Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1153 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1153 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 24/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TRIESTE il 13/10/1958
avverso la sentenza del 06/02/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale COGNOME
COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 6 febbraio 2023 dalla Corte di appello di Venezia, che ha riformato – riconoscendo le attenuanti generiche e rideterminando la pena – la sentenza del Tribunale di Padova, che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato NOME COGNOME per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, in relazione alla società “RAGIONE_SOCIALE.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputato – nella qualità di amministratore unico -, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, avrebbe sottratto o distrutt i libri e le altre scritture contabili della società.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un unico motivo, deduce il vizio di motivazione.
Il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena, sostenendo che la Corte di appello non avrebbe adeguatamente motivato in ordine al punto in questione, che era stato oggetto di specifico motivo di gravame.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. L’unico motivo di ricorso è inammissibile, atteso che non solo il diniego della sospensione condizionale della pena risulta supportato da adeguata motivazione, ma già il motivo di appello sul punto risultava inammissibile.
Il ricorrente sostiene che la Corte territoriale non avrebbe motivato adeguatamente in ordine al diniego della sospensione condizionale della pena, ma non prende in esame le argomentazioni spese sul punto dal giudice di primo grado, che, sebbene non materialmente riproposte nella sentenza impugnata, vanno comunque a “fondersi” con quelle del giudice di appello.
Le due sentenze di merito, infatti, ricorrendo una “doppia conforme”, possono essere lette congiuntamente e integrarsi tra loro, costituendo sostanzialmente un unico corpo decisionale.
Al riguardo, occorre ricordare che «ai fini del controllo di legittimità sul vizi di motivazione, ricorre la cd. “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri …, con conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale» (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
Il Tribunale aveva motivato in merito al diniego della sospensione condizionale, facendo leva sulla condotta antecedente e successiva al reato e, anche, sull’esistenza di carichi pendenti nei confronti del prevenuto.
Si tratta di una decisione in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale: «in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell’art. 1.33 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti in senso ostativo alla sospensione, iv compresi i precedenti giudiziari» (Sez. V, n. :17953 del 7/2/2020, Filipache, Rv. 279206); «in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice può fondare, in modo esclusivo o prevalente, il giudizio prognostico negativo circa la futura astensione del soggetto dalla commissione di nuovi reati sulla capacità a delinquere dell’imputato desunta anche da precedenti giudiziari non definitivi, senza che ciò contrasti con la presunzione di innocenza dell’imputato sino alla condanna definitiva, rilevando esclusivamente ai fini previsti dall’art. 133, comma 2, cod. pen.» (Sez. III, n. 18386 del 19/3/2021, C., Rv. 281296).
A fronte di tale apparato argomentativo, l’appellante non aveva prospettato elementi di rilievo nuovi, ma aveva sostanzialmente riproposto circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella decisione di primo grado. Il motivo di appello, pertanto, era inammissibile per genericità estrinseca, non essendosi l’appellante confrontato con la motivazione della sentenza di primo grado, e la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità del motivo di gravame.
Al riguardo, deve essere ricordato l’ormai pacifico orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’inammissibilità di un motivo di appello deve essere rilevata anche in sede di legittimità. Invero «l’inammissibilità dell’impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere dichiarata dalla Cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento» (Sez. 3, n. 20356 del 02/12/2020, Mirabella, Rv. 281630).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa del ammende.
Così deciso, il 24 novembre 2023.