Sospensione Condizionale della Pena: Il Limite del “Terzo Beneficio” secondo la Cassazione
L’istituto della sospensione condizionale della pena rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento, finalizzato a favorire il reinserimento sociale del condannato evitando gli effetti desocializzanti del carcere per reati di minore gravità. Tuttavia, la sua applicazione non è illimitata. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini normativi di questo beneficio, chiarendo in modo inequivocabile le conseguenze di un ricorso presentato oltre i limiti consentiti dalla legge.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva negato la concessione della sospensione condizionale della pena. L’imputato, attraverso il suo difensore, lamentava una violazione di legge, insistendo sulla richiesta di ottenere il beneficio. La questione centrale, tuttavia, non risiedeva tanto nella valutazione del reato commesso, quanto nella storia giudiziaria del ricorrente.
La Questione Giuridica: I Limiti alla Reiterazione della Sospensione Condizionale della Pena
Il cuore della controversia verteva sulla possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena per una terza volta. La Corte di merito aveva già evidenziato un ostacolo insormontabile: l’imputato aveva già usufruito del beneficio in due precedenti occasioni. La normativa vigente pone dei paletti precisi, impedendo una reiterazione indefinita di questa misura. Il ricorso in Cassazione mirava a superare questo sbarramento, ma si è scontrato con una chiara previsione di legge.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una duplice constatazione. In primo luogo, l’esistenza di due precedenti concessioni del beneficio rende, per “espresso dettato normativo”, impossibile una terza applicazione. In secondo luogo, i giudici hanno considerato un ulteriore elemento negativo: una precedente condanna riportata dall’imputato, elemento valutato negativamente ai sensi dell’art. 133 del codice penale, che riguarda la valutazione della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte è netta e si basa su principi consolidati. L’inammissibilità del ricorso è stata determinata dalla manifesta infondatezza della richiesta. I giudici di legittimità hanno rilevato che la Corte d’Appello aveva correttamente applicato la legge, constatando l’impossibilità di concedere una terza sospensione condizionale. La legge è chiara nel porre un limite numerico a questo beneficio per evitare un abuso dello strumento e per garantire che esso rimanga una misura eccezionale legata a una prognosi favorevole di ravvedimento.
Inoltre, la Corte ha sottolineato come la difesa non avesse introdotto elementi di sostanziale novità rispetto alle argomentazioni già respinte nel merito. Stante l’evidente inammissibilità, e non ravvisando un’assenza di colpa nel proporre il ricorso, la Corte ha applicato l’art. 616 del codice di procedura penale, che prevede la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, quantificata in 3.000 euro.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: la sospensione condizionale della pena non è un diritto acquisito, ma un beneficio soggetto a rigidi presupposti legali. La pronuncia serve da monito sulla necessità di valutare attentamente i requisiti di ammissibilità prima di intraprendere un ricorso in Cassazione. Proporre un’impugnazione basata su richieste palesemente contrarie alla normativa non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche significative conseguenze economiche per il ricorrente. La decisione evidenzia l’importanza di una difesa tecnica consapevole dei limiti imposti dalla legge, per evitare di incorrere in declaratorie di inammissibilità e nelle relative sanzioni.
È possibile ottenere la sospensione condizionale della pena per la terza volta?
No, secondo l’ordinanza, la sospensione condizionale della pena, già concessa per due volte, non è reiterabile per una terza volta in base a un espresso dettato normativo.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, e in assenza di una causa che escluda la colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Quali elementi valuta il giudice oltre al numero di sospensioni già concesse?
Il giudice valuta anche la condotta complessiva dell’imputato. Nel caso specifico, il fatto che l’imputato avesse riportato un’ulteriore condanna è stato un elemento valutato negativamente ai sensi dell’art. 133 del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25629 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25629 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SANTAGATA DI MILITELLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto da NOME COGNOME, che deduce la vi legge in relazione all’omessa pronuncia sulla richiesta della sospensione condizi pena e/o dei benefici di legge, è inammissibile, avendo la Corte di merito r l’imputato ha già beneficiato, per un verso, della sospensione condizionale per sicché essa, per espresso dettato normativo, non è reiterabile per la terza volt verso, della non menzione in un’occasione, dopo la quale egli ha riportato u condanna, elemento, questo, evidentemente valutato negativamente ai sensi dell’art. pen.;
vista la memoria redatta dal difensore, che, nel ribadire le argomentazioni illustrat non contiene profili di sostanziale novità;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., no assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. s del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del proc consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, euro in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2024.