Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 669 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 669 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il 28/02/1959
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Lette le conclusioni scritte per l’udienza senza discussione orale (art. 23 co. 8 d.l. 137/2020 conv. dalla I. n. 176/2020, come prorogato ex art. 16 di. 228/21 conv. con modif. dalla 1.15/22 e successivamente ex art. 94, co. 2, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come sostituito prima dall’art. 5-duodecies della I. 30.12.2022, n. 199, di conversione in legge del d.l. n. 162/2022) e poi dall’art. 17 del D.L. 22 giugno 2023, conv. con modif. dalla I. 10.8.2023 n. 112, del P.G., in persona del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME che con memoria del 4/12/2023 ha chiesto dichiararsi non doversi procedere perchè l’azione penale non deve essere proseguita per mancanza di querela e del difensore del ricorrente Avv. NOME COGNOME che pure ha chiesto annullarsi la sentenza impugnata perchè l’azione penale non deve essere proseguita per mancanza di condizione di procedibilità e comunque, in subordine, ha insistito per raccoglimento del ricorso.
SEMPL i i LATA
Ritenuto in fatto e considerato in diritta
1. NOME COGNOME propone ricorso, a mezzo del proprio difensore di fiducia, avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Palermo il 9/6/2023 ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Palermo, in composizione monocratica il 13/7/2021 lo ha condannato, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. prevalente sulle circostanze aggravanti contestate, escluso l’aumento per la recidiva, alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 200 di multa in quanto ritenutolo responsabile del reato di cui agli artt. 624 e 625 n. 2 e 7 cod. pen. perché nella sua qualità di titolare firmatario dell’impresa individuale denominata NOME Andrea, si impossessava, nella sua qualità di intestatario nonché di utilizzatore dell’utenza ENEL nr. NUMERO_DOCUMENTO, al fine di trarne profitto, di un quantitativo imprecisato di energia elettrica, sottraendolo alla società RAGIONE_SOCIALE Con l’aggravante di avere commesso il fatto su cose esposte per necessità o per consuetudine alla pubblica fede, o destinata a pubblico servizio o pubblica utilità, e per avere usato violenza sulle cose, consistita nella manomissione dei tenoni posteriori (matricola contatore n. NUMERO_DOCUMENTO), e la successiva manomissione/alterazione dello stesso in modo tale che lo stesso registrasse un quantitativo di energia inferiore del meno – 22,20 di quanto effettivamente erogato. Commesso in Palermo fino al 11/12/2014
2. Il ricorrente, a mezzo del proprio difensore, lamenta, con un unico motivo, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 163 e 164 cod. pen., laddove la sentenza impugnata avrebbe posto, a fondamento della propria decisione di negare la sospensione condizionale della pena, argomentazioni errate in quanto disancdrate dalle emergenze procedimentali.
Si lamenta, in particolare, il complessivo appiattimento dell’impianto motivazionale dei giudici di secondo grado su quello del giudice di primo grado.
Si evidenzia che la Corte di Appello al fine di giustificare la propria decisione, laconicamente, argomenta che «le due condanne riportate per delitti non consentono di formulare un giudizio prognostico positivo con la conseguenza che non può essere accolta la richiesta di sospensione condizionale della pena», dimenticando e non accettando di verificarlo attraverso l’acquisizione del relativo decreto penale che una delle due condanne (quella per il reato di cui all’art. 527 co. 1 cod. proc. pen.) attiene a fattispecie depenalizzata.
Ciò -si sostiene- avrebbe inficiato la correttezza del compiuto giudizio prognostico ex art. 164 co. 1 cod. proc. pen.»
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
3. Le parti hanno reso conclusioni scritte come riportato in epigrafe in epigrafe
4. Il proposto ricorso è inammissibile.
Ed invero, quanto alla circostanza dedotta in sede di conclusioni tanto dal PG che dal difensore in ordine all’assenza di querela da parte di RAGIONE_SOCIALE, tale circostanza, indiscussa, è del tutto ininfluente, trattandosi di reato procedibile d’ufficio.
Tra le circostanze aggravanti contestate e ritenute dai giudici del merito, infatti, vi è quella che il fatto è stato commesso su cose (l’energia elettrica) destinate a pubblico esercizio o a pubblica utilità. E costituisce ius receptum che il reato di furto di energia elettrica deve ritenersi tuttora procedibile d’ufficio, pur a fron delle modifiche introdotte dal d.lgs. 150/2022 al regime di procedibilità dei delitti di furto in quanto la procedibilità a querela disposta dalla novella legislativa è esclusa, tra l’altro, qualora ricorra taluna delle circostanze ex articolo 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, nonché 7bis. In quel caso, tuttavia, diversamente che in questo, l’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 era stata ab initio contestata (cfr. ex multis Sez. 4 n. 46859 del 26/10/2023; Licata, n.m. ; conf. Sez. 5, n. 1094 del 3/11/2021., dep. 2022, COGNOME, Rv. 282543; Sez. 4 n. 9452 dell’8/2/2023, COGNOME, non mass.).
Quanto alla doglianza afferente alla motivazione in punto di diniego della sospensione condizionale della pena, la stessa è manifestamente infondata.
Sia il primo che il secondo giudice, infatti, non hanno ritenuto ostativi i due precedenti penali, il che rende ininfluente che uno dei due sia depenalizzato.
I giudici del merito hanno ritenuto che la presenza di due pregiudizi penali per delitti porti a formulare un giudizio prognostico ex art. 164 co. 1 cod. pen. negativo per l’imputato in ordine alla presunzione che lo stesso si asterrà per il futuro dal commettere nuovi reati.
In proposito, va ricordato che, in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, nón ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti (cfr. Sez. 3, n. 30562 d 19/3/2014, Avveduto ed altri, Rv. 260136; conf. Sez. 2, n. 19298 del 15/4/2015, COGNOME, Rv. 263534; Sez. 3, n. 6641 del 17/11/2009 dep. 2010, Miranda, Rv. 246184, in un caso in cui la Corte ha ritenuto esaustiva la motivazione della esclusione del beneficio fondata sul riferimento ai precedenti penali dell’imputato).
Questa Corte ha precisato, in situazioni specuiari rispetto a quella che ci occupa, che, ai fini del giudizio circa la concedibilità o meno della sospensione condizionale della pena, la presenza di precedenti condanne per reati poi depenalizzati
può legittimamente essere valutata dal giudice come elemento ostativo alla presunzione che il colpevole si asterrà, per il futuro, da commettere ulteriori reati. (così Sez. 5, n. 34682 del 11/2/2005, COGNOME Rv. 232312 – 01 che ha ritenuto legittimo il diniego del beneficio deciso dal giudice di merito sulla base della valutazione di precedenti condanne dell’imputato per emissione di assegni senza copertura, significative ai fini del giudizio prognostico; conf. Sez. 4, n. 41291 de 11/9/2019, COGNOME, Rv. 277355 – 01)
A sostegno della correttezza delle argomentazioni oggetto di censura, sembra utile richiamare Sez. 7, Ord. n. 30345 del 7/6/2023, COGNOME, Rv. 285098, secondo cui, in tema di sospensione condizionale della pena, anche dopo l’introduzione dell’art. 115-bis cod. proc. pen., teso a rafforzare la presunzione di innocenza in favore dell’indagato e dell’imputato, il giudice può fondare il giudizio prognostico di cui all’art. 164, co. 1, cod. pen. sulla capacità a delinquere dell’imputato desunta anche dai precedenti giudiziari ex art. 133, co. 2, n. 2 cod. pen., afferendo i medesimi, indipendentemente dall’essersi tradotti in una condanna definitiva, alla condotta e alla vita del reo, antecedenti al reato.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 dicembre 2023
Il Co igliere est sore
GLYPH
Il Presidente