sia su un elemento oggettivo (la gravità e il contesto del crimine), costituisce una motivazione solida e completa. Tale motivazione non presentava alcun vizio riconducibile a quelli tassativamente previsti dall’articolo 606 del codice di procedura penale, rendendo il ricorso privo di fondamento.
Le Conclusioni
In conclusione, con questa ordinanza la Corte di Cassazione conferma un principio cardine: la valutazione per la concessione della sospensione condizionale della pena è una prerogativa del giudice di merito. Se la decisione di negare il beneficio è supportata da una motivazione logica, coerente e basata su elementi concreti come la gravità del reato e la personalità del reo, essa non può essere messa in discussione in sede di legittimità. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Quando la Corte di Cassazione può rivedere una decisione sulla sospensione condizionale della pena?
La Corte di Cassazione può intervenire solo per verificare la logicità e la coerenza della motivazione del giudice che ha deciso, senza poter riesaminare i fatti del caso. Il suo controllo è limitato a vizi di legittimità e non di merito.
Quali elementi possono giustificare il diniego della sospensione condizionale della pena?
Secondo l’ordinanza, il diniego può essere giustificato non solo dalla mancanza di pentimento (resipiscenza) del condannato, ma anche dall’oggettiva gravità dei fatti, come ad esempio il loro inserimento in un contesto di criminalità organizzata.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, come in questo caso, può essere condannato al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, se si ravvisa una colpa nell’aver promosso un ricorso privo di fondamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33450 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33450 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MARCIANISE il 29/07/2003
avverso l’ordinanza del 19/05/2025 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
e
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che il ricorso denunzia la violazione di legge e la mancanza della motivazione in ordine alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena da parte del giudice dell’esecuzione;
Ritenuto che le censure sono manifestamente infondate poiché l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione assunta dal giudice dell’esecuzione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074 – 01) e in quanto la congrua e logica motivazione della ordinanza impugnata (in relazione al diniego della sospensione condizionale della pena fondato non solo sulla mancanza di resipiscenza, ma anche sulla oggettiva gravità dei fatti da ricondursi allo scontro tra clan camorristici contrapposti) non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 1, lett. b), e) ed e), cod. proc. pen.;
Ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 25 settembre 2025.