Sospensione Condizionale Pena: No alla Concessione in Fase Esecutiva
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di esecuzione penale: la sospensione condizionale pena è un beneficio la cui concessione spetta unicamente al giudice della cognizione e non può essere richiesta, di norma, una volta che la sentenza è diventata irrevocabile. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere la netta distinzione tra la fase di merito del processo e quella esecutiva.
Il Caso in Analisi: Una Richiesta Tardiva
I fatti traggono origine dalla richiesta di un condannato che, tramite il suo difensore, si era rivolto alla Corte di Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, per ottenere il riconoscimento della sospensione condizionale della pena. La particolarità della vicenda risiedeva nel fatto che il giudice del processo di merito (il cosiddetto giudice della cognizione) aveva completamente omesso di pronunciarsi su tale beneficio.
La Corte di Appello aveva respinto la richiesta e, avverso tale decisione, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo le proprie ragioni. La difesa ha inoltre depositato una memoria a sostegno del ricorso, che però è stata dichiarata tardiva dai giudici di legittimità.
La Decisione della Corte: la Competenza sulla Sospensione Condizionale Pena
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si basa su un orientamento giurisprudenziale consolidato e molto chiaro, che delinea i confini invalicabili tra le competenze del giudice che accerta il reato e quelle del giudice che cura l’esecuzione della pena.
Le Motivazioni della Cassazione
I giudici hanno spiegato che la sospensione condizionale pena può essere concessa esclusivamente dal giudice della cognizione. È quest’ultimo, infatti, che ha il compito e gli strumenti per valutare la sussistenza di tutte le condizioni, sia oggettive (relative al tipo e all’entità della pena) sia soggettive (relative alla personalità del reo e alla prognosi di non recidiva), richieste dall’articolo 163 del codice penale.
Una volta che la sentenza passa in giudicato, ovvero diventa definitiva, si apre la fase esecutiva. In questa sede, il giudice dell’esecuzione ha poteri limitati e non può ‘recuperare’ o ‘correggere’ le omissioni del giudice di merito. L’ordinanza ha precisato che un intervento del giudice dell’esecuzione in materia di sospensione condizionale è ammesso solo in ipotesi eccezionali, come l’applicazione della disciplina del concorso formale o della continuazione tra reati, casi che non ricorrevano nella fattispecie.
Poiché la richiesta del ricorrente mirava semplicemente a sanare un’omissione del giudice della cognizione, la Corte ha ritenuto i motivi del ricorso privi di fondamento, confermando la decisione della Corte d’Appello.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La pronuncia della Cassazione è un monito importante: le questioni relative alla concessione di benefici come la sospensione condizionale devono essere sollevate e decise tassativamente durante il processo di merito. L’omissione da parte del giudice della cognizione non apre la porta a un successivo intervento del giudice dell’esecuzione. Di conseguenza, il condannato è stato non solo respinto nel merito, ma anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza del suo ricorso.
È possibile chiedere la sospensione condizionale della pena dopo che la sentenza è diventata definitiva?
No, di regola non è possibile. L’ordinanza chiarisce che la sospensione condizionale della pena deve essere riconosciuta esclusivamente dal giudice della cognizione durante il processo di merito.
In quali casi eccezionali il giudice dell’esecuzione può concedere la sospensione condizionale?
Secondo quanto stabilito dalla Corte, il beneficio può essere concesso in sede esecutiva solo in applicazione della disciplina del concorso formale o della continuazione tra reati, e non per rimediare a un’omissione del giudice di merito.
Cosa succede se il giudice del processo si dimentica di decidere sulla sospensione condizionale?
L’omessa pronuncia del giudice della cognizione non può essere corretta dal giudice dell’esecuzione. La competenza a valutare le condizioni oggettive e soggettive per il beneficio rimane esclusiva del giudice che ha emesso la sentenza di condanna.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13423 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13423 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a FRANCAVILLA FONTANA il 04/10/1964
avverso l’ordinanza del 30/09/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata; letto il ricorso; letta la memoria del difensore depositata il 17 febbraio 2025; rilevato che:
preliminarmente deve essere dichiarata la tardività della memoria depositata oltre il termine di cui all’art. 611 cod. proc. pen. richiamato dall’art. 610 cod. proc pen. che disciplina il procedimento davanti a questa Sezione;
NOME COGNOME ha chiesto alla Corte di appello di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, il riconoscimento della sospensione condizionale della pena in ordine al quale, il giudice della cognizione aveva omesso completamente di provvedere;
ritenuto che:
la sospensione condizionale della pena può essere riconosciuta esclusivamente dal giudice della cognizione, che deve valutare la sussistenza delle condizioni oggettive e soggettive richieste dall’art. 163 cod. pen., mentre, in sede esecutiva, il beneficio può essere concesso solo in applicazione della disciplina del concorso formale o della continuazione (fra le molte, Sez. 7, n. 31091 del 15/10/2020, COGNOME, Rv. 279875);
alla luce di tale, incontroverso, orientamento della giurisprudenza di questa Corte, i due motivi di ricorso si palesano manifestamente infondati;
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/02/2025