Sospensione Condizionale Pena: Perché i Precedenti Penali Contano
La concessione della sospensione condizionale pena rappresenta un momento cruciale nel processo penale, poiché offre al condannato la possibilità di evitare il carcere. Tuttavia, questo beneficio non è automatico e la sua applicazione dipende da una valutazione discrezionale del giudice sulla futura condotta dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 13848/2024) ribadisce con forza come i precedenti penali e la ‘vita anteatta’ del reo siano elementi determinanti per formulare quella prognosi negativa che può precludere l’accesso al beneficio.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. La corte territoriale aveva respinto diverse richieste avanzate dalla difesa, tra cui l’accoglimento di un ‘concordato in appello’ (una forma di patteggiamento), la concessione della sospensione condizionale della pena e l’applicazione di pene sostitutive al carcere, come previsto dalla recente legislazione.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha quindi deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte dei giudici di secondo grado. Secondo la difesa, le decisioni erano state prese in modo contraddittorio, illogico e senza un’adeguata giustificazione.
I Motivi del Ricorso e la Sospensione Condizionale Pena
Il ricorso si articolava su tre punti principali, strettamente collegati tra loro:
1. Mancato accoglimento del concordato: La difesa sosteneva che il rigetto dell’accordo sulla pena fosse immotivato.
2. Diniego della sospensione condizionale: Questo era il cuore della questione. La difesa contestava la decisione di non concedere il beneficio, ritenendola illogica.
3. Mancata applicazione delle pene sostitutive: Si lamentava l’omessa motivazione riguardo alla non attivazione delle procedure per le sanzioni alternative alla detenzione.
Come chiarito dalla Cassazione, il perno attorno al quale ruotava l’intera vicenda era proprio il diniego della sospensione condizionale pena. L’accordo proposto in appello, infatti, era subordinato alla concessione di tale beneficio. Venendo meno quest’ultimo, anche il concordato perdeva la sua ragione d’essere.
La Valutazione dei Precedenti Penali
La Corte d’Appello aveva basato la sua decisione su un elemento di fatto inequivocabile: la ‘vita anteatta’ dell’imputato. Quest’ultimo era già stato condannato in passato per reati analoghi a quello per cui si procedeva. Questo dato negativo è stato considerato sufficiente per formulare una prognosi sfavorevole sulla sua capacità di astenersi dal commettere nuovi reati in futuro.
le motivazioni
La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, lo ha dichiarato inammissibile, confermando in toto la decisione dei giudici d’appello. I giudici supremi hanno ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse ‘congrua e immune da censure’.
In primo luogo, la Corte ha spiegato che il rigetto della proposta di concordato era una logica conseguenza della non accoglibilità della richiesta di sospensione condizionale. Se il patto si fonda su un beneficio che non può essere concesso, il giudice non può che respingerlo.
In secondo luogo, e questo è il punto centrale, la valutazione prognostica negativa basata sui precedenti penali specifici è stata giudicata un criterio valido e sufficiente per negare la sospensione. La Corte ha ribadito che il giudice ha il dovere di valutare la personalità del reo per prevederne il comportamento futuro, e i precedenti sono un indicatore fondamentale in questo processo.
Infine, anche la doglianza relativa alle pene sostitutive è stata respinta, poiché la sentenza d’appello era sorretta da una motivazione adeguata, con la quale il ricorso non si era neppure confrontato in modo specifico.
le conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante spunto di riflessione. Essa riafferma un principio cardine del nostro sistema penale: i benefici come la sospensione condizionale pena non sono un diritto, ma una concessione basata su un giudizio di meritevolezza. La ‘storia criminale’ di un individuo ha un peso determinante in questa valutazione. Una condotta passata caratterizzata dalla commissione di reati simili a quello per cui si è a processo può legittimamente indurre il giudice a ritenere improbabile un futuro ravvedimento. Di conseguenza, la decisione di negare il beneficio, se ben motivata su questi elementi concreti, è difficilmente censurabile in sede di legittimità. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le motivazioni della Corte d’Appello nel negare i benefici richiesti erano logiche, congrue e basate su elementi concreti, come i precedenti penali dell’imputato. Il ricorso non ha saputo contrapporre argomenti validi a tale motivazione.
Un precedente penale può impedire la concessione della sospensione condizionale della pena?
Sì. Come chiarito da questa ordinanza, i precedenti penali, specialmente se per reati analoghi, sono un elemento fondamentale che il giudice utilizza per formulare una prognosi sulla futura condotta del condannato. Una prognosi negativa, basata su tali precedenti, giustifica pienamente il diniego del beneficio.
In che modo il rigetto della sospensione condizionale ha influenzato la richiesta di ‘concordato in appello’?
Il rigetto è stato decisivo. L’accordo sulla pena (concordato) proposto dalla difesa includeva la concessione della sospensione condizionale. Poiché la Corte ha ritenuto di non poter concedere questo beneficio a causa della prognosi negativa, l’intero accordo è diventato inaccettabile e, di conseguenza, è stato respinto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13848 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13848 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME ( CUI 01VZ1 3 30 ) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/05/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso proposto da NOME COGNOME a mezzo del difensore;
rilevato che la difesa lamenta: 1. Mancanza di motivazione, contraddittorietà ed illogicità della stessa in relazione al mancato accoglimento della richiesta di concordato; 2. Mancanza di motivazione, contraddittorietà ed illogicità della stessa in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena; 3. Omessa motivazione, contraddittorietà ed illogicità della stessa in relazione alla mancata attivazione della procedura di cui all’art. 545 bis cod. proc. pen. al fine dell’applicazione delle pene sostitutive di cui all’art. 53 I 689/81.
Considerato, quanto al primo motivo di doglianza, che l’apparato argomentativo della sentenza rende conto delle ragioni del rigetto della proposta di concordato alla luce della non accoglibillità della richiesta di sospensione condizionale della pena compresa nel patto raggiunto.
Considerato, quanto al secondo motivo di ricorso, che la Corte di appello, con motivazione congrua e immune da censure, ha evidenziato il dato negativo concretato dalla vita anteatta dell’imputato, condannato più volte per fatti analoghi, esprimendo una prognosi negativa in ordine alla futura astensione dalla commissione di ulteriori reati.
Considerato, quanto alla doglianza riguardante il rigetto dell’applicazione di sanzioni sostitutive, che la sentenza è sorretta da motivazione del tutto adeguata, con la quale il ricorso non si confronta.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 marzo 2024
Il Consigliere estensore
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