Sospensione Condizionale Pena: i Limiti Imposti dai Precedenti Penali
La sospensione condizionale della pena rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale, ma la sua concessione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con chiarezza come la presenza di specifici precedenti penali possa costituire un ostacolo insormontabile, rendendo superflua persino una motivazione dettagliata da parte del giudice sul diniego del beneficio. Analizziamo la decisione per comprenderne la portata.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte di Appello che aveva confermato la sua condanna, negandogli il beneficio della sospensione condizionale. L’imputato lamentava la mancata concessione di tale misura, portando le sue ragioni dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione.
La Valutazione dei Precedenti e la Sospensione Condizionale della Pena
L’istituto della sospensione condizionale della pena permette al condannato di evitare il carcere per pene detentive non superiori a determinati limiti, a patto di non commettere nuovi reati. Tuttavia, la legge prevede delle condizioni precise per la sua applicabilità. Uno dei fattori determinanti è il passato giudiziario dell’imputato.
Nel caso in esame, l’imputato era gravato da tre precedenti penali per delitto, per i quali aveva già riportato una pena complessiva di due anni e quattro mesi di reclusione. Questa situazione, come sottolineato dalla Cassazione, costituisce una “situazione ostativa per legge” che preclude in radice la possibilità di accedere al beneficio.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni principali. In primo luogo, i motivi presentati sono stati giudicati generici e semplici riproposizioni di censure già esaminate e respinte correttamente dalla Corte d’Appello.
In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, la Corte ha evidenziato la presenza dell’impedimento legale assoluto. Quando la pena cumulata per precedenti condanne supera i limiti di legge, il giudice non ha discrezionalità nel concedere la sospensione condizionale della pena. Di conseguenza, non è neanche tenuto a fornire una specifica ed espressa motivazione per il rigetto della richiesta. La negazione del beneficio diventa un atto dovuto, una diretta conseguenza della situazione giuridica dell’imputato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Le motivazioni dell’ordinanza offrono un importante chiarimento pratico. Esse confermano che la valutazione dei requisiti per la concessione della sospensione condizionale non è un’analisi discrezionale quando la legge stessa pone dei paletti invalicabili. La presenza di precedenti penali rilevanti non è solo un elemento da considerare, ma può diventare una barriera assoluta. Le conclusioni della Corte sono nette: di fronte a una situazione ostativa prevista dalla legge, il diniego del beneficio è automatico e non necessita di ulteriori argomentazioni. Questa pronuncia ribadisce la centralità del casellario giudiziale dell’imputato e cristallizza un principio di rigore nell’applicazione di questo importante istituto.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi erano generici e riproducevano censure già respinte. Inoltre, e in modo decisivo, esisteva un impedimento legale alla concessione del beneficio richiesto.
Un giudice deve sempre motivare dettagliatamente il diniego della sospensione condizionale della pena?
No. Secondo la Corte di Cassazione, quando ricorre una situazione che per legge impedisce la concessione del beneficio (come precedenti penali che superano una certa soglia), non è richiesta una espressa motivazione per il rigetto.
Qual era l’impedimento legale che ha bloccato la concessione del beneficio in questo caso?
L’imputato aveva già tre precedenti condanne per delitto, per una pena complessiva di due anni e quattro mesi di reclusione. Questa situazione superava i limiti previsti dalla legge per poter ottenere la sospensione condizionale della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23359 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23359 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VERCELLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti avverso la sentenza di condanna risultano inammissibili, perché generici e riproduttivi di censure adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici nella sentenza impugnata che ha confermato la condanna di primo grado in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena. La statuizione sul punto è immune da censure di legittimità atteso che, da un lato, lo stesso appellante ha formulato tale richiesta ove il beneficio fosse concedibile, e che, dall’altro lato, l’imputato è gravato da tre precedenti penali per delitto, in relazione ai quali ha riportato la pena complessiva di anni due e mesi quattro di reclusione; situazione ostativa per legge alla concessione del benefico richiesto e ricorrendo la quale, quindi, non è richiesta una espressa motivazione del rigetto (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022 dep. 2023, COGNOME NOME, Rv. 284096 – 01).
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 31 maggio 2024
Consigliere relatore
Il Presidente