Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8034 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8034 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Tropea il 16/07/1977
NOME NOMECOGNOME nato a Firenze il 09/04/1977
avverso la sentenza del 25/01/2024 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME e per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME limitatamente al diniego della sospensione condizionale della pena;
udito il difensore di NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; udito il difensore di NOME COGNOME, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha
parzialmente riformato, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Firenze che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati di bancarotta fraudolenta aggravata (capo A) e bancarotta semplice (capo B) e, unificate le condotte in un unico delitto di bancarotta fraudolenta aggravata, li aveva condannati alle pene ritenute di giustizia, nonché al risarcimento del danno, da liquidarsi separatamente, in favore della curatela del fallimento della RAGIONE_SOCIALE costituitasi parte civil
In particolare, la Corte di appello, in accoglimento del concordato in appello proposto dagli imputati ed accettato dal Procuratore generale, ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME in anni due e mesi sei di reclusione e la pena inflitta a NOME COGNOME in anni due di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 53 e 56-bis della legge n. 689 del 1981 per avere la Corte di appello respinto la richiesta della sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità.
Prima dell’udienza del 25 gennaio 2024 il difensore, munito di procura speciale, aveva presentato nei termini un nuovo motivo estraneo alla proposta di concordato e volto ad ottenere detta sostituzione.
Detta istanza non è stata accolta perché non inserita nell’accordo raggiunto con il Pubblico ministero, ma tale decisione si pone in contrasto con l’art. 61 della legge sopra citata, che prevede che nel dispositivo debba essere indicata la pena detentiva sostituita, e con l’art. 545-bis cod. proc. pen., secondo il quale, se ricorrono le condizioni per la sostituzione della pena detentiva, il giudice ne dà avviso alle parti e, se l’imputato acconsente alla sostituzione, fissa l’udienza per valutare se disporre la sostituzione.
La circostanza che l’applicazione della pena sostitutiva non fosse parte dell’accordo con il Procuratore generale non ha carattere ostativo, poiché l’accordo ha ad oggetto la determinazione della pena detentiva, ferma restando la possibilità della sua sostituzione.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’art. 133 cod. pen.
La Corte di appello ha rigettato la predetta istanza di sostituzione affermando che, sulla base dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., la sostituzione della pena detentiva non risulta idonea alla rieducazione del reo ed alla
prevenzione del pericolo della commissione di ulteriori reati, alla luce della particolare gravità dei fatti e della negativa personalità dell’imputato, e che sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni inerenti alla pena sostitutiva non sarebbero rispettate.
Sostiene il ricorrente che la motivazione risulta contraddittoria, essendo state applicate le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante in considerazione della risalenza delle precedenti condanne sofferte dall’imputato.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso anche NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed articolando un solo motivo con il quale lamenta la violazione degli artt. 163 e 164 cod. pen. e la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione del diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il diniego è stato motivato evidenziando la mancata adozione, da parte dell’odierno ricorrente, di iniziative volte a risarcire il danno alla curat fallimentare, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte di cassazione secondo la quale è illegittima la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, qualora il giudizio relativo alla prognosi sfavorevole in ordine al futuro comportamento dell’imputato condannato sia stato fondato soltanto sull’omesso risarcimento del danno arrecato alla vittima del reato (Sez. 4, n. 17625 del 10/03/2009, COGNOME, Rv. 243995).
Al contempo, la Corte di merito non ha considerato che i reati di bancarotta risalivano al 2016, ma le condotte erano avvenute al più tardi nel 2011 e successivamente l’imputato non aveva riportato altre condanne e neppure aveva altre pendenze giudiziarie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato.
In tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il giudice, in caso di diniego della sostituzione della pena detentiva, non può limitarsi a valutare la congruità della pena attraverso i criteri di gravità del fatto e di pericolosità d soggetto, ma è tenuto anche a motivare, in chiave prognostica, le ragioni per cui gli elementi considerati rendono la pena sostitutiva inidonea a raggiungere la finalità rieducativa (Sez. 5, n. 39162 del 04/10/2024, F., Rv. 287062).
Nel caso di specie la Corte di merito ha adeguatamente motivato in ordine alla inidoneità della pena sostitutiva della pena detentiva breve a svolgere, nel caso di specie, una funzione rieducativa e specialpreventiva, ponendo in
evidenza la particolare gravità dei fatti per i quali l’imputato ha riporta condanna, i suoi precedenti penali e soprattutto la centralità del ruolo da lui svolto nell’intera vicenda delittuosa.
Peraltro, non esiste incompatibilità tra il diniego delle attenuanti generiche e l’applicazione, ex art. 53 legge 24 novembre 1981, n. 689, di una sanzione sostitutiva della pena detentiva data la diversità di funzione dei due istituti: attenuanti generiche attengono alla determinazione della pena al fine di un più congruo adeguamento della stessa al caso concreto in relazione a non preventivabili situazioni che incidono sull’apprezzamento della gravità del reato e della capacità a delinquere dell’imputato; le misure sostitutive tendono invece al reinserimento sociale del condannato. Sicché ben può un giudizio prognostico favorevole sulla concedibilità della misura sostitutiva essere formulato anche nei confronti di un soggetto che, in relazione alla entità del fatto criminoso commesso, non sia ritenuto meritevole delle attenuanti generiche (Sez. 5, Sentenza n. 3643 del 21/01/1999, Capitano, Rv. 213536) e viceversa.
La idoneità di detta motivazione a giustificare da sola il rigetto dell’istanza di sostituzione della pena detentiva breve rende inammissibile il primo motivo di ricorso, atteso che anche laddove lo stesso fosse fondato, non ne deriverebbe alcuna conseguenza favorevole per il ricorrente.
2. Il ricorso di NOME COGNOME è fondato.
La concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena non ha costituito oggetto dell’accordo con il Procuratore generale ed è stata rimessa alla discrezionalità della Corte di merito.
Quest’ultima ha rigettato l’istanza con la quale è stato invocato detto beneficio limitandosi ad evidenziare che l’imputato non aveva intrapreso alcuna iniziativa risarcitoria o riparatoria.
Deve allora osservarsi che è corretto il rilievo del ricorrente secondo il quale questa Corte di cassazione ha affermato che è illegittima la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, qualora il giudizio relativo alla prognosi sfavorevole in ordine al futuro comportamento dell’imputato condannato sia stato fondato, come nel caso di specie, soltanto sull’omesso risarcimento del danno arrecato alla vittima del reato (Sez. 4, n. 17625 del 10/03/2009, COGNOME, Rv. 243995; Sez. 4, n. 10009 del 05/06/1992, COGNOME, Rv. 193125).
Tale principio, sebbene affermato in tempi non più recenti, è avallato dalla più recente giurisprudenza che impone al giudice che intenda subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo risarcitorio di valutare, motivando pur sommariamente sul punto, le reali
condizioni economiche del condannato, onde verificare se lo stesso sia in grado di effettuare il pagamento entro il termine fissato (ex multis, Sez. 4, n. 1436 del 12/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285633).
Concludendo, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di NOME COGNOME limitatamente al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Firenze, mentre il ricorso di NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile.
All’inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Firenze. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/01/2025.