Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 12361 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 12361 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a IEUD (ROMANIA) il 18/01/1982
avverso la sentenza del 05/07/2024 della Corte d’appello di Milano Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla sospensione condizionale della pena.
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 5 luglio 2024, la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva ritenuto NOME COGNOME responsabile dei reati di cui agli artt. 497-bis, commi 1 e 2 e 495 cod. pen., e, ritenuta la continuazione tra gli stessi, lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, con esclusione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Avverso tale decisione NOME COGNOME ha proposto due distinti ricorsi.
2.1. Il ricorso a firma dell’avv. NOME COGNOME deduce due motivi di censura.
2.1.1. Con il primo motivo, lamenta vizio di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi dei reati contestati.
In particolare, quanto al reato di cui all’art. 497-bis cod. pen. il ricorr te sostiene che si verserebbe in un’ipotesi di cd. falso grossolano. Invero, la Corte territoriale non avrebbe considerato che i documenti consegnati dal COGNOME alla polizia giudiziaria erano risultati “fin da subito presumibilmente difformi”, secondo quanto emergeva dalla annotazione della polizia giudiziaria acquisita agli atti. Pertanto, l’immediata percezione della falsità del documento lo rendeva inidoneo a ingannare la pubblica fede, sicché la sentenza impugnata sarebbe incorsa nel vizio di travisamento della prova.
2.1.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. Contraddittoriamente la Corte d’appello avrebbe escluso la particolare tenuità del fatto, non considerando le concrete modalità della condotta ed in specie la circostanza che l’imputato si era procurato i documenti falsi per poter svolgere la propria attività lavorativa, posto che gli era stata revocata la patente di guida. Neppure avrebbe tenuto conto del comportamento collaborativo del ricorrente, né della insussistenza del requisito della abitualità.
2.2. Il ricorso a firma dell’avv. NOME COGNOME ha articolato un’unica censura con la quale deduce vizio di motivazione in relazione al diniego di concessione della sospensione condizionale della pena. La Corte territoriale aveva rigettato il motivo di appello con cui l’imputato aveva censurato il diniego del beneficio da parte del giudice di primo grado, affermando che non sussistevano i presupposti di cui agli artt. 175 e 165, comma 2, cod. pen., per avere il COGNOME riportato una precedente condanna a pena sospesa. Secondo il ricorrente tale motivazione sarebbe carente e meramente assertiva, in quanto non espliciterebbe le ragioni di una prognosi negativa in ordine alla astensione da future condotte delittuose.
Inoltre, essa sarebbe errata, atteso che l’esistenza di una precedente condanna non costituirebbe di per sé ostacolo alla concessione del beneficio, alla luce del disposto dell’art. 164, comma 4 cod. pen. il quale indica quale causa ostativa il superamento, nel complesso del limite di due anni, che nella specie non sarebbe stato superato. Illogico sarebbe, altresì, il riferimento all’art. 165, comma 2, cod. pen., trattandosi di disposizione nella specie inconferente.
3 Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al diniego della sospensione condizionale della pena, atteso che la pena detentiva
irrogata con la presente condanna, cumulata con quella irrogata con la condanna precedente rientra nel limite dei due anni di reclusione, previsto dall’art. 163 cod. pen., il quale non viene superato per effetto del ragguaglio della pena pecuniaria irrogato con la prima sentenza. Inoltre, i giudici di appello non hanno formulato il giudizio prognostico di ulteriore recidiva in concreto.
Considerato in diritto
Il primo ricorso proposto è infondato.
Il primo motivo è infondato.
1.2. Esso non si confronta con la motivazione, logica, coerente e adeguatamente argomentata con la quale la Corte territoriale ha collegato la condotta del ricorrente alla fattispecie di reato prevista dall’art. 497-bis, comma 2, cod. pen., in linea con la giurisprudenza di legittimità consolidata.
Deve anzitutto premettersi, in linea generale, che il possesso di un documento d’identità recante la foto del possessore con false generalità è circostanza idonea ad integrare il reato di cui all’art. 497-bis, comma 2, cod. pen. e non quello meno grave di cui al primo comma della stessa disposizione, attesa la particolare valenza indiziaria della presenza della fotografia del possessore rispetto alla condotta di concorso nella contraffazione (Sez. 5, n. 25659 del 13/03/2018, Rv. 273303; Sez. 2, n. 15681 del 22/03/2016, Rv. 266554).
Con riguardo alla contestata inidoneità del falso a costituire offesa del bene giuridico protetto punibile ex art. 49 cod. pen., occorre rilevare che secondo la giurisprudenza di legittimità dominante, l’ipotesi di reato impossibile di cui all’art. 49, comma 2, cod. pen. ricorre ogni qual volta il reato non possa verificarsi o per l’inidoneità dell’azione o per l’inesistenza dell’oggetto; in tal caso, l’offesa manca del tutto, escludendo la tipicità normativa e la sussistenza del reato. L’inidoneità dell’azione ai sensi dell’art. 49, comma secondo, cod. pen., deve intendersi quale inefficacia assoluta, intrinseca ed originaria degli atti stessi a produrre, sotto il profilo potenziale, l’evento consumativo. In particolare, detta inidoneità deve essere valutata in rapporto alla condotta originaria dell’agente, la quale per inefficienza strutturale o strumentale del mezzo usato, ed indipendentemente da cause estranee o estrinseche, risulta priva in modo assoluto di determinazione causale nella produzione dell’evento; l’accertamento dell’inidoneità deve essere effettuato secondo un giudizio ex ante e in concreto, che tenga conto delle circostanze conosciute o conoscibili dall’agente, senza che abbiano alcuna rilevanza le eventuali cautele poste in essere dalla persona offesa, ed indipendentemente dai risultati ottenuti e da ogni fattore estraneo che in concreto abbia impedito la lesione dell’interesse giuridico protetto (tra le ultime Sez. 1, n. 870 del 17/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278085).
Con specifico riferimento all’ipotesi di falso documentale, ai fini dell’esclusione della punibilità per inidoneità dell’azione ai sensi dell’art. 49 cod. pen., occorre che la falsificazione dell’atto appaia in maniera talmente evidente da impedire la stessa eventualità di un inganno alla pubblica fede (Sez. 5, n. 3711 del 02/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252946).
Occorre inoltre che la difformità dell’atto dal vero risulti riconoscibile ictu ocull, ovvero in base alla mera disamina dello stesso, e da chiunque (Sez. 5, n. 27310 del 11/02/2019, Rv. 276639 – 01; Sez. 6, n. 18015 del 24/02/2015, COGNOME, Rv. 263279; Sez. 2, n. 5687 del 06/12/2012, NOME COGNOME, Rv. 255680; Sez. 2, n. 36631 del 15/05/2013, Procopio, Rv. 257063).
Dal punto di vista della idoneità-utilità della condotta di falso, si è anche affermato che il falso innocuo si configura solo in caso di inesistenza dell’oggetto tipico della falsità, di modo che questa riguardi un atto assolutamente privo di valenza probatoria, quale un documento inesistente o assolutamente nullo (Sez. 5, n. 28599 del 7/4/2017, COGNOME, Rv. 270245, nella quale la Corte, in una fattispecie relativa alla contraffazione di documenti abilitanti alla guida rilasciati dalla Repubblica Dominicana, ha escluso la ricorrenza del falso innocuo invocata dall’imputato per la mancanza di prova circa la validità dei predetti documenti nel territorio dello Stato).
1.2. Nel caso di specie, non vi è dubbio che sussistano tutte le condizioni predette per escludere che ci si trovi dinanzi ad un falso innocuo o talmente grossolano da non raggiungere la soglia della necessaria offensività richiesta ai fini della punibilità in generale dall’art. 49 cod. pen.
La Corte territoriale ha puntualmente rilevato come i dubbi in ordine alla genuinità della carta di identità esibita dal ricorrente sono stati sollevati da «soggetti qualificati, competenti, professionalmente preposti al controllo di patenti e carte di identità» e che l’accertamento «ha richiesto l’ausilio di particolari tecniche strumentali», specificamente indicate nella sentenza.
Trattasi di motivazione logicamente ineccepibile, che è stata solo apoditticamente contestata dal ricorrente.
Del pari infondato è il secondo motivo di ricorso concernente il mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.
Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell’offesa deve essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma 1, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01; Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647 – 01).
Nella specie, la Corte territoriale ha escluso la minima offensività del fatto, in considerazione della circostanza che il ricorrente si era procurato illecitamente una nuova patente, dopo che quella di cui era titolare gli era stata revocata, nonché in ragione del fatto che le false generalità utilizzate sul documento appartenevano a persona realmente esistente. Si tratta di motivazione non manifestamente illogica, né contraddittoria, in ordine ad un giudizio di fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità.
Fondata è la censura svolta con il secondo ricorso, concernente la mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
Conviene preliminarmente rilevare che, ai sensi del comma 4 dell’art. 164 cod. pen., la sospensione condizionale della pena può essere concessa a chi ne abbia già fruito una volta, qualora la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna, non superi i limiti stabiliti dall’art. 163 cod. pen.
La concessione della sospensione condizionale della pena è in ogni caso preclusa a chi abbia riportato due precedenti condanne a pena detentiva per delitto, anche quando il beneficio non è stato applicato in relazione alla prima condanna, ed indipendentemente dalla durata complessiva della reclusione come determinata per effetto del cumulo di tutte le sanzioni irrogate e da irrogare. (Sez. 5, n. 41645 del 27/06/2014, Timis, Rv. 260045 – 01)
La presenza, invece, di una sola precedente condanna a pena non sospesa non impedisce la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena in sede di nuova condanna intervenuta in epoca successiva alla prima, purché la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la condanna precedente, non superi il limite (Sez. 4, n. 8367, del 23/11/2023, dep. 2024, non massimata; Sez. 1, 20.6-17.7.2013, n. 30729, COGNOME, Rv. 256206 – 01).
Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, inoltre, ai fini della seconda concessione del beneficio, non deve tenersi conto, nel computo della pena complessiva rilevante ai sensi dell’art. 163, comma primo, ultima parte, cod. pen., anche della pena pecuniaria inflitta e dichiarata sospesa nella prima condanna, ragguagliata a quella detentiva (Sez. 5, n. 42640 del 20/09/2024, COGNOME, Rv. 287237 – 01; Sez. 5, n. 29643 del 03/05/2024, COGNOME, Rv. 286624 – 01).
In ogni caso, presupposto per l’operatività del limite posto dall’art. 164 comma 2, n. 1 cod. pen., è che la precedente condanna inflitta attenga ad un delitto.
Nel caso in esame, a fondamento della mancata concessione del beneficio, la Corte territoriale ha addotto unicamente la circostanza che il ricorrente aveva riportato una precedente condanna, la quale tuttavia, concernendo un reato
contravvenzionale, non era di per sé ostativa al riconoscimento della sospensione condizionale della pena, omettendo di svolgere quel giudizio prognostico di non recidiva che costituisce il fondamento per il riconoscimento della sospensione condizionale della pena
Ne consegue, dunque, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla questione concernente la sospensione condizionale della pena.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto della sospensione condizionale della pena, con rinvio per nuovo giudizio su detto punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.
Così è deciso 1’11 dicembre 2024