Sospensione Condizionale della Pena: La Cassazione e i Limiti del Ricorso
Quando si impugna una sentenza di condanna, è fondamentale che il ricorso sia specifico e critico nei confronti delle motivazioni del giudice. Non basta ripetere le stesse lamentele già esposte, soprattutto se si richiedono benefici come la sospensione condizionale della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ce lo ricorda, dichiarando inammissibile un ricorso proprio per la sua genericità e la presenza di precedenti penali a carico dell’imputato.
Il Caso in Esame
Il caso riguarda un automobilista condannato in primo e secondo grado per il reato di guida in stato di ebbrezza, previsto dall’articolo 186 del Codice della Strada. La difesa, non accettando la decisione della Corte d’Appello, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una serie di presunte violazioni di legge e vizi di motivazione.
I Motivi del Ricorso e la Sospensione Condizionale della Pena
La difesa ha articolato il ricorso su quattro punti principali:
1. Carenza di motivazione generale della sentenza impugnata.
2. Mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
3. Mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
4. Mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
Questi motivi miravano a ottenere un trattamento sanzionatorio più mite, se non addirittura l’esclusione della punibilità. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso del tutto infondato e, di conseguenza, inammissibile.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda su una valutazione rigorosa dei requisiti di ammissibilità del ricorso per Cassazione, evidenziando come le censure proposte dalla difesa fossero prive di pregio.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Inammissibile
L’ordinanza spiega dettagliatamente le ragioni dell’inammissibilità, offrendo spunti di riflessione importanti. In primo luogo, la Corte ha bollato i motivi di ricorso come una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già presentati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. Il ricorso, infatti, non si confrontava criticamente con le argomentazioni della sentenza di secondo grado, ma si limitava a riproporre le stesse doglianze. Questo approccio è inammissibile in sede di legittimità.
In secondo luogo, la Corte ha confermato la correttezza delle valutazioni dei giudici di merito. La mancata concessione dei benefici richiesti non era frutto di un errore o di una motivazione carente, ma di un giudizio ponderato basato su elementi concreti:
* Esclusione della particolare tenuità del fatto: La Corte d’Appello aveva motivato la decisione evidenziando il ‘rilevato disvalore oggettivo della condotta’, una valutazione ritenuta logica e coerente.
* Diniego delle attenuanti generiche: La decisione era stata giustificata sulla base dell’entità del fatto e, soprattutto, della ‘negativa personalità dell’imputato, gravato da altri precedenti’.
* Diniego della sospensione condizionale della pena: Questo punto è cruciale. Il giudice di merito aveva espresso una prognosi negativa sul futuro comportamento dell’imputato, ancorando tale giudizio ai suoi precedenti penali. La Cassazione ha ribadito che tale valutazione discrezionale, se fondata su giustificazioni solide come i precedenti, non è sindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono semplicemente riproporre le proprie tesi. È necessario attaccare specificamente la logicità e la correttezza giuridica della motivazione della sentenza impugnata. La presenza di precedenti penali a carico dell’imputato rappresenta un ostacolo significativo per l’ottenimento di benefici come le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena, in quanto incide negativamente sulla prognosi di futuro comportamento che il giudice è chiamato a formulare. Per la difesa, è quindi indispensabile costruire un ricorso solido, specifico e che si confronti punto per punto con la sentenza che si intende demolire, evitando la mera e sterile ripetizione di argomenti già vagliati e respinti.
È sufficiente ripetere gli stessi motivi di appello nel ricorso in Cassazione?
No, la Cassazione ha chiarito che la pedissequa reiterazione di motivi già disattesi in appello, senza un confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata, rende il ricorso inammissibile.
Perché non è stata concessa la sospensione condizionale della pena in questo caso?
Non è stata concessa perché il giudice ha formulato una prognosi negativa sul futuro comportamento dell’imputato, basando la sua decisione sui precedenti penali a suo carico, valutazione ritenuta corretta dalla Cassazione.
I precedenti penali possono impedire la concessione delle attenuanti generiche?
Sì, la Corte ha ritenuto legittima la decisione di non concedere le attenuanti generiche basandosi sulla negativa personalità dell’imputato, desunta anche dalla presenza di precedenti penali, oltre che sull’entità del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4510 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4510 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MAGENTA il 03/06/1972
avverso la sentenza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOMECOGNOME ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) cod. strada.
Rilevato che, nel motivo unico di ricorso, la difesa lamenta inosservanza o erronea applicazione della legge penale, dolendosi della carenza di motivazione; della mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen.; della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche; della mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
Considerato che la sentenza impugnata è sorretta da conferente apparato argomentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Considerato che ì rilievi difensivi, del tutto generici e privi di confronto con la motivazione espressa dai giudici di merito, sono fondati su argomentazioni che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello, puntualmente disattesi dalla corte di merito con motivazione congrua, non censurabile in questa sede.
Rilevato che la critica riguardante l’assenza di motivazione è palesemente destituita di fondamento;
rilevato che la causa di non punibilità di cui all’art 131-bis cod. pen. è stata validamente esclusa in sentenza alla luce del rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata, elemento apprezzato con argomentare immune da incongruenze logiche e coerente con le risultanze istruttorie, tale da portare la decisione adottata in parte qua al riparo da censure prospettabili in sede di legittimità.
Ritenuto che la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è sostenuta da conferente motivazione, avendo la Corte di merito posto in evidenza l’entità del fatto e la negativa personalità dell’imputato, gravato da altri precedenti.
Considerato che il motivo riguardante la mancata concessione della sospensione condizionale della pena è manifestamente infondato: il giudizio discrezionale, rimesso al giudice di merito, avente ad oggetto la prognosi negativa circa il comportamento futuro dell’imputato è ancorato a salde giustificazioni, non censurabili in questa sede, discendenti dalla considerazione dei precedenti annoverati dal ricorrente.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 8 gennaio 2025